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 2015  giugno 16 Martedì calendario

Calligrafia per Sette – Esistono ancora gli appassionati di calligrafia. In tanti s’iscrivono allo Scriptorium Foroiuliense, scuola di amanuensi a Ragogna, provincia di Udine

Calligrafia per Sette – Esistono ancora gli appassionati di calligrafia. In tanti s’iscrivono allo Scriptorium Foroiuliense, scuola di amanuensi a Ragogna, provincia di Udine. Tutto esaurito anche nei corsi annuali dell’Associazione Calligrafica italiana (Aci) di Milano. Sui social network, soprattutto Pinterest, si moltiplicano foto di font in corsivo. Su smartphone e tablet applicazioni per la scrittura manuale sugli schermi. Spiega Barbara Calzolari, tra i massimi esperti italiani dello stile Spencerian: «Ogni carattere è basato sulla costruzione, sulla sequenza di alcuni segni che devono essere fatti secondo regole precise, partendo da un certo punto e con la penna inclinata con una certa gradazione». In Italia l’insegnamento della bella scrittura non è più obbligatorio dal 1970. In Finlandia hanno deciso che non è più necessario insegnare a scrivere in corsivo: basta lo stampatello e saper digitare al computer. Anche in Indiana, negli Stati Uniti, la scrittura è diventata una materia facoltativa. L’abitudine a scrivere a mano è ormai così deteriorata che in Gran Bretagna una persona su tre non sa leggere la propria calligrafia e non ha scritto nulla a mano negli ultimi tre mesi. Niente corsivo anche nelle scuole tedesche. Più di 6000 anni fa i Sumeri crearono le prime scuole di scrittura: sulla metà superiore di una tavoletta di cera erano incisi alcuni caratteri cuneiformi; gli studenti dovevano ricopiarli sull’altra metà, usando uno stilo. I romani, adottato l’alfabeto etrusco, svilupparono vari tipi di scrittura. Una scrittura veloce, corsiva, veniva adoperata nella corrispondenza, incisa su tavolette di cera o scritta con un calamo su papiro. Da questa calligrafia provengono le nostre lettere minuscole. Le lettere maiuscole, invece, derivano da un’altra calligrafia, detta “Capitale Imperiale”, apparsa nel I secolo avanti Cristo, e adoperata nelle iscrizioni monumentali. Un esempio di Capitale Imperiale si trova a Roma, nell’iscrizione ai piedi della colonna Traiana. Quando non incidevano la pietra, gli antichi scrivevano su pergamena, cioè su una pelle di pecora, capra o vitello da cui, tramite uno speciale coltello circolare, erano stati raschiati via i residui di carne. La pergamena prende il nome da Pergamo, città dell’Asia Minore, dove furono costretti a inventarla, tre secoli prima della nascita di Cristo, quando gli egiziani vietarono l’esportazione del papiro. Gli amanuensi, ossia i frati antichi che, chiusi nei conventi di tutta Europa, copiavano i testi sacri e i classici. Erano loro i maestri della calligrafia, poichè spettava a loro decidere se adoperare la Capitale Rustica, l’Onciale, la Minuscola Carolina eccetera. La Capitale Rustica, una calligrafia inventata nel IV secolo, non durò a lungo perché troppo difficile da tracciare (cambi di angolazione continui, grazie di estrema difficoltà, ecc.). Grazia: tratto decorativo alle estremità di un carattere. I cristiani scrissero i loro testi in una scrittura nuova, derivata dai greci, forse inventata da San Girolamo, e detta “Onciale” perché aveva le grazie a forma di uncino. Anche l’Onciale si ritrova in alcune caratteristiche delle nostre minuscole. Abitudine degli antichi di scrivere tutto di seguito, senza separare, nei testi, una parola dall’altra. Il Libro di Kells, uno dei più belli mai scritti. Si tratta di quattro vangeli miniati fra l’VIII e il IX secolo, probabilmente dai monaci irlandesi e della Northumbria. Il primo documento che ne parla è del 1006 e racconta la notizia del suo furto. Tutto in caratteri Onciali e Semionciali, con aperture di capitoli in capitali ornate, versi iniziali in caratteri più grandi riempiti di colori o decorati, puntini rossi per adornare i testi, la pagina delle Beatitudini composta in modo da avere le otto “B” tutte sullo stesso foglio una sotto l’altra, istoriate con decorazioni zoomorfe e antropomorfe, ecc. Circa un terzo del cervello si mette all’opera quando si scrive a mano. La neuroscienziata Maryanne Wolf: «Il cervello diventa un alveare di attività. Una rete di processi si mette in azione: le aree di associazione visuali rispondono a modelli visivi o rappresentazioni; i lobi frontali e temporali e le aree parietali forniscono informazioni ed elaborano significato, funzione e connessioni». Alcuni test condotti attraverso la risonanza magnetica nell’Università dell’Indiana hanno dimostrato che i bambini abituati scrivere a mano dimostrano una maggiore attività neurologica nell’area del cervello predisposta all’apprendimento rispetto a quelli che scrivono al computer. Abitudine di Monicelli di ricopiare le sceneggiature a penna, con una calligrafia minuta e illeggibile, in modo da impossessarsi del film fino in fondo. Per Umberto Eco, la fine della scrittura a mano è cominciata con l’invenzione della penna a sfera: «La gente non aveva più interesse a scrivere in quanto, con questo prodotto, la scrittura non ha anima, stile e personalità. La mia generazione ha imparato a scrivere