Tonia Mastrobuoni, La Stampa 14/6/2015, 14 giugno 2015
L’EUROPA DISPONIBILE AL COMPROMESSO NO DELL’FMI ALLA GRECIA SULLE PENSIONI
Cinico gioco delle parti, scaricabarile o un pentimento serio? Appena Jean-Claude Juncker si è rimesso diligentemente a trattare con i greci, dopo giorni di irritazione talmente pesante da impedirgli di rispondere al telefono al premier greco Tsipras, adesso è il turno del Fmi. Un forte irrigidimento del Fondo sta minacciando di far fallire la trattativa tra la Grecia e i suoi creditori, scrive la Frankfurter Allgemeine Sonntagzeitung, quotidiano vicino al partito della cancelliera.
Secondo l’indiscrezione, il presidente della Commissione europea avrebbe proposto nei giorni scorsi al premier greco Tsipras, con il via libera di Merkel e del presidente francese Hollande, di tagliare 400 milioni di euro di spese militari in cambio di un rinvio di una revisione delle pensioni. Ma gli emissari di Christine Lagarde avrebbero impedito di chiudere l’intesa. Com’è noto, il Fmi ha abbandonato il tavolo giovedì e i funzionari sono tornati a Washington. Il portavoce, Gerry Rice, ha spiegato che le differenze restavano ancora grandi e che l’accordo era «lontano».
In realtà, come segnalato da questo giornale, il Fmi è da tempo in rotta di collisione anche con i partner europei. Anche se ieri sono tornati fortunatamente a Bruxelles, il problema è che gli uomini di Lagarde stanno cercando di imporre da mesi una ristrutturazione del debito greco. E l’ultimo scontro pare sia avvenuto proprio in cancelleria due settimane fa, dopo il primo vertice di emergenza convocato da Merkel a Berlino con Hollande, Lagarde, Draghi e Juncker, cioè con i vertici delle istituzioni creditrici. In quella sede, Merkel, Hollande e la ex Troika avrebbero concordato persino l’ipotesi di concedere ad Atene un avanzo primario dello 0,8% (al momento chiedono l’1%o e la Grecia propone lo 0,75). Ma maggiori concessioni sul saldo fra le entrate e le uscite dei conti pubblici, al netto degli interessi, significano anche margini più stretti per ripagare il debito. E il mantra che il Fmi ripete da mesi è che senza una traiettoria credibile del debito, non si può andare avanti. Il giorno dopo, pare che Lagarde abbia chiamato Merkel per rimangiarsi l’ok allo 0,8%.
Il problema è che, nonostante la Germania e la Bce stiano segretamente discutendo con i greci, sin dallo scorso inverno, su ipotesi di ristrutturazione del debito (allungamenti delle scadenze, abbassamento degli interessi), il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble si sarebbe talmente irrigidito, dopo gli infruttuosi negoziati di questi mesi, da non volerne più parlare. Tuttavia, secondo un’anticipazione di Spiegel, starebbe lavorando a un piano da far approvare in sede europea per introdurre meccanismi di fallimento pilotato dei Paesi all’interno dell’eurozona. Il costo del default lo pagherebbero gli Stati che hanno titoli di Stato di quel Paese. Ieri pomeriggio, una delegazione greca era a Bruxelles per un disperato rush finale. E Tsipras ha fatto sapere da Atene che è disposto ad «accettare un compromesso difficile» per trovare una via di uscita dall’impasse: «Vogliamo che la crisi finisca», ha detto. Juncker ha rivelato che i colloqui stanno proseguendo a vari livelli, che questo «week end è l’ultimo tentativo per trovare un accordo» e che la Grexit «avrebbe effetti devastanti per la popolazione greca e grandi svantaggi per tutta l’eurozona». Yanis Varoufakis, si è detto certo che «nessun burocrate europeo vorrà tentare la via della Grexit che costerebbe almeno mille miliardi».
Tonia Mastrobuoni, La Stampa 14/6/2015