Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 14 Domenica calendario

GABELLE ILLOGICHE E FIGLIE DEL RICATTO. ORA AIUTARE I GIOVANI DIVENTI LA MISSIONE

Sono tanti gli italiani che in questi giorni cercano di venire a capo di Tasi, Imu, Tari, reddito catastale, F24 semplificato o meno: aspetti pratici terribilmente complicati. Almeno quanto la comprensione della reale incidenza della tassazione sulla casa.
Il nostro sistema impositivo è l’illogico prodotto di una stratificazione di norme dettata dalla continua esigenza dello Stato di far cassa, e frutto di ricatti politici e interessi costituiti. Per renderlo chiaro e trasparente, basterebbe ispirarsi ad altri Paesi. Per finanziare il costo dei servizi di ogni Comune ci vuole un’unica imposta sul valore di mercato degli immobili. La ragione di questa imposta patrimoniale risiede nel fatto che il valore di un immobile dipende prevalentemente da quello del suolo su cui è costruito, il quale a sua volta dipende dalla localizzazione, dalla qualità della vita e dai servizi garantiti dal Comune in quel luogo. Né si muove, a differenza di capitale e lavoro.
Il prezzo di mercato sintetizza in un unico numero le molteplici variabili soggettive che determinano la desiderabilità di vivere in uno specifico immobile. Il sistema dei prezzi non è perfetto, ma è il più efficiente e meno arbitrario. Certamente più dell’attuale catasto, basato su criteri arcaici quali destinazione d’uso, categorie e vani. E che la Delega Fiscale manderà in pensione, proprio per passare a valori di mercato e metri quadrati.
Dovrebbe andare in pensione anche la distinzione tra prima e seconda casa. Il contributo di ognuno alla spesa municipale deve essere proporzionato al valore che questi attribuisce al vivere nella sua proprietà, e alla sua dimensione. È insensato sussidiare il ricco che vive in una prima casa da 300 mq in centro, e penalizzare il monolocale in periferia dato in affitto. Oltre a penalizzare indirettamente le locazioni, invece di incentivarle, per favorire i giovani e la mobilità del lavoro. Aiutare giovani e meno abbienti nell’acquisto della casa è giusto e socialmente utile. Ma va fatto con sussidi mirati: abbattendo il costo delle compravendite (imposta di registro, catastale e ipotecaria); aumentando la deducibilità del mutuo per bassi redditi; e introducendo specifiche detrazioni fiscali in busta paga in base agli Isee.
L’imposta immobiliare dovrebbe essere l’unica tassa comunale. Imporrebbe efficienza nella gestione degli enti pubblici perché i cittadini potrebbero verificare direttamente l’uso che gli amministratori locali fanno delle imposte che pagano. Il trasferimento dallo Stato di altre imposte, come le attuali addizionali comunali sui redditi, mettono una barriera tra chi paga per il servizio e chi lo riceve. Insensato poi dividere la tassazione dei servizi indivisibili (Tasi) da quella dei rifiuti (Tari). La raccolta rifiuti è un servizio il cui consumo è misurabile, offerto da imprese commerciali, e va fatto pagare con una tariffa alla stregua di gas, luce o metropolitana. Altrimenti è solo un modo per mascherare un aumento dell’imposizione sulla casa. Oltre a foraggiare aziende pubbliche locali inefficienti e spesso corrotte. Ci vorrebbe poi un fondo di perequazione per trasferire risorse dai Comuni avvantaggiati dalla loro localizzazione, a quelli con un patrimonio immobiliare insufficiente. La riforma della finanza locale passa quindi per quella della tassazione immobiliare.
Oltre alla proprietà, anche il reddito generato dalla casa è tassato. Non solo i canoni d’affitto, ma anche il reddito “figurativo”, determinato dal catasto. Un discutibile principio di equità che vorrebbe tassare il maggior reddito derivante dal risparmio dell’affitto da parte dei proprietari. Un reddito va tassato solo quando è realizzato, per dare certezza dell’imposta ed evitare arbitrii. Eliminando il reddito catastale in dichiarazione, però, andrebbe tassato l’incasso certo delle plusvalenze immobiliari (meno una quota di ammortamento). È così quasi ovunque. La vecchia Invim era odiata, giustamente, perché tassava anche i guadagni nominali provocati dall’inflazione. Basterebbe tenerne conto. La Delega Fiscale ci potrebbe permettere di dotarci di un sistema di tassazione del mattone (e di finanziamento degli Enti Locali) chiaro, trasparente, e più efficiente. Una vera “grande opera”. Speriamo non faccia la fine della Salerno-Reggio Calabria.
Alessandro Penati, la Repubblica 14/6/2015