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 2015  giugno 13 Sabato calendario

ARTICOLI SULLA PASQUA FISSA DAI GIORNALI DI SABATO 13 GIUGNO 2015


GIAN GUIDO VECCHI, CORRIERE DELLA SERA -
«Allora, un cattolico e un ortodosso si incontrano e si chiedono: ma il tuo Cristo è risorto?». La data della Pasqua diversa fra i cristiani è un insensatezza che Francesco non può sopportare. Tanto anche a San Giovanni in Laterano, ieri pomeriggio, ha spiegato che la Chiesa Cattolica «è disposta a rinunciare» al suo metodo di calcolo — la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera — in modo da trovare assieme «una data fissa per celebrare la Resurrezione nello stesso giorno a Roma, Costantinopoli e Mosca», una domenica comune con il mondo ortodosso. Una disponibilità che c’è «dai tempi di Paolo VI», ha precisato.
Il confronto sulla data, complicato dalla differenza dei calendari, è del resto già avviato da tempo: si parla della terza domenica di aprile, si è fatta pure l’ipotesi del meridiano di Gerusalemme come riferimento. Ci sono contatti con i patriarchi Bartolomeo (Costantinopoli) e Kirill (Mosca) e con il copto Tawadros.
La Pasqua è il giorno più importante dei cristiani e Francesco vuole che la Chiesa respiri «a due polmoni», Occidente e Oriente. Nel giorno dell’elezione, Bergoglio fece capire subito che il rapporto con gli ortodossi sarebbe stato una priorità assoluta. Alla Loggia delle Benedizioni si presentò come vescovo della Chiesa di Roma «che presiede nella carità tutte le Chiese»: una citazione di Sant’Ignazio di Antiochia, Padre della Chiesa indivisa dell’inizio del II secolo, un messaggio a tutto il mondo ortodosso.
Così è la terza volta che Francesco affronta la faccenda della Pasqua. Ne parlò ai giornalisti nel volo in ritorno dalla Terra Santa, il 26 maggio 2014: «È un po’ ridicolo: “Il mio Cristo è resuscitato la settimana scorsa, il tuo?”». Spiegò di averne parlato con il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, «forse nel Concilio panortodosso (del 2016, ndr ) si farà qualcosa».
Raccontava di quello che il patriarca Atenagora aveva detto a Paolo VI: «Tutti i teologi li mettiamo in un’isola, che discutano tra di loro, e noi camminiamo nella vita, assieme!». La data della Pasqua come segno di unità, ha ripetuto il 30 novembre di ritorno da Istanbul: «Si discute dal tempo di Paolo VI. E non ci mettiamo d’accordo! A farla nella data della prima luna dopo il 14 Nisan, con gli anni vai avanti e c’è il rischio — per i nostri pronipoti — che la si celebri ad agosto!». Francesco ne ha parlato anche con Tawadros, il 10 maggio: la proposta di un accordo, spiegava il «Papa copto», è all’esame della Commissione mista per il dialogo tra la Chiesa Cattolica e le Chiese orientali.
Parlando a lungo ad oltre mille sacerdoti, Bergoglio ieri ha ripetuto: «La Chiesa è donna! Non è femminismo osservare che Maria è molto più importante degli apostoli!». Tra l’altro, ha confermato il viaggio di novembre in Uganda, Repubblica centrafricana e «forse» in Kenia. E ha parlato dell’Asia come «futuro» della Chiesa, di contro alle «decadenza» occidentale del «consumismo e dell’edonismo»: «Si potrebbe dire: ex Oriente lux, ex Occidente luxus!».
Gian Guido Vecchi

