VARIE 15/6/2015, 15 giugno 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - VENEZIA E LE ALTRE BATOSTE DEL PD
REPUBBLICA.IT
ROMA - Venezia al centrodestra dopo oltre venti anni di sindaci di sinistra: una batosta per il candidato Felice Casson, ex magistrato, oggi esponente della minoranza interna al Pd. Per non parlare di Arezzo, città del ministro Maria Elena Boschi, che cede il passo ad Alessandro Ghinelli, eletto primo cittadino col sostegno di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia.
Un risultato, quello emerso dai ballottaggi delle amministrative, che finisce a vantaggio del centrodestra (più due Comuni - Fermo e Nuoro - che dal centrosinistra passano a due civiche) e che pesa come un macigno sui vertici del Partito democratico (il centrosinistra si consola con la riconquista di Trani e Mantova). Non bastasse, nel pomeriggio arriva un’altra tegola: ad Enna, unico capoluogo di provincia al voto in Sicilia, è stato eletto sindaco Maurizio Dipietro, sostenuto da quattro liste civiche, che ha riportato il 51,89% dei consensi (7.425 voti). Ha avuto la meglio sull’ex senatore Vladimiro Crisafulli del Pd, il ’barone rosso di Enna’, dato per preferito alla vigilia delle elezioni, che si è fermato al 48,11% delle preferenze (6.885 voti).
A caldo, Crisafulli ha commentato: "La mia sconfitta rappresenta per il sindaco appena eletto la fine di un’era? Beh, può essere. Lo vedremo..". Dipietro, vincitore, è a capo di una coalizione nella quale sono confluiti gli ex autonomisti del Mpa, diverse forze del centrodestra (ad esclusione del Ncd che sosteneva Crisafulli) e gruppi del centrosinistra riuniti sotto la sigla ’Patto per Enna’. "C’è poco da commentare - prosegue Crisafulli - il dato elettorale parla chiaro: la coalizione si è unita con un unico denominatore, essere contro di noi".
Numeri che vanno ad affiancarsi ai cinque ballottaggi del M5s che si sono trasformati in cinque vittorie: tra le realtà che i pentastellati si sono aggiudicati anche Augusta e Gela (feudo, quest’ultima, del governatore dem Rosario Crocetta).
Il premier Matteo Renzi è costretto ad ammettere con i suoi che si è trattato di "una sconfitta". Sempre da Venezia, è Massimo Cacciari, per anni sindaco in Laguna, a definirlo "il perfetto suicidio" nato dall’errore sulla scelta della persona. "Ho predicato invano per un anno - dice Cacciari - che quella che si andava profilando era una candidatura rischiosa. Nulla da dire sulla figura di Casson - sottolinea -, persona onesta ma che non aveva la capacità intrinseca di intercettare voti. E nulla centra sul risultato lo scandalo Mose perché se l’elettorato avesse dovuto guardare a quello avremmo preso l’1% ad essere generosi. E’ stato sbagliato il candidato - ribadisce -, ho provato a dirlo a Felice e poi a tutti gli altri, ma non c’é stato verso".
E mentre nel centrosinistra si discute sulle cause di questa nuova frenata, nel centrodestra Silvio Berlusconi esulta con i suoi: "Il vento sta cambiando". E Angelino Alfano, leader di Ncd oltre che ministro dell’Interno, commenta ad Agorà: "Abbiamo fatto come accade in grandi democrazie occidentali dove si collabora col governo centrale per una emergenza (ad esempio Germania e Austria) e poi sul territorio si ritorna alla propria casa per organizzare, come noi vogliamo fare, un’area alternativa alla sinistra, ma certamente non sotto la Lega Nord. L’esperimento di Venezia dimostra che si può arrivare al ballottaggio senza il Carroccio di Matteo Salvini e poi è lui che si aggrega".
Ma Salvini ci tiene a rivendicare il ruolo del suo partito e scrive su Twitter: "Bellissimi risultati per sindaci #Lega e sostenuti da Lega. Da oggi subito al lavoro: cambiare si può. #Renzi, stiamo arrivando".
