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 2015  giugno 13 Sabato calendario

SE IL TRATTATO INTERATLANTICO (TTIP) SARÀ APPROVATO, ESULTERANNO LE ÈLITE AMERICANE MA SARÀ UN DISASTRO PER I CITTADINI EUROPEI

Mancano 18 mesi dalla definitiva uscita di scena di uno dei peggiori Presidenti degli Stati Uniti, Barack Obama. Ormai è chiaro, con la complicità delle idiote leadership europee (salvo i tedeschi, versione Merkel), Obama riuscirà a portare a termine un altro dei suoi grandi «successi»: dopo Irak, Libia, Isis, pure il Ttip (trattato sul commercio e sugli investimenti, per fare di Usa e di Europa un’unica area di libero scambio). Esulteranno le élite americane, sarà un disastro per i cittadini europei.
Per quel che vale (nulla), fin da subito mi sono dissociato dal Ttip. Il nostro Tino Oldani, con ben altra competenza, e ItaliaOggi, in splendida solitudine rispetto agli altri giornali, è anni che sottolineano come il trattato si sia via via snaturato, dal tema iniziale, condivisibile e sacrosanto delle tariffe doganali, si è passati a voler normare ogni attività economica (la sicurezza dei consumatori, il settore pubblico, le condizioni dei lavoratori, l’agricoltura, l’alimentazione, la protezione dei dati, persino un obbrobrio come Isds).
Il motivo per cui questo trattato l’ho considerato una truffa, ancor prima che fosse scritto, è stata la modalità mafiosa con la quale si è lavorato per metterlo a punto. Ogni Paese aveva qualche esperto a mò di figurina Panini, in realtà chi ha menato le danze sono state le multinazionali della consulenza anglosassoni «al soldo intellettuale» degli Usa, imponendo il segreto più assoluto sul processo. Si è arrivati così a un documento dove, come ovvio, c’è anche del buono, mischiato però ad alcuni punti criminali. Siamo in presenza del tipico fascismo negoziale anglosassone: alla fine prevede il ricatto «prendere o lasciare», il documento conclusivo degli sherpa o lo sposi in toto o rompi. Se rompi te la fanno pagare (vedi Putin), se lo sposi, si ufficializza che a loro tocca il filetto, a te la coratella, e devi pure fantozzianamente ringraziare. Parlando per esperienza personale, con costoro ho passato vent’anni della mia vita, mai trovato uno che non abbia cercato di buggerarmi, dalle briciole alla pagnotta.
Noi non economisti non ci fidiamo degli economisti (a proposito, chissà perché sono così litigiosi fra loro), e facciamo bene ma, ogni tanto, ve ne è qualcuno che ragiona, non per schemi, soprattutto non è succube del ceo-capitalism dominante, come tutti gli altri. Per esempio, il tedesco Christoph Scherrer, a cui va pure il merito del conio della locuzione «doppia egemonia», ha demolito il documento. Il concetto di doppia egemonia lo traduco con parole mie: è il matrimonio morganatico fra due delle classi dominanti, un impresentabile maschio alfa (gli Stati Uniti) e una ex puttana, rotta a tutte le oscenità (l’Europa), con lo scopo di impossessarsi di gran parte della ricchezza prodotta attraverso la globalizzazione e la finanziarizzazione del mondo. In questo modo l’egemonia americana è doppia, in assoluto e relativa.
Nel Ttip lo strumento chiave è Isds, cioè il meccanismo che regola le dispute fra Stati e Investitori internazionali. Il documento prodotto è a favore, come ovvio, delle multinazionali, che potrebbero così bypassare il proprio Governo, nel caso di controversie legali connesse a loro investimenti, aggredendo il Paese sovrano che si fosse permesso, attraverso una sua normativa, di ledere i loro interessi. È nel solco dei criminali «Too big to fail», «Too big to jail» e un’infinità di altre sconcezze che hanno rappresentato, per un liberale come me, la fine di un sogno: l’America di Clinton, di Obama, di Fuld, di Blankfein, dei californiani in felpa, non sarà mai più quella che ho tanto amato.
Chi opera nel business sa perfettamente che oggi il rapporto di forza fra Stati indebitati e colossi finanziari che lucrano cifre enormi comprando i loro titoli di stato è totalmente sbilanciato a favore dei secondi. Se l’Europa firma il Ttip, quindi Isds, e a seguire tutti gli orrendi protocolli sull’agricoltura, sui cibi, etc., firma la sua definitiva sudditanza al ceo-capitalism. Essendo dei vigliacchi, lo faranno. Quando i Premier europei avranno firmato, i supermanager anglosassoni, mutuando per un istante il linguaggio dei loro colleghi romani (Buzzi e Carminati), potranno dire, sorridendo: «e ora se magnamo l’Europa». E inizierà il banchetto.
Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 13/6/2015