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PAOLO DI STEFANO, CORRIERE DELLA SERA -
La Pasqua è la Pasqua. Comunque domenica, così come il venerdì santo non cadrà di mercoledì, si presume. Dopo oltre un millennio, però, se il proposito del Papa andrà a buon fine, la prima conseguenza tangibile sarà nel lessico famigliare, che verrà depauperato di una delle domande più ricorrenti non appena passate le feste di Natale: «Quest’anno quando cade la Pasqua?». Quasi un riflesso automatico del linguaggio domestico, che proietta mentalmente le famiglie verso le vacanze e i maturandi verso la meritata pausa di decompressione prima dello sprint finale. Il paletto sarà fissato per tutti, nessuna vertigine da distrazione, nessuna finta sorpresa: «Mio Dio, è già Pasqua!». Non si navigherà più a vista tra fine marzo e fine aprile in attesa che qualcuno, più occhiuto di altri, ci informi dell’imminenza della festività.
Capretti, agnelli (e abbacchio) sapranno non solo di che morte morire, ma anche quando scoccherà, implacabile, l’ora fatale dell’arrosto. I cioccolatai potranno programmare con inusitata serenità il loro tour de force produttivo e le galline il loro tour de force riproduttivo. Le colombe conosceranno a occhi chiusi la settimana esatta della loro lievitazione (naturale o no). Tutti i Gesù delle Viae Crucis paesane identificheranno in una data meno capricciosa il giorno della loro passione dolorosa. Quando le maestre di terza elementare diranno agli allievi che entro Pasqua bisogna imparare il gerundio e i professori di latino il gerundivo, sapranno con precisione ben collaudata dall’abitudine di che cosa parlano, senza dover fare i conti con fastidiosi imprevisti: il calendario scolastico probabilmente si gioverà di una (quasi) fissità inderogabile. Perché l’attuale mobilità delle ferie può significare, per i ragazzi, rilassamento precoce o sfinimento da ritardo. Intempestività in ogni caso. Si spera che anche i semestri universitari vivranno un nuovo ordine (mentale e organizzativo). Per non dire che la Pasqua trascina con sé anche il Carnevale, la cui intrinseca (vera o presunta) follia sarà temperata dalla ricorrenza improcrastinabile, visto che deve precedere immediatamente la Quaresima: anche i viareggini godranno dunque dei loro vantaggi.
Se poi è ancora vero che «Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi», sarà più comodo per tutti programmare i viaggi in compagnia senza stare a consultare troppo le agende. Va segnalato che con una ragionevole via di mezzo tra gli estremi finora possibili, aumenterebbero le probabilità di una meteorologia favorevole. E siccome dopo Pasqua viene Pasquetta, anche la tradizionale gita fuoriporta sarà più sicura. Senza dimenticare però che andando troppo in là, il carciofo di Pasqua potrebbe già essere fuori stagione.

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LUIGI ACCATTOLI, CORRIERE DELLA SERA -
C’è del sale e c’è del pepe nella battuta di papa Francesco sulla data della Pasqua. Il sale attiene alla buona volontà di arrivare a un accordo su una materia che divide ancora il mondo cristiano per ragioni ormai incomprensibili alla cultura contemporanea. Il pepe sta nel tono tranciante dell’accenno: come a dire che non solo è tempo di accordarsi, ma è già tardi.
Nel 2016 dovrebbe riunirsi a Istanbul un Concilio Panortodosso, cioè di tutte le Chiese dell’Ortodossia. Il pressing di Francesco sulla data della Pasqua — è almeno la quarta volta che ne parla in pubblico da quando è Papa — mira a facilitare il compito al moderatore della convocazione panortodossa che è il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo: Francesco con la sua mano tesa permette a Bartolomeo (con il quale ha ripetutamente parlato della questione) di presentare alle Chiese Ortodosse una via relativamente spianata.
Ma sarebbe ingenuo immaginare che l’accordo possa arrivare in tempi rapidi: sulla data della Pasqua si battaglia tra cristiani occidentali e orientali dalla fine del secondo secolo e pur trattandosi di una questione minore, non bisogna dimenticare che spesso ai religiosi appare grande ciò che alla ragione laica parrebbe piccolo.
Tre sono i problemi principali che finora hanno impedito un accordo: la diversa maniera del computo astronomico della data, il conflitto tra Chiese che seguono il calendario giuliano (risalente a Giulio Cesare) e quelle che hanno adottato il calendario Gregoriano (da papa Gregorio XIII), la novità di stabilire una data fissa per una celebrazione che gli antichi consideravano mobile al fine di farla coincidere con il momento «lunare» nel quale Cristo riunì i dodici per l’Ultima Cena.
I cristiani hanno sempre inteso celebrare la Pasqua nel giorno della risurrezione di Cristo, che i Vangeli collocano a metà del mese ebraico di Nisan: al 14° giorno di questo mese cadeva la Pasqua ebraica, che dà il nome a quella cristiana. Subito nacquero divergenze su come trasferire ai calendari ellenistico-romani una datazione del calendario ebraico.
Il conflitto aperto tra Oriente e Occidente, che nei primi secoli produsse lacerazioni e scomuniche, risale a papa Vittore I (189-199) e al suo antagonista d’Oriente che fu Policrate vescovo di Efeso: Vittore voleva che la Pasqua fosse celebrata sempre di domenica, comunque venisse calcolato il «14 di Nisan»; secondo Policrate invece la Pasqua si sarebbe dovuta celebrare in qualsiasi giorno uscisse da quel calcolo, fosse o no domenica.
Il Concilio di Nicea stabilì nel 325 che la Pasqua coincidesse con la prima domenica successiva alla luna piena che viene dopo l’equinozio di primavera dell’emisfero Nord. La pace seguita a questa decisione – mai accettata da tutte le Chiese, ma fatta propria sia da Roma sia dalle principali comunità orientali – fu infranta dalla riforma del calendario: da allora (1582) le Chiese dell’Ortodossia continuano a calcolare e celebrare secondo il vecchio calendario, mentre la Chiesa Cattolica – seguita in questo da quelle protestanti – ha cambiato passo e le due date non solo non coincidono ma vanno sempre più distanziandosi per effetto del progressivo allontanamento del computo giuliano rispetto al più corretto – anche se non perfetto – metodo gregoriano.
I tentativi di arrivare a un accordo durano da quasi cent’anni. Una prima proposta nacque in campo laico negli anni 20 del secolo scorso, per iniziativa della Società delle Nazioni che suggerì a tutte le Chiese di fissare la Pasqua alla domenica successiva al secondo sabato di aprile. La proposta trovò favore negli ambienti protestanti, ma lasciò fredda la Chiesa Cattolica e contrarie le Chiese dell’Ortodossia.
Toccò poi al Vaticano II rilanciare la questione affermando – nella Costituzione sulla Liturgia (1963) – che la Chiesa di Roma «non ha nulla in contrario a che la festa di Pasqua venga assegnata a una determinata domenica nel calendario gregoriano». Ovviamente già il solo richiamo al calendario gregoriano provocò lo sgradimento degli orientali.
Da allora passi in avanti se ne sono fatti un po’ ovunque, ma restano ancora varie resistenze. Favorevoli a un accordo che fissi la data sono sia i cattolici sia i protestanti. Ancora legati al computo di una data variabile dipendente dalle fasi lunari sono invece gli orientali.