Poi si è detto particolarmente entusiasta della vittoria della Lega a Rovigo, con un candidato che fu "espulso da Flavio Tosi" ("I ’tosiani’ ormai sono una categoria dello spirito", ha tagliato corto). "Se parliamo della vittoria ad Arezzo, qui di impossibile non c’e’ piu’ niente", ha proseguito. "Arezzo è la patria della signorina Boschi, della Banca Etruria e del conflitto di interesse del padre, qui un pezzo di governo si è preso uno ’sberlone’. Ha voglia Renzi a dire non è colpa mia...".
IL RISULTATO IN TOSCANA
Chi è il nuovo sindaco di Arezzo
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Ma le amarezze per il centrosinistra a questa tornata elettorale non si fermano ad Arezzo. Anche Pietrasanta passa al centrodestra con una rivincita tutta personale di Massimo Mallegni, il candidato berlusconiano che strappa il 54,5 per cento dei consensi contro il 45,5 dell’avversario Forassiepi. A Viareggio infine Giorgio Del Ghingaro (candidato da liste civiche pur essendo iscritto al Pd) vince con il 60,33 contro il candidato ufficiale del Pd Luca Poletti, che si ferma al 39,67. Insomma c’è di che riflettere in casa dem dal momento che il Pd è stato sconfitto da un suo iscritto che si è presentato a queste elezioni da indipendente sostenuto da cinque liste civiche. Giorgio Del Ghingaro, nuovo sindaco di Viareggio, ha superato al ballottaggio Poletti anche se alla fine è stato votato da meno di un viareggino su tre: i votanti al secondo turno sono stati infatti il 30,82 per cento.
"La mia vittoria è stata quella della città di Viareggio - dice - che ha voluto dare una svolta rispetto al suo recente passato, per questo la mia dedica è proprio per Viareggio. Hanno vinto la forza delle idee e la concretezza dei programmi". "Nelle precedenti esperienze amministrative, quando sono stato sindaco di Capannori - ha detto De Ghingaro -, ho avuto buoni rapporti con le opposizioni, mi auguro di farlo anche qui. Come prima cosa intendo invitare gli ex sindaci nel mio ufficio per confrontarmi con loro. Nel Pd dopo questo risultato dovrà esserci una riflessione e capire gli errori che sono stati commessi e farne tesoro".
Intanto a Pietrasanta Mallegni gongola, riceve una telefonata di Berlusconi che si congratula e dice: "Ringrazio la mia famiglia e tutti gli elettori. Adesso siamo tornati a governare la città come voleva la gente, e molti sono venuti a salutarmi in Comune. Mi ha fatto piacere ricevere la telefonata di Berlusconi e chissà che non ci possa essere un’altra bella e gradita sorpresa per Pietrasanta" dice ripensando alla recente visita del Cavaliere planato in Versilia in elicottero.
Il commento. "A due settimane di distanza dal successo nelle regionali in Toscana, con ampia riconferma di Enrico Rossi e Pd in crescita di 4 punti rispetto a cinque anni fa - dice il segretario regionale del Pd Dario Parrini - , in queste ore dobbiamo masticare amaro a causa dell’esito per noi negativo dei ballottaggi ad Arezzo, Viareggio e Pietrasanta. Rivolgiamo un sincero augurio di buon lavoro ad Alessandro Ghinelli, Giorgio Del Ghingaro e Massimio Mallegni, e un altrettanto sincero ringraziamento a Matteo Bracciali, Luca Poletti e Rossano Forassiepi: i nostri candidati a sindaco ce l’hanno messa tutta ma sono stati sconfitti". Poi aggiunge sui tre comuni andati alle urne: "Faremo un’opposizione coerente e determinata, sicuri che sapremo imparare dagli errori compiuti in questa occasione e vincere le prossime elezioni. Apriremo, insieme ai gruppi dirigenti territoriali del Pd, una riflessione minuziosa sulle cause di questa battuta d’arresto. Non ci faremo sconti. Certo - annota - non hanno giovato le polemiche che
nella settimana ante-ballottaggio hanno visto il Pd sotto attacco nel dibattito pubblico nazionale su questioni spinose come Mafia Capitale, il governo di flussi migratori di carattere eccezionale e l’allarme-sicurezza nelle nostre città. Ma sarebbe sciocco non sottolineare che sul voto per i sindaci è sempre largamente prevalente il peso dei fattori locali. E questa tornata elettorale da questo punto di vista non fa eccezione".
