Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/6/2015, 13 giugno 2015
PERISCOPIO
L’Europarlamento apre alle famiglie gay. Quando si occupavano delle dimensioni dei piselli stavano solo preparando il dossier. Gianni Macheda.
Samantha Cristoforetti torna sulla Terra dopo 200 giorni. Giovanni Toti: «Bene, ora aspettiamo gli altri due». Spinoza. il Fatto.
Per le cose grosse, in Italia non si cade mai, per quelle piccine spesso. Ciò corrisponde al carattere italiano che subisce le grosse ingiustizie, ma è intollerantissimo per le piccole. Giuseppe Prezzolini, Codice della vita italiana.
I vecchi e i giovani ciniconi del Foglio fanno perfino tenerezza. Convinti che da sempre l’occasione faccia l’uomo ladro, vorrebbero convincere anche i lettori a disinnescare, più che il moralismo, la morale. E questo non è forse proprio il cuore del cuore di Roma, il nocciolo dello spirito capitolino? «Ma che state a di’», «ma che ce frega», «ma ’sti cazzi», «ma che sarà mai». Paolo di Paolo. il Fatto.
I nuovi riformatori (non parlo di un governo o di un altro, né di questo o di quel ministro) hanno ben ferma nella testa soprattutto una cosa: la scuola, ogni tanto, bisogna fare finta di riformarla, ma non ci si crede. Non ci si crederà finché non sarà trasformata in un perfetto luogo di lavoro e di svago nello stesso tempo. Un posto indistinguibile dal mondo così com’è. Alfonso Berardinelli. Il Foglio.
A Ostia, dove sono commissario, dopo le dimissioni del presidente indagato, volevo trasferire il direttore perché avevo forti sospetti sul suo operato: troppi lavori affidati in somma urgenza, troppi atti scadenti. È stato trasferito, ma lui ha fatto ricorso al Tar ed è stato reintegrato. In Italia è la normalità. Ma così non si può andare avanti. E lo dico da giudice. Bisognerebbe quindi modificare la legge, dare alla pubblica amministrazione la possibilità di non invitare più a pranzo i dipendenti di cui non si fidano, che hanno commesso irregolarità o sono incapaci. E se finisce in carcere, non deve ricevere lo stipendio. In attesa della sentenza passata in giudicato, si potrebbe evitare di retribuirlo. Quando c’è fondato motivo di ritenere che un dipendente è infedele, siccome non posso cacciarlo, almeno che perda il diritto a essere pagato dall’amministrazione che ha tradito. Alfonso Sabella, magistrato, assessore alla legalità al comune di Roma (Giovanna Vitale). la Repubblica.
Leggo su Repubblica: Repubblica è il primo quotidiano italiano per diffusione dopo l’accertamento Ads: primo nella carta stampata e primo nell’online. Seguono numeri a conforto. Leggo sul Corriere della Sera: il Corriere è il primo quotidiano italiano dopo l’accertamento Ads: primo nella carta stampata e primo nell’online. Seguono numeri a conforto. Leggo sul Sole 24 Ore: il Sole è il primo quotidiano italiano dopo l’accertamento Ads: primo nella carta stampata e nell’online. Seguono numeri a conforto. Bon. Pregansi le procure della repubblica di passare ai tre suddetti una velina coperta da segreto, almeno così scrivono tutti la stessa cosa. Andrea Marcenaro, scrittore satirico. Il Foglio.
L’Iran, giorno dopo giorno, perde il primo pretesto, il nemico. Tutti, in Iran, attendono l’accordo con gli Usa per il nucleare. E non per fare guerra. «L’Iran non muove guerra a nessuno», mi spiega l’architetto Mohammad Bahari Razari, «da più di 400 anni. Ci siamo ritrovati a essere aggrediti, ci siamo difesi, ma troppo vicino è il ricordo del conflitto», dice toccandosi la gamba, offesa. «Ricordo dei giorni in cui i missili di Saddam arrivano fino a Teheran». Pietrangelo Buttafuoco, scrittore. il Fatto.
Sul comodino il caffelatte è intatto. Accanto, un vecchio orologio da polso e un Rosario: tutto quello che un missionario ha riportato a casa, dopo 57 anni in Africa. Nella casa madre dei comboniani a Verona. Non ne ha per molto: il volto livido, prosciugato, non lascia dubbi. Eppure, come nel dovere di un’ultima testimonianza, racconta. La coscienza viene e va, il malato si assopisce. Mi guardo attorno, nella candida nudità della stanza. Il crocefisso sul muro. La goccia della flebo scandisce il tempo come un orologio. Lui si risveglia: «Io posso testimoniare», dice, la voce affannata, «che quando si porta Cristo, gli uomini cambiano, e cominciano a operare». Di nuovo, dorme. Strana intervista: fatta di silenzi, più che parole. Lo guardo: mi pare di averlo già visto, ma dove? Quel viso terreo, consumato dal dolore. Capisco: sembra un Cristo di El Greco. Mi congeda, infine: «Che Dio la benedica». Quella benedizione addosso: come una mano che, generosa, perdona. Marina Corradi. Avvenire.
Ai suoi comizi arrivava puntualmente in ritardo: «Aumenta la tensione, così mi ascoltano di più». E a chi lo rimproverava perché ci andava in taxi, Joseph Goebbels rispondeva: «Lei non ha la minima idea di che cosa sia la propaganda. Avrei dovuto arrivare con due taxi: uno per me, l’altro per la mia borsa». Durante una manifestazione, prima di presentare Hitler al pubblico festante, si era accorto che il sole stava per farsi strada fra le nubi. Regolò così la lunghezza del proprio discorso in modo che la «luce di Dio» inondasse Hitler nel momento in cui saliva sul podio. La sera stessa, al Club degli artisti, si vantò con un gruppo di registi di essersi «servito del sole». Giulio Meotti. Il Foglio.
Disgustato dal terrore rosso e da quello che gli aerei franchisti seminavano bombardando Madrid assediata, Manuel Chavez Nogales dichiarò di non essere più interessato alle sorti del conflitto: «L’uomo forte, il caudillo, il trionfatore che alla fine poggerà il deretano sul lago di sangue del mio Paese e che con il coltello fra i denti, secondo l’immagine classica, ridurrà in schiavitù gli spagnoli sopravvissuti, può provenire indifferentemente dall’una o dall’altra parte». Sergio Romano. Corsera.
In Italia non abbiamo un rapporto Kinsey, però abbiamo i settimanali femminili: basta guardare gli pseudonimi nella rubrica di corrispondenza dei lettori, e al posto di: amor, fiammetta, cuore infranto, nel giro di dieci anni, si sono sostituiti: orgasmo 72, coitus interruptus, libido Busto Arsizio. Luca Goldoni, È gradito l’abito scuro. Mondadori. 1972 .
Milano ha quel tanto di svizzero che alla fine ci rassicura sempre un po’ tutti. Enrico Vaime, autore satirico (Antonio Di Pollina). la Repubblica.
Nessuno meglio dei nostri politici sa vendere fumo senza neanche accendere il fuoco. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/6/2015