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CORRIERE DELLA SERA –
Con il Grande Scisma o Scisma d’Oriente la Chiesa cattolica si separò da quella di rito ortodosso. La prima propugnava il primato del vescovo di Roma in quanto successore dell’apostolo Pietro, la seconda si riteneva la continuatrice della tradizione delle prime comunità di cristiani. Storicamente il Grande Scisma viene fatto risalire al 1054, anno in cui papa Leone IX scomunicò il patriarca Michele I Cerulario. Quest’ultimo rispose scomunicando a sua volta il Papa. In realtà la divisione fu il frutto di un conflitto e di dispute che si andavano trascinando da parecchi anni.

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PAOLO RODARI, LA REPUBBLICA –
Francesco vuole l’unità dei cristiani. L’ha dimostrato il 13 marzo del 2013, il giorno dell’elezione, quando ha insistito sul suo essere «vescovo di Roma», titolo benvoluto in casa ortodossa. L’ha messo nero su bianco ieri, quando davanti a mille sacerdoti provenienti da novanta differenti Paesi dei cinque continenti riuniti a convegno nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, ha confermato la disponibilità della Chiesa cattolica a discutere la data della celebrazione della Pasqua perché cattolici e ortodossi celebrino la medesima domenica. La Chiesa cattolica, ha spiegato Francesco, «è disposta a rinunciare al primo solstizio, dopo la luna piena di marzo, per la data della Pasqua ». Anche perché, ha detto scherzosamente, se «un cattolico e un ortodosso si incontrano si chiedono: “Il tuo Cristo è risorto? Perché il mio risorge domenica prossima”».
Battute a parte, la notizia è di portata universale. Le abitudini di milioni di persone, infatti, cambierebbero se davvero Francesco arrivasse a un accordo con gli ortodossi inseguito da tempo, praticamente dai primi concili ecumenici. Per il Papa callejero l’annuncio trova motivi anche nel suo personale stile di governo. La Chiesa che egli persegue deve uscire dalle proprie certezze, sicurezze, dai perimetri del proprio uscio. Deve essere una Chiesa «in uscita » sia in senso geografico (ieri ha confermato un viaggio in Africa nel prossimo novembre) che ecumenico, nel rapporto con tutti gli altri cristiani. Un’azione, quest’ultima, che più di altri avvicina l’attuale vescovo di Roma al suo predecessore, Benedetto XVI, che il 29 maggio del 2005, circa un mese dopo la sua elezione, disse a Bari: «Vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo ».
Il dibattitto sulla data Pasqua esiste fin dalle origini del cristianesimo. Sia per gli ebrei sia per i cristiani la festività cade dopo la luna piena di primavera. Quindi essa è sempre compresa fra il 22 marzo e il 25 aprile. E non può che essere di domenica, giorno della Resurrezione di Gesù. Nel 525 Dionigi il Piccolo ricevette dal cancelliere papale l’incarico di elaborare un metodo matematico per prevedere la data in base alla regola adottata dal Concilio di Nicea. Trovò nel calendario giuliano, che vigeva all’epoca, che le date della Pasqua si ripetono ogni 532 anni, e compilò una tabella che conteneva l’elenco delle date lungo tutta la durata di tale ciclo. La tabella di Dionigi venne adottata ufficialmente dalla Chiesa cattolica fino alla riforma gregoriana del calendario nel 1582, mentre le Chiese ortodosse, che non hanno aderito alla riforma, la usano tuttora. Di qui le differenze. Il Concilio Vaticano II si disse disposto a tornare a una data comune. Ma l’accordo non si fece, anche se si ipotizzò la seconda domenica di aprile come data possibile, la stessa data ipotizzata ieri dal Papa.
Andare a tutti, dunque, a cominciare dai propri fratelli cristiani. Ma nelle sorprendenti parole di ieri di Francesco al clero riunito a Roma c’è anche dell’altro: «La Chiesa è donna, è sposa di Cristo, è madre del suo popolo di fedeli cristiani», ha detto il Papa, che ha sottolineato anche che «non è femminismo osservare che Maria è molto più importante degli apostoli ». Per Francesco il ruolo delle donne nella Chiesa non è secondario: «Non si può immaginare una Chiesa in cui le donne siano escluse», disse nel luglio 2013 tornando dal Brasile. «La Chiesa è femminile», disse il 24 settembre in un colloquio con Eugenio Scalfari.