REPUBBLICA.IT
ROMA - Brutte notizie per il centrosinistra dai ballottaggi delle elezioni comunali: Venezia, Arezzo e Matera passano al centrodestra, Fermo e Enna a candidati appoggiati da due liste civiche e Nuoro alla coalizione guidata dal Partito Sardo d’azione. Il Pd da parte sua riconquista Trani e Mantova. Dopo il voto per le regionali di due settimane fa, nuova frenata di consensi per il centrosinistra a guida dem, con risultati tutt’altro che brillanti.
IL RETROSCENA Renzi ammette: "E’ una sconfitta"
La sfida più importante e politicamente significativa era quella di Venezia, dove Luigi Brugnaro sarà il nuovo sindaco. Il centrodestra al ballottaggio riconquista così la città lagunare, battendo Felice Casson, vincitore delle primarie di centrosinistra. Lo scandalo Mose e l’arresto del sindaco Orsoni hanno spalancato - come era stato ipotizzato - la strada a Brugnaro. Lo scarto tra i due non è stato enorme: 53% a 47%, ma è la certificazione che a Casson non è bastato il pur netto vantaggio del primo turno (38% a 28%), visto che su Brugnaro si sono riversati i voti dei vari candidati di centrodestra, quello leghista in primis.
Il centrosinistra a sorpresa è stato battuto anche ad Arezzo, dove Matteo Bracciali (Pd e civiche) dopo un lungo testa a testa ha ceduto al suo sfidante Alessandro Ghinelli per circa 600 voti. Addirittura, dopo 87 sezioni scrutinate su 97, i due avevano un identico numero di preferenze. Arezzo è una roccaforte della sinistra, con il sindaco ’rosso’ eletto al primo turno nelle ultime due tornate: già un testa a testa così stretto equivaleva a una sconfitta. Inoltre Matteo Renzi si era speso più di una volta per Bracciali, anche durante i comizi per le Regionali, come in quello di chiusura con Rossi.
Ma per il centrosinistra arrivano altre brutte notizie: a Matera Raffaello Giulio De Ruggieri batte il sindaco dem in carica; a Nuoro, la coalizione regionalista con Partito Sardo d’azione e La Base strappa la città al Pd, riuscendo a eleggere Andrea Soddu; a Fermo poi Paolo Calcinaro (sostenuto da due liste civiche) supera nettamente il candidato di centrosinistra, che così perde anche il comune marchigiano. A Enna il candidato del Pd disconosciuto dallo stesso Pd, Vladimiro Crisafulli, è stato battuto da Maurizio Antonello Dipietro, sostenuto da liste civiche.
A Lecco Virgino Brivio (centrosinistra) ha vinto il ballottaggio con quasi il 55%. Anche a Trani il centrosinistra ottiene la vittoria (la città era amministrata dal centrodestra), con Amedeo Bottaro che tocca il 75% delle preferenze. Il centrosinistra vince anche a Mantova (con Mattia Palazzi) e a Macerata (con Romano Carancini). Il Veneto si conferma una regione ’no’ per il centrosinistra: oltre a Venezia, Rovigo va a Massimo Bergamin (sostenuto da Lega e Fi). Il centrodestra conferma anche Chieti, con Umberto Di Primio.
Tre città vanno al Movimento 5 Stelle: i candidati grillini vincono in tre comuni superiori, ovvero Porto Torres, Quarto e Venaria Reale.
