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 2015  giugno 16 Martedì calendario

È FINITA L’ERA DEL BTP. UNA SPERANZA DI RINASCITA

È stato la principale destinazione d’investimento per famiglie e operatori finanziari, il bene rifugio per eccellenza dei risparmiatori italiani. Negli ultimi 15 anni ha avuto uno dei migliori profili di rischio-rendimento al mondo. Ma la stagione d’oro del Btp sta finendo per sempre. Ne è convinto Massimo Figna, che con l’analista Alberto Cordara e il giornalista Riccardo Sabbatini ha scritto La fine del Btp è la rinascita dell’Italia (Guerini Next).
Già nel 2010 gli investitori avevano improvvisamente scoperto che i titoli di Stato potevano nascondere un rischio, 5 anni più tardi ne stanno sperimentando una debolezza ancora meno scusabile: rendono sempre meno. A meno di una clamorosa rottura dell’euro e dell’Eurozona, nei prossimi 5 anni difficilmente i titoli di Stato decennali renderanno più del 2-3%. Una stagione di bassa crescita economica e bassa inflazione in Europa schiaccia dunque al minimo i rendimenti dei titoli.
Ma la morte del Btp è soprattutto il frutto del processo di integrazione finanziaria in Europa, che ha avuto due tappe fondamentali nella nascita dell’euro e nell’avvio dell’Unione bancaria: il modello di vigilanza sovranazionale che nel novembre 2014 ha trasferito i maggiori gruppi bancari europei sotto il controllo diretto della banca centrale europea. Il quantitative easing annunciato a gennaio da Francoforte è la conseguenza di quelle scelte. E contribuirà ancora di più ad appiattire i rendimenti dei titoli pubblici. «Se è vero che ogni punto di riduzione del costo del debito italiano vale l’1,4% del Pil, il calo dei tassi sui titoli decennali può consentire di liberare risorse per finanziare gli investimenti e la crescita del Paese. È un’occasione da non perdere» spiega Figna, ex responsabile della ricerca assicurativa di Ubs, fondatore di Tenax Capital, società di gestione di investimenti basata a Londra, e da 10 anni gestore di Tenax Global Financial Fund Long/Short.
«Oggi la crescita è frenata dal fatto che grandissima parte del Pil viene prodotto dalle Pmi che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario. Il confronto internazionale evidenzia infatti quanto l’Italia sia bancocentrica rispetto agli altri Paesi: il 70% del debito delle imprese è rappresentato da debito bancario, contro il 40% di Francia e Germania per non parlare degli Usa». Non solo. «Guardiamo la Borsa: in Germania sono solo due le banche quotate, da noi più di 20. In Italia grandi eccellenze industriali come Ferrero e Barilla, solo per fare qualche esempio, non sono sul listino, idem per molte Pmi. In Germania è esattamente l’opposto. Perché se vuoi accedere al credito devi avere bilanci in regola ed essere trasparente». È quello che Figna chiama il parallelo renano. Quanto ai risparmiatori, oggi il 75% del portafoglio è investito in due asset class: le case, che presto non renderanno più come in passato perché le tasse saliranno per bilanciare la riduzione della tassazione sul lavoro, e appunto i Btp. «Affinché l’Italia torni a crescere – aggiunge Figna – gli investimenti vanno diversificati e le risorse devono essere dirottate sulle attività produttive. Solo così i parametri potranno tornare a livelli normali».