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SILVIA RONCHEY, LA REPUBBLICA –
La strategia ecumenica di Bergoglio procede sempre più rapida, in una fitta successione di messaggi politici e slittamenti simbolici. La disponibilità o l’invito a stabilire una data fissa per la Pasqua, vincolata al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera ma calcolata diversamente dal calendario giuliano e da quello gregoriano, è un altro messaggio alla chiesa ortodossa di Mosca. Riallineare il calendario liturgico cristiano d’oriente e d’occidente è uno squadrare il foglio del dossier sull’ecumenismo, su cui il papa ha richiamato l’attenzione degli ortodossi di obbedienza russa tra le righe dell’omelia del 6 giugno a Sarajevo, definita la Gerusalemme d’occidente.
Il processo era iniziato nella Gerusalemme d’oriente, quasi esattamente un anno fa, quando dall’incontro con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I era emerso l’intento ufficiale di una celebrazione congiunta tra cattolici e ortodossi del concilio di Nicea del 325: il primo concilio ecumenico che diciassette secoli fa, al tempo di Costantino I, espresse il primo symbolum fidei. Da quella teologia trinitaria, precisata poi nel credo niceno—costantinopolitano del 381, la chiesa cattolica si staccò nel corso del medioevo formulando, sulla dottrina della processione dello Spirito Santo, la variante del Filioque, che fornirà la piattaforma dogmatica dello scisma del 1054, tuttora insanato nonostante la provvisoria unione “in effigie” del concilio di Ferrara—Firenze del 1438—39.
È questa anche l’interfaccia religiosa del dialogo col Cremlino, cui Bergoglio, nell’udienza concessa a Putin il 10 giugno, ha mostrato di non voler rinunciare. Se nella strategia del papa l’accordo interconfessionale tra i cristiani è la priorità nella “terza guerra mondiale combattuta a pezzi”, la parte più difficile del suo lavoro è neutralizzare con abili mosse le diffidenze interne a entrambe le chiese. Se l’apertura di Francesco a Putin ha incontrato, oltre a quelle degli stati occidentali, le pressioni contrarie degli uniati di Kiev, all’interno del fronte ortodosso l’equilibrio da stabilire è tra chiesa russa e patriarcato ecumenico. In questa luce vanno lette le parole augurali sul prossimo sinodo panortodosso. La visita più attesa ora è quella dell’inviato del soglio di Costantinopoli, Ioannis Zizoulas, metropolita di Pergamo e massimo teologo ortodosso vivente, che presenterà a Roma il 18 giugno l’enciclica di Francesco sull’ambiente, un inchino papale alla visione proposta da decenni dal patriarca Bartolomeo, sempre più distante dal tradizionalismo di Mosca.