SPECIALE COMUNALI / CAPOLUOGO / SUPERIORI
Affluenza sotto il 50%. Alle urne erano chiamati quasi due milioni di italiani per i ballottaggi in 78 Comuni, di cui 12 capoluoghi di provincia, in una domenica contrassegnata dal maltempo al Nord e dal sole al Sud. Ma di quei due milioni, sole o pioggia che fosse, meno della metà sono andati effettivamente a votare. Si conferma così l’unica costante delle ultime elezioni italiane: l’affluenza bassissima. Per i ballottaggi oggi solo a Matera e Chieti (tra i capoluogo) si è superato il 50% dei partecipanti al voto. L’affluenza complessiva (Sicilia esclusa, dove si è votato anche lunedì) si è fermata al 47,1, con il picco negativo a Trani, fermo al 37%. Ancora più netta la flessione in Sicilia: alla chiusura delle urne, ha votato solo il 46,25% degli aventi diritto, -19,6% rispetto al primo turno.
Curiosità: a Venezia problemi con l’alta marea. La punta massima di mare a 95 centimetri a Venezia durante ha portato all’allagamento parziale dell’androne dell’istituto Algarotti, seggio elettorale, sprovvisto di passerelle. Per consentire ad alcune persone di recarsi al voto una signora ha portato un carretto per le merci e si è improvvisata traghettatrice per consentire di superare il tratto d’acqua alta.
Articolo pubblicato il 14 giugno 2015. Aggiornato il 15 giugno 2015
ANALISI DI REP
ROMA - "Questo voto conferma quello che cerco di spiegare da un po’ di tempo ai miei amici del Pd: il centrodestra non è affatto morto, anzi è un avversario temibile quando si unisce". Matteo Renzi, al telefono con i massimi dirigenti del partito e con il Nazareno, commenta caldo il risultato elettorale dei ballottaggi. Dove, a macchia di leopardo - da Macerata a Mantova, da Trani a Lecco - saltano fuori diverse vittorie del centrosinistra. Ma dove spicca su tutte la perdita del capoluogo più simbolico: Venezia.
Una sconfitta che il premier ammette e che, inevitabilmente, pesa nel racconto renziano. Specie se sommata all’arretramento delle scorse regionali (in voti assoluti) e alla perdita altrettanto simbolica della Liguria. Una delusione, anche se "il conto totale dei comuni vinti premia comunque il Pd. Ma è inutile girarci intorno, siamo andati male".
Certo, ci sarà modo di far notare che il senatore civatiano è sempre stato un osso duro per Renzi. E che, in fondo, aver condotto una campagna elettorale senza mai accostare il suo nome a quello del premier non abbia portato fortuna al candidato del Pd. Al contrario di Luigi Brugnaro, una sorta di Guazzaloca "in saor", che ha fatto di tutto per strizzare gli occhi agli elettori renziani.
Eppure la sconfitta di Venezia, per il presidente del Consiglio, deve servire da monito anche e soprattutto per la sinistra interna. Quella, per intederci, che sosteneva in cuor suo il civatiano Pastorino in Liguria, "dicendo di votare Paita turandosi il naso". Per Renzi la perdita del capoluogo veneto dopo 21 anni di centrosinistra è la dimostrazione che spostare il partito a sinistra, con un candidato che ha fatto dell’opposizione al governo la sua cifra in Parlamento, non è la carta per recuperare consensi. "A Venezia abbiamo perso voti al centro - osservano laconici dal Nazareno - senza guadagnarne a sinistra e tra i cinque stelle. Un disastro".
C’è da considerare ovviamente il traino indiretto venuto a Brugnaro dalla netta affermazione del leghista Zaia alle regionali di due settimane fa. Confermato dal fatto che in Veneto tutti i comuni al ballottaggio sono andati al centrodestra. Le immagini delle città italiane con gli immigrati che dormono per strada, secondo Renzi, hanno certamente influito sull’esito elettorale - "il racconto della paura premia la destra" - così come la fine indecorosa della precedente giunta Orsoni.
L’altra lezione che il presidente del Consiglio trae dal risultato è rivolta ancora una volta alla minoranza del suo partito. "L’unica strada che abbiamo davanti è accelerare ancora di più su tutte le riforme. Perché se ci fermiamo o rallentiamo, la bicicletta cade". Lo si vedrà già da domani, in parlamento, sulla Buona scuola. Nell’altro campo Berlusconi esulta. Ad Arcore riceve la telefonata di Renato Brunetta che gli comunica lo sfondamento a Venezia. "Il vento sta cambiando", confida ai suoi l’ex Cavaliere. E il capogruppo forzista alza le braccia al cielo: "Uniti si vince, Renzi a casa".