a forza di ricopiare in bella grafia le lettere dell’alfabeto. Può sembrare un esercizio ottuso, ma l’arte della scrittura insegna a controllare le nostre dita e incoraggia la coordinazione occhio-mano». «Scrivervi a mano non ha molto senso perché nessuno ha mai decifrato la mia calligrafia» (John Cheever). Capote, che aveva una calligrafia minuscola. Tony Blair preferisce scrivere a mano i suoi discorsi e ama regalare stilografiche. Ai tempi di Downing Street donò una Churchill con pennino in oro a George Bush mentre un’altra fu inviata a Parigi per i 70 anni di Jaques Chirac. Steve Jobs ammise che mai avrebbe avuto l’idea di inserire nel Mac diversi tipi di caratteri se al college non avesse frequentato un corso di calligrafia. «Da bambino fui ipnotizzato dalla calligrafia di un dottore: pensavo che fosse la cosa più bella che avessi mai visto. Però a 12 anni cominciai a fare confusione tra le lettere. Mi avevano insegnato tre stili diversi in pochi anni e la mia grafia divenne illeggibile. Così fui rimandato in classe con i bambini di otto anni, davvero mortificante. Ma la mia fortuna è stata quella di crescere in un piccolo paese dove aveva vissuto il grande calligrafo Edward Johnson. Mia nonna andava a ballare con la signora Johnson, così mi diedero da leggere la sua biografia, e mia madre mi fece avere una tavola di prove calligrafiche. Rimasi incantato» (Ewan Clayton, uno dei maggiori calligrafi al mondo). Alcune indicazioni grafologiche: la scrittura dritta simboleggia rigidità. Se la grafia è forte e scorrevole vuol dire che la persona investe bene la sua energia vitale. Se il tratto è leggero indica sensibili­tà e può avere una bassa soglia di tolleranza alle frustrazioni. Le lettere sono sfaldate, come nel caso di padre Pio, indicano un turbamento psichico e fisi­co che il soggetto sta vivendo». Hemingway scriveva a mano lettere, articoli, romanzi, seduto in un rumoroso caffè di Parigi. La calligrafia di Benedetto XVI è talmente incomprensibile che in Vaticano c’era una persona appositamente addestrata ed esperta che decodificava tutti i suoi scritti. Marx a Londra nel 1862 presentò domanda di assunzione presso l’ufficio di una compagnia ferroviaria: domanda respinta per la pessima calligrafia. Per lo stesso motivo aveva problemi con le tipografie, tanto che era Engels a trascrivere in bella copia i suoi manoscritti (mettendo in difficoltà gli storici sulla paternità delle opere). La calligrafia di Filippo II di Spagna era illeggibile, contorta. Diventò sempre peggio col passar degli anni. Ragioni del peggioramento: l’artrite che lo colpì al braccio destro e una vista forse sempre più debole. A scrivere era lento. Per esempio l’11 aprile del 1578 iniziò a scrivere una nota per il segretario Matteo Vazquez «appena passate le nove di sera» e che stava ancora scrivendo quando l’orologio battè le dieci. Parole scritte in un’ora: 450. «Sono talmente disabituato all’uso della penna che non ho più nemmeno una calligrafia mia» (Luigi Malerba). Racconta la moglie di Helenio Herrera che lui, già sul letto di morte, da sotto il materasso tirò fuori una delle tante lettere d’amore che riceveva: «Mi chiese di leggergliela perché non riusciva a decifrare la calligrafia». I medici, noti per la loro pessima scrittura. In tal proposito uno studio sulla calligrafia in un ospedale spagnolo accertò che il 15% delle parole scritte era illeggibile, e la scrittura peggiore era quella dei chirurghi. Il News England Journal of Medicine denuncia che una parola ogni 6 scritta da un medico risulta incomprensibile. Una ricerca riportata nell’American Journal of Management Care ha stabilito che più il medico ha esperienza, più la sua scrittura è brutta. Nel 1998 un medico in Texas fu condannato a pagare 225mila dollari perché la sua ricetta, indecifrabile, indusse un paziente ad assumere una medicina sbagliata facendolo quasi morire. Il ministero dell’istruzione cinese ha scoperto che il 72% degli studenti non sa scrivere a mano. Milioni di ragazzi non superano i test di ammissione all’università perché non ricordano come si tracciano gli ideogrammi. Il 90% dei funzionari pubblici e dei manager privati, secondo un sondaggio del Quotidiano del Popolo, ammette di ricorrere alla penna solo per fare la firma. In Cina una circolare invita i maestri a organizzare corsi di calligrafia. Il dizionario Zhongua Zihai elenca 85.568 ideogrammi. Quelli utilizzati di fatto, però, sono molti di meno: per leggere un quotidiano ne bastano 3.000, le persone con una buona cultura non superano i 5.000. In Cina tra i 5 e in 15 anni i bambini trascorrono almeno 5 ore al giorno per memorizzare un minimo di 3.000 segni, indispensabili per comporre le parole più usate. È di un paio di anni fa l’invito della Cassazione rivolto a giudici e magistrati per abbandonare l’uso della penna per scrivere le sentenze, perché molte di quelle scritte a mano risultano illegibili. L’ex premier inglese Gordon Brown, bacchettato pubblicamente quando fece 25 errori di ortografia, per di più in calligrafia incomprensibile, nella lettera spedita alla madre di un soldato ucciso in Afghanistan. «Dalla parola scritta potrei risalire alla mano, al muscolo, al sangue, alla pulsione, alla cultura del corpo» (Roland Barthes).