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SERENA SANTINI, IL GIORNALE -
Il dialogo ecumenico, il ruolo della donna nella Chiesa, l’Enciclica «verde» che sarà diffusa il 18 giugno, un viaggio nella Repubblica Centrafricana e in Uganda. C’è tutto questo nel discorso che il Papa ha tenuto nella Basilica di San Giovanni in Laterano, davanti a oltre mille sacerdoti provenienti da 90 Paesi dei cinque continenti e riuniti a Roma per il terzo «ritiro mondiale dei sacerdoti».
A colpire, nella lunga meditazione tenuta a braccio (e in spagnolo) dal Pontefice, è soprattutto la mano tesa agli ortodossi e una proposta che potrebbe diventare storica: Bergoglio ha infatti annunciato la disponibilità della Chiesa cattolica a stabilire una data fissa sulla Pasqua, per festeggiarla tutti insieme: cattolici, ortodossi e protestanti.
Il Papa preme così sull’acceleratore in tema di ecumenismo, sottolineando i «rapporti molto buoni» con il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. «La Chiesa Cattolica è disponibile a rinunciare alla data determinata per la domenica di Pasqua dal primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera - ha annunciato Francesco -. Dobbiamo metterci d’accordo e la Chiesa Cattolica è disposta sin dai tempi di Paolo VI a fissare una data e rinunciare al primo solstizio dopo la luna piena di marzo».
Fino a questo momento, infatti, la Pasqua ortodossa differiva da quella cattolica perché veniva celebrata una settimana o quindici giorni dopo. A volte coincidevano ma non per una decisa volontà. «Sarà il sinodo panortodosso indetto per il 2016 dal Patriarca Bartolomeo a discutere della proposta - riferiscono al Giornale fonti del Patriarcato di Costantinopoli -. In quell’occasione si riuniranno tutti i patriarchi. Bartolomeo I si è detto favorevole alla proposta di una data fissa tanto che la Chiesa di Costantinopoli, insieme a quella greca, è l’unica che festeggia il Natale il 25 dicembre come Roma, contrariamente a quanto avviene per la Chiesa ortodossa russa che festeggia il giorno dell’Epifania».
Era stato già Paolo VI a offrire la disponibilità della Chiesa cattolica a fissare una data unica per la Pasqua. Ma i tempi non erano ancora maturi. Ora, con Papa Francesco, il Patriarca Bartolomeo I e il Patriarca di Mosca Kirill, le cose sembrano diverse: rapporti migliori e sempre più forti fra le Chiese cristiane.
Bergoglio si è poi soffermato sul ruolo delle donne nella Chiesa. «La Chiesa è donna - ha detto - è sposa di Cristo, è madre del suo popolo di fedeli cristiani». E ha ribadito che «non è femminismo osservare che Maria è molto più importante degli apostoli. Sono contento che qui in prima fila ci siano le donne, perché anche le donne ricevono lo Spirito Santo - ha proseguito il Pontefice - il genio femminile nella Chiesa è una grazia, la Chiesa è donna, è “la” Chiesa, non “il” Chiesa». Un discorso che ha rimandato subito alla memoria quello tenuto da Giovanni Paolo I quando aveva affermato che «Dio è mamma».

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MAURIZIO CAVERZAN, IL GIORNALE -
«La Chiesa è disposta a stabilire una data fissa per la Pasqua», annuncia Papa Francesco. Lo scopo è far sì che la più importante festa della cristianità possa essere celebrata nello stesso giorno da cattolici, ortodossi e protestanti in tutto il mondo. Non ci sono implicazioni particolari e conseguenze sul calendario liturgico. Il calcolo della data della Pasqua è stato fissato dal Concilio di Nicea nel 325. La festa per la Resurrezione di Gesù si celebra la domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera (il 21 marzo). Per cattolici e protestanti il calcolo avviene in base al calendario gregoriano, mentre gli ortodossi seguono quello giuliano. Così, spesso, il giorno della Resurrezione di Cristo non coincide. La disponibilità a unificare la Pasqua dichiarata ieri dal pontefice non risponde a una qualche strategia ecumenica, quanto alla volontà di venire incontro alle esigenze concrete dei fedeli. Francesco vuole facilitare l’unità e abbattere inutili barriere.
Nel nostro Paese questa asincronia liturgica non è particolarmente avvertita. Nei Paesi orientali, invece, dove cattolici, ortodossi e protestanti vivono fianco a fianco, celebrare in giorni diversi la più grande festa cristiana provoca non pochi disagi. Già al ritorno dal viaggio in Turchia, nel novembre scorso, Bergoglio aveva fatto un accenno a questa possibilità. Ieri, parlando dei buoni rapporti con il patriarca Kirill di Mosca e soprattutto con Bartolomeo di Costantinopoli, che ha rivelato di aver invitato a Roma per presentare la prossima enciclica sul rispetto del creato, Francesco ha citato anche l’orientamento già espresso da Paolo VI: «Dobbiamo metterci d’accordo e la Chiesa cattolica è disposta sin dai tempi di Paolo VI a fissare una data e rinunciare al primo solstizio dopo la luna piena di marzo». Del resto, se si fa eccezione per i gruppi ortodossi slavi, le tre confessioni festeggiano nello stesso giorno già il Natale. Dunque...