SICILIA
Arrivano i primi dati definitivi dai seggi dei Comuni siciliani al ballottaggio, che segnano nuove affermazioni dei grillini - che passano ad amministrare 4 grossi centrì in Sicilia - e la sconfitta del governatore Rosario Crocetta e dell’ex senatore Pd Vladimiro Crisafulli. Nella Gela del presidente della Regione, città di 77 mila abitanti, il sindaco uscente del Pd, Angelo Fasulo, vince il candidato del Movimento 5 Stelle, Domenico Messinese, con il 65 per cento dei voti. Solo il 35 per cento per Fasulo, appoggiato oltre che dal Pd anche dal Megafono, il partito del governatore, e da varie liste civiche di centrosinistra.
I grillini vincono a Gela, festa e caroselli in strada
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A Enna sconfitto Vladimiro Crisafulli: l’ex senatore del Pd si ferma al 48 per cento, mentre vince con il 52 per cento Maurizio Dipietro, anche lui ex Pd sostenuto da liste civiche del centrodestra. Crisafulli aveva vinto le primarie dopo aver imposto la sua candidatura contro il volere della segreteria nazionale che, informalmente, lo aveva invitato a fare un passo indietro. Come mediazione, l’ex senatore si è poi candidato senza il simbolo del Pd ma con quello di "Enna democratica".
Crocetta, appreso il risultato nella sua Gela, commenta amaro: "Rispetto le scelte degli elettori, collaborerò lealmente con tutti sindaci siciliani a prescindere dalla loro collocazione politica. Sono pronto ad avviare una politica di investimenti nelle aree industriali di crisi della Sicilia che manifestano alti livelli di sofferenza per ragioni oggettive. Il risultato delle urne della mia città non mi sconvolge perchè i grillini hanno vinto anche ad Augusta. Segno - secondo Crocetta - del malcontento dei lavoratori e dei disoccupati". Tuttavia "questo è un campanello d’allarme anche per il governo nazionale - aggiunge Crocetta - Sapevamo già che sarebbe stata una battaglia difficile". Per il governatore occorre che il Pd faccia "una profonda riflessione".
Ad Augusta, stravince la grillina Cettina Di Pietro con il 70 per cento. In Sicilia i grossi centri amministrati dai grillini salgono così a quattro: Gela e Augusta si aggiungono a Bagheria e Ragusa. Marsala va invece al Pd, con Alberto Di Girolamo contro l’ex Udc Massimo Grillo. A Barcellona Pozzo di Gotto avanti Roberto Materia, sostenuto dal centrodestra, contro Maria Teresa Collica, mentre a Milazzo in netto vantaggio il candidato Pd Giovanni Formica. Centrosinistra verso l’affermazione anche a Carini, dove Giuseppe Giovì Monteleone incassa quasi il 60 per cento dei consensi. I dem conquistanto anche Bronte, avanti il candidato Pd Graziano Calanna contro Salvatore Gullotta sostenuto dal sindaco uscente di Ncd, l’ex senatore Pino Firrarello. A Ribera vince Carmelo Pace, sostenuto da liste civiche. A San Giovanni La Punta vince Antonino Bellia, centrosinistra. A Tremestieri Etneo vince Santi Rando contro candidato del Pd. A Licata vince il centrodestra con Angelo Cambiano. A Ispica vince invece il Pd con Lucio Muraglie.
PUCCIARELLI SU REP DI STAMATTINA
NOSTRO INVIATO
MATTEO PUCCIARELLI
VENEZIA . Lo psicodramma in “Largo donatori di sangue” a Mestre, al comitato di Felice Casson. Dove il sangue, figurativamente parlando, sta già scorrendo, tra shock e recriminazioni.
