Vera Agosti, Libero 16/6/2015, 16 giugno 2015
L’AUTOBIOGRAFIA DI RENATO GUTTUSO NEI SUOI RITRATTI. LA MADRE, IL PADRE, SE STESSO, GLI AMICI E LE SUE DONNE CUBISTE IN POSA ISPIRATE AI VERSI DI T.S. ELIOT: UNA MOSTRA DI INEDITI NEL PAESE D’ORIGINE RISCOPRE IL LATO INTIMO E FAMILIARE DELL’ARTISTA SICILIANO
Renato Guttuso (Bagheria, 1911-Roma, 1987), torna nel suo paese natale, in Sicilia, con la mostra Renato Guttuso. Ritratti e autoritratti, all’omonimo Museo, Villa Cattolica, fino al 21 giugno. La rassegna è curata dal figlio adottivo, Fabio Carapezza Guttuso, il fondatore degli Archivi, e Dora Favatella Lo Cascio. Emerge un lato più intimo di Guttuso, quello dei legami, delle amicizie e delle relazioni personali, con la famiglia -il padre, la madre e la moglie Mimise- nonché con la sua isola, abbandonata precocemente. Si succedono nomi illustri: artisti, come Picasso, Turcato, Consagra, Leoncillo, Fontana, Manzù e le collaborazioni con il gruppo di Corrente e il Fronte Nuovo dell’Arte. E poi scrittori, da Moravia a Carlo Levi; poeti, come Montale e Neruda. Naturalmente critici: Sapegno e Santangelo; attori, del calibro di Anna Magnani e Zeudi Araja e vari intellettuali. Mancano, purtroppo, alcuni ritratti significativi, tra i migliori, che descrivono a tutto tondo l’uomo, ovvero le tele sensuali, provocanti, a volte eccessive dedicate a Marta Marzotto, la sua musa. Lei compare soltanto nell’opera Nella stanza le donne vanno e vengono del 1986, il cui titolo deriva da un verso di T.S. Eliot, e nella quale figurano otto donne, abbigliate con vestiti sgargianti e tacchi alti. Ed è un compendio dell’immaginario femminile dell’autore, fatto di amiche e modelle. Numerosi gli autoritratti presenti in mostra, che permettono di indagare più profondamente la psicologia di Guttuso, nelle diverse fasi della vita, dalla giovinezza alla maturità, e costituiscono un efficace strumento per osservare i suoi mutamenti stilistici. In Autoritratto con sciarpa e ombrello del 1936, Guttuso è a Milano, per il servizio militare, dove ha modo di conoscere diversi artisti. L’opera si contraddistingue per una pittura corposa, dagli accenni espressionistici, fondata sui contrasti cromatici, il gesto forte e la figura umana allungata, alla maniera di El Greco, che l’artista studia in quel periodo. A partire dal 1938, dopo il trasferimento nella capitale avvenuto nell’anno precedente, l’autoritratto presenta una dimensione più intima: la pennellata è leggera e ripetuta, influenzata dalla poesia della Scuola Romana. Ed ecco subito un nuovo cambiamento, dovuto allo studio di Picasso: nell’autoritratto del 1940, le figure appaiono scolpite attraverso larghe stesure di colore, secondo la lezione di Cézanne; nel ’43, l’opera diventa post-cubista, con una solida struttura geometrica e cromie accentuate: il volto dell’artista è rossastro e contrasta con il blu della camicia. Nel ’50 è in pieno fermento il dibattito tra astrazione e figurazione, Guttuso sceglie senza remore quest’ultima strada e si ritrae con piglio austero e accigliato. Nell’Autoritratto con maglione del 1960 assistiamo a una modifica più radicale: l’uomo, appesantito, è seduto e il suo corpo occupa quasi tutto lo spazio compositivo. Il maglione a righe dai colori freddi -bianco, grigio, blu- si confonde con il volto dell’artista il cui sguardo fissa un punto lontano. Il fondale è costituito da una successione di diverse tonalità. Guttuso esplora il tema della memoria personale, nella serie Autobiografie, a cui appartiene l’Autoritratto con Mimise del 1966. Si tratta di un collage di opere precedenti: in basso il volto della moglie, da un lavoro del ’47, con una natura morta con arance, richiamo alla Sicilia e alle tele di Cézanne; più in alto, a sinistra, il viso di Guttuso che riprende l’autoritratto picassiano del ’43; in alto, sulla destra, compare una lampada, un riferimento a Guernica di Picasso. In Autoritratto del 1939, l’artista prende spunto da una sua fotografia: osserva il teschio che tiene tra le mani, mentre nella parte superiore della tela si affollano i suoi pensieri, altra citazione di Guernica. Nel 1975, si presenta di tre quarti, la chioma bianca e il maglione rosso. Le mani sono triplicate: una dipinge; un’altra, in bianco e nero, fuma la sigaretta e l’ultima se ne sta inerte e abbandonata. Il lavoro può essere considerato uno studio per il celebre Atelier dello stesso anno in cui l’autore si raffigura due volte a lavorare e mentre riposa, fumando, in una selva di tele e cavalletti. In esposizione anche alcuni disegni inediti della sua collezione privata. Video della Rai e dell’Istituto Luce ricostruiscono il contesto storico.