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GIACOMO GALEAZZI, LA STAMPA – 
«Una data fissa per celebrare la Pasqua nello stesso giorno a Roma, Costantinopoli e Mosca». Il segnale ecumenico assume la cordialità di una battuta durante la meditazione nella basilica di San Giovanni in Laterano, in occasione del raduno mondiale dei sacerdoti. «Un cattolico e un ortodosso si incontrano e si chiedono: «Il tuo Cristo è risorto?». «Sì». «Invece il mio risorge domenica prossima», racconta il Papa mentre esprime la propria disponibilità a mettere in discussione la data della Pasqua per uniformare la celebrazione con gli ortodossi, che la calcolano in base ad un altro calendario. Una mano tesa verso est. Oltre ogni muro.
Francesco è pronto a discutere la data della celebrazione della Pasqua affinché cattolici e ortodossi celebrino la stessa domenica sulle orme di Paolo VI. Un segno di avvicinamento tra «fratelli separati». A motivo dei differenti metodi di calcolo basato sulle fasi lunari ci possono essere variazioni che vanno da una settimana a un mese. E a volte le date coincidono. La Chiesa cattolica, precisa il Pontefice, «è disposta a rinunciare al primo solstizio, dopo la luna piena di marzo, per la data della Pasqua». Adesso la palla è nel campo del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, e di quello di Mosca, Kirill. L’obiettivo di Francesco è accordarsi per fissare una data unica così «cattolici, ortodossi e protestanti potrebbero festeggiare nello stesso giorno». Fino ad oggi la Pasqua è stata una festività mobile, legata al ciclo lunare in base alle regole stabilite dal Concilio di Nicea nel 325. La data è calcolata dagli ortodossi utilizzando il calendario giuliano, quello scelto da Giulio Cesare nel 46 a.C. come calendario ufficiale di Roma e di tutto l’Impero. Invece la Pasqua di cattolici e protestanti si regola sul calendario gregoriano: papa Gregorio XIII nel 1582 regolò i difetti di quello giuliano. Secoli di incomprensioni.
Francesco ha rivelato che aveva invitato il patriarca di Costantinopoli, pioniere dell’ecumenismo ecologico, a presentare, il 18 giugno, la sua seconda enciclica dedicata all’ambiente. «Siamo amici - ha spiegato - lui aveva un impegno, ma mi ha mandato l’arcivescovo di Pergamo Zizoulas, così l’enciclica sarà presentata anche da uno dei più grandi teologi ortodossi». Poi un passaggio importante sulla donna: «Il genio femminile è una grazia, la Chiesa è donna e Maria è molto più importante degli apostoli. La Chiesa è madre del santo popolo fedele di Dio». Testimonianza di misericordia a ridosso del Giubileo.


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FRANCO GARELLI, LA STAMPA -
Possono essere molte le ragioni sottese alla rivoluzionaria proposta di Francesco di stabilire una data fissa per celebrare la risurrezione di Cristo, in modo che ogni anno, nello stesso giorno, tutti i cristiani – cattolici, ortodossi o protestanti – vivano insieme la Pasqua.
La prima è dare un segno di concretezza ad una istanza ecumenica che da tempo fatica ad andare oltre le buone intenzioni, dal momento che si scontra con differenze teologiche e di tradizione cristallizzate nel corso della storia e che persistono anche nell’epoca attuale. Come si sa, per il mondo cattolico la Pasqua è una festa mobile, e la sua data cambia di anno in anno, in quanto connessa al ciclo lunare. La Pasqua si celebra la domenica successiva alla prima luna di primavera, e viene sempre compresa nel periodo tra il 22 marzo e il 25 aprile. Gli ortodossi invece seguono il calendario giuliano, che prevede la ricorrenza della Pasqua in una data diversa da quella celebrata in Occidente. Si tratta di opzioni e di tradizioni differenti che al mondo secolarizzato di oggi possono apparire poco rilevanti, ma che invece per il popolo dei fedeli e per i cultori della tradizione mantengono un forte valore identitario. In altri termini, dietro le diverse sequenze del calendario vi è l’affermazione di specifiche identità confessionali, che si sono delineate nel tempo e impediscono il dialogo e la convergenza tra quanti professano l’unica fede in Gesù Cristo. Di qui la mano tesa del Papa soprattutto nei confronti delle Chiese ortodosse, con la disponibilità a trovare una data comune, in modo che a Roma, a Costantinopoli e a Mosca venga celebrata la Pasqua ogni anno nello stesso giorno. Ciò per evitare, nelle parole di Francesco, che i cattolici e gli ortodossi celebrino la Pasqua in giorni diversi; che gli uni festeggino la più grande festa dei cristiani quando gli altri ritengono che il Signore non sia ancora risorto.
Ma oltre ad essere dettata da ragioni ecumeniche, questa apertura del Pontefice sembra far parte della grande attenzione che Francesco riserva a ciò che accade a livello religioso e politico nel Medio Oriente e nell’Est europeo. E’ grande la preoccupazione del Papa non soltanto per le sorti delle comunità cristiane in Paesi e in territori in cui l’islam è fortemente maggioritario e in cui esse hanno problemi di sopravvivenza fisica; ma anche per il ruolo che le chiese ortodosse possono avere in nazioni (come la Russia e l’Ucraina) che sono al centro di conflitti identitari ed etnici. Di qui, l’attenzione - che oggi si arricchisce di un nuovo gesto - nei confronti del Patriarcato di Mosca e delle Chiese ad esso collegate perché venga ribadita la comune radice cristiana, al fine di rafforzare l’azione di pace e di riconciliazione in terre ricche di contrapposizioni. Ciò vale soprattutto per l’Ucraina, dove la confessione maggioritaria (la chiesa ortodossa cattolica) è chiamata dal Pontefice a svolgere un ruolo di maggior mediazione politica grazie alla sua duplice identità «ortodossa» e «cattolica».
Come sempre dunque in questo pontificato, un gesto religioso (come appunto la proposta di una data fissa per la Pasqua per tutti i cristiani) ha anche una forte valenza geo-politica.