Lo champagne a 100 metri di distanza, dove la piazza di Luigi Brugnaro festeggia con «chi non salta comunista è». Poco dopo lo stesso Brugnaro annuncia, mettendo altro sale sulla ferita: «Apriremo la nostra giunta al Pd renziano».
Dopo trenta anni Venezia passa a destra, un risultato clamoroso ma non del tutto inaspettato. Il centrosinistra paga pegno un anno dopo lo scandalo del Mose che ha investito la giunta guidata dal pd Giorgio Orsoni, finito in manette e costretto a lasciare Ca’ Farsetti in mano al commissario.
La rincorsa del senatore vicino alla sinistra del Pd era cominciata sei mesi fa, con la sfida interna delle primarie vinta in scioltezza contro soprattutto il candidato appoggiato dalla maggioranza renziana, Nicola Pellicani. Anche al primo turno Casson era avanti, con il 38 per cento delle preferenze (a dispetto del 28,6 di Brugnaro). E però il centrodestra era diviso in tre liste, e aggiungendo Lega Nord più Fratelli d’Italia la situazione era sostanzialmente capovolta.
Non è neanche mezzanotte e mezza quando a sinistra si capisce che la frittata è fatta. Le linee di pensiero sono due: tutta colpa del Pd che non ha mai sostenuto davvero Casson, proprio come avvenne nel 2005, quando mezzi Ds virarono sul ribelle Massimo Cacciari; tutta colpa dello stesso Casson, candidato sostenuto dalla sinistra radicale - “legato ai centri sociali”, l’accusa più frequente- da sempre bastian contrario dentro al Pd: insomma, troppo caratterizzato e divisivo. Tommaso Cacciari, nipote di Massimo ed esponente di primo piano della sinistra-centri sociali, si sfoga così: «Complimenti a questa sinistra di m... che regala la città alla destra, ora levatevi tutti dalle scatole». Ma anche il più moderato Pellicani, probabilmente dal versante opposto, ribadisce lo stesso concetto: «Ora qualcuno deve assumersi le sue responsabilità. Qui serve il tabula rasa». L’ex magistrato si era presentato quasi come alternativo al suo stesso schieramento. Non è bastato questo per non venire travolto dalla slavina di chi - per dirla con Jacopo Molina, anche lui in lizza alle primarie- «ha votato contro un sistema di potere che ha governato venti anni questa città». Comunque sia, i numeri dicono che Casson ha rosso la stessa percentuale del 2005, e che i voti del primo turno sono più o meno gli stessi del secondo. Un colpo durissimo, tanto che il senatore non si fa vedere né sentire, spenge il telefono; per la seconda volta è crollato sul più bello, al ballottaggio, a un passo da quello che era diventato il sogno di una vita.
L’accusa di intelligenza con il nemico rivolta alla maggioranza del Pd e allo stesso Cacciari (zio) acquistano improvvisamente di peso grazie alle prime parole dello stesso neo sindaco. I suoi sostenitori lo accolgono con il tricolore, i cori da stadio e quelli di scherno contro Casson, lui dice che «la nostra non sarà una guida del Comune di parte, ma trasversale. I renziani sono i benvenuti, abbiamo bisogno di tutti». La sua lista civica tirata su in fretta e furia si era affermata come primo “partito” in città, e così da domani Brugnaro governerà con una maggioranza in Consiglio omogenea, legata appunto alla sua lista. Libero di stringere accordi con grande libertà, senza dover rendere conto a Forza Italia, praticamente scomparsa, ridotta al 4 per cento. Anche se il Carroccio, che al secondo turno lo ha appoggiato, avanza già pretese per il posto di direttore generale del Comune.
C’è un’altro tema, infine. Quello legato ai Cinque Stelle. Il loro 12 per cento al primo turno si è volatilizzato. Nonostante Casson fosse un candidato sindaco affine e compatibile con tutto quel mondo. Stefano Rodotá e Ferdinando Imposimatosi erano spesi per lui in più occasioni. Dalla Spagna si era fatto sentire persino il leader di Podemos Pablo Iglesias. Niente da fare. Ma i grillini non sono come gli eredi degli indignados.