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ANDREA TORNIELLI, LA STAMPA –
«Sarebbe bellissimo... la gente, tanti semplici fedeli, non capisce come sia possibile che per una Chiesa Gesù risorga quella domenica, per un’altra Chiesa una settimana dopo o addirittura un mese dopo!». Boutros Fahim Awad Hanna, 53 anni, è vescovo copto cattolico di Minya, in Egitto. Le Chiese copte, quella guidata da papa Tawadros II e quella cattolica in comunione con Roma, già festeggiano la Pasqua lo stesso giorno.
«Quando Tawadros II ha incontrato Francesco, due anni fa - spiega a La Stampa il vescovo egiziano - hanno parlato anche di questo. E Tawadros ha più volte ribadito pubblicamente, l’ultima volta ancora a Pasqua di quest’anno, l’importanza di celebrare nello stesso giorno la resurrezione di Gesù».
Il vescovo spiega che celebrare in un’unica data la festa più importante per la fede cristiana «sarebbe bellissimo, un segno visibile, tangibile, per i fedeli e per tutti. Le persone ci chiedono: “Quando è morto il vostro Cristo? E quando risorge?”. Questo è particolarmente sentito nei Paesi orientali dove si trovano tanti cristiani di diversi riti».
Papa Francesco, nel novembre scorso, di ritorno dal viaggio in Turchia, aveva raccontato un esempio da lui vissuto in prima persona. «L’ho sentito una volta a tavola, in via della Scrofa. Si preparava la Pasqua nella Chiesa cattolica e c’era un orientale cattolico che diceva: “Ah no, il nostro Cristo risuscita un mese dopo! Il tuo Cristo risuscita oggi?”. E l’altro: “Il tuo Cristo è il mio Cristo”».
A volte capita che le date del mondo cattolico che la date coincidano. «È una festa più grande - spiega il vescovo Boutros Fahim Awad Hanna - anche perché ci sono differenze nel modo di calcolare la data all’interno delle stesse Chiese ortodosse, ad esempio tra i siriani e i greci. Un’unica data è il desiderio dei fedeli, il desiderio dei cristiani in ogni parte del mondo. C’è stato persino un vescovo ortodosso che durante un incontro pubblico ha gridato: “Quando capiranno i nostri capi che dobbiamo celebrare la Pasqua lo stesso giorno?”».
La discussione è aperta da decenni. Francesco, sul volo di ritorno da Istanbul, aveva accennato a una proposta avanzata a suo tempo già da Paolo VI, spiegando che se si continua a celebrare la Pasqua «nella data della prima luna dopo il 14 Nisan» si rischia, andando avanti con gli anni che i «nostri pronipoti» la celebrino «in agosto!». «Il beato Paolo VI - spiegava il Papa - ha proposto una data fissa, una domenica di aprile, concordata». Francesco aveva ammesso che c’erano delle resistenze interne alle Chiesa e aveva ricordato, elogiandolo, il coraggio del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, il quale, nel caso della piccola comunità ortodossa della Finlandia, aveva detto: «Festeggiate la Pasqua con i luterani, nella data dei luterani». Perché in un Paese di minoranza cristiana non ci fossero due Pasque.