STEFANO FOLLI
VENEZIA scivola verso il centrodestra dopo oltre vent’anni di sindaci di sinistra. È il dato senza dubbio più significativo dei ballottaggi nelle città. Venezia città di frontiera sul piano politico, dentro i confini di una regione tradizionalmente amministrata dal centrodestra, prima Forza Italia e ora la Lega. Venezia laboratorio politico, se così si può dire: tant’è che con Massimo Cacciari ha vissuto l’esperimento di un centrosinistra che contendeva i voti alla marea montante leghista, nel tentativo di suggerire un cambio di passo al partito romano (prima Ds, poi Pd) e di imporre la “questione settentrionale” come problema politico cruciale che la sinistra non poteva ignorare.
Ebbene, Venezia ha smesso di fidarsi del Partito democratico dopo anni di disillusioni. E non si è fidata nemmeno di Felice Casson, l’ex magistrato, il candidato scelto attraverso il solito meccanismo delle primarie. Personaggio connotato come anti-Renzi, Casson; anzi, uno dei più tenaci e puntuali in Parlamento fra gli oppositori del presidente del Consiglio, tanto da essere etichettato come seguace di Civati. Ne deriva che Renzi non piangerà troppo per la sua sconfitta, visto che stavolta si tratta della disfatta di un avversario interno. In realtà per il premier sarebbe stato necessario vincere. Perdere nella più importante delle città in cui si è votato al secondo turno, è in ogni caso un passaggio a vuoto in un momento in cui Palazzo Chigi avrebbe bisogno di buone notizie e non della conferma di trovarsi nel mezzo di un periodo grigio.
Certo, questo risultato non influirà sul quadro nazionale. Ma sarebbe un errore sottovalutare i messaggi che gli elettori veneziani hanno mandato a Roma. Il primo è appunto che il Pd sta attraversando un periodo mediocre.
A Venezia il partito non aveva da tempo una buona immagine e Casson non è bastato a rinnovarla, forse anche perché non ci ha provato abbastanza. Si conferma in ogni caso che oggi al Nord sono in difficoltà tanto i candidati vicini al presidente del Consiglio (e segretario del Pd) quanto i suoi avversari, portatori di una diversa idea del partito. Perdono sia le Moretti e le Paita, alle regionali, come i Casson alle comunali.
L’ex magistrato non è riuscito a convogliare su di sé i voti dei Cinque Stelle. Probabilmente gli elettori di Grillo sono rimasti a casa, in buona compagnia visto che circa il 52 per cento dei veneziani non si è scomodato per il secondo turno. Sta di fatto che la vittoria di Brugnaro, uomo pratico con la patina di indipendente, capace di battere sul problema del momento, la sicurezza, indica una notevole capacità di aggregazione da parte di un “uomo nuovo” o che riesce ad apparire tale. Niente Berlusconi a Venezia, niente retorica dei tempi andati. Brugnaro ha nascosto i buchi neri di Forza Italia ed è riuscito a convogliare su di sé i voti di Salvini e anche quelli di un ampio arco di forze eterogenee. I grillini, come si è detto, probabilmente si sono astenuti. Ma non è senza significato che così facendo abbiano favorito in modo indiretto la vittoria del candidato di centrodestra.
Fra un loro amico, quale Casson aveva dimostrato di essere in Parlamento, e un personaggio a loro sconosciuto come Brugnaro hanno preferito lasciar vincere quest’ultimo. È una riflessione che senza dubbio a Renzi non sfuggirà. Cosa accadrà il giorno in cui si voterà per le politiche nazionali con l’Italicum? Quel giorno Renzi andrà al ballottaggio con il Pd, ma dall’altra parte potrebbe trovarsi di fronte una coalizione eterogenea di tipo veneziano. Una coalizione, non sappiamo guidata da chi, in grado di mettere insieme leghisti e ex berlusconiani, oltre a coloro che esprimono in modo confuso un malessere e un desiderio di cambiare. È uno scenario molto pericoloso per il presidente del Consiglio. Venezia in fondo si conferma laboratorio politico. Un laboratorio per la nuova destra che cerca la sua direzione di marcia.