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GIANNI CARDINALE, AVVENIRE –
Papa Francesco ha dedicato ieri circa tre ore ai partecipanti al terzo Ritiro Mondiale dei Sacerdoti, promosso dai Servizi al Rinnovamento Carismatico Internazionale e dalla Catholic Fraternity. Nella Basilica San Giovanni in Laterano ha presieduto la messa e prima ha svolto una meditazione per poi rispondere a cinque domande. Con riflessioni ricche di spunti, suggerimenti, indicazioni. Ecco una antologia.

Necessaria prossimità vescovi-preti
«Mi rallegra vedere i vescovi uniti a sacerdoti, è una delle cose più importanti di una Chiesa particolare: il vescovo è unito al sacerdote, è prossimo, anche quando discutano, ma il vescovo non pone una distanza principesca col sacerdote». «Ai preti – ha proseguito – piace parlare male del vescovo, ma se dice qualcosa che al vescovo glielo deve dire da uomo, e se il vescovo deve dire qualcosa al prete lo deve fare da uomo, da padre». E dopo aver ricordato le discussioni nella Chiesa primitiva, ha commentato: «Una Chiesa che non discute è morta».

Il genio femminile è una grazia
«Il genio femminile nella Chiesa è una grazia. La Chiesa è donna; è ’la’ Chiesa, non ’il’ Chiesa, è la sposa di Cristo, è la madre del santo popolo fedele di Dio», ha spiegato il Pontefice. Il giorno della Pentecoste, ha ricordato, «le donne erano lì insieme agli apostoli». E le donne, ha aggiunto, sono «immagine della Chiesa e della madre Maria». Così «non è femminismo osservare che Maria è molto più importante degli Apostoli».

Abbiate pietà, omelie brevi
«Abbiate pietà del popolo fedele», ha chiesto il Papa auspicando che i sacerdoti tengano «omelie brevi, che tocchino il cuore dei fedeli» e che propongano «un’idea, un’immagine, un sentimento». Nell’omelia, poi, «non deve dire quello che si deve e non si deve fare: questa non è un’omelia, questo è moralismo».

Misericordia in confessionale
«Per favore, una Chiesa senza misericordia no, non spaventate il popolo fedele». Ha detto il Papa raccontando del rifiuto, da un prete a Buenos Aires, del battesimo al figlio di una ragazza madre. «Ma come, questa povera ragazza ha avuto il coraggio di far nascere un bimbo da sola, e la Chiesa le nega il battesimo? Ma chi siamo noi? Siamo dei puritani?». «Quando siete in confessionale – ha aggiunto – non abbiate paura di perdonare troppo». «Ad impossibilia nemo tenetur (nessuno è tenuto all’impossibile, ndr) », ha quindi osservato il Papa, esortando i sacerdoti a apprezzare la volontà di chi va a confessarsi: «già» quel «gesto» «è richiesta di pentimento».

Lo scandalo della disunione
«C’è un problema che è uno scandalo: la divisione dei cristiani. L’ecumenismo non è un compito in più, è un mandato di Gesù», ha spiegato il Papa raccontando che nel pomeriggio stava «preparando il discorso» che dovrà fare la prossima settimana su Giovanni Hus, riformatore boemo morto sul rogo, ed ha sottolineato che se «ci scandalizziamo perché hanno bruciato persone vive in una gabbia, anche noi abbiamo fatto questo: abbiamo ferito santa madre Chiesa e la nostra coscienza, dovremmo chiedere perdono per la storia della nostra famiglia per ogni volta che abbiamo ucciso nel nome di Dio», come ad esempio avvenuto durante «la guerra dei trent’anni».

Il clericalismo è come un tango...
«Lasciate lavorare i laici in pace, non clericalizzateli », ha esortato il Papa, perché «il clericalismo è un peccato che frena la libertà della chiesa». «Il clericalismo – ha aggiunto – è come il tango - si balla in due: il sacerdote a cui piace clericalizzare il laico che chiede di essere clericalizzato».

Testimonianza, non proselitismo
«In tante società, il secolarismo vuole rendere la Chiesa irrilevante, come se la religione fosse una sub-cultura». Ha osservato il Papa, domandandosi: Come reagire all’avanzare di questo secolarismo? «Non facendo proselitismo, ma dando testimonianza ». «Il proselitismo – ha spiegato – è la caricatura dell’evangelizzazione. La Chiesa, come ricordava Benedetto XVI, non cresce per proselitismo ma per attrazione, attraverso la testimonianza e il linguaggio delle opere, che provochino la curiosità di chi è fuori dalla Chiesa e che smuova i cuori».

La povertà sfida la Chiesa
Il Papa ha parlato di come la povertà sfidi la Chiesa e il popolo sia disposto a perdonare un prete «per una caduta affettiva o se beve un po’ troppo», ma «non ci perdonano quando siamo legati ai soldi e al potere».

I rapporti con gli ortodossi
Ricordando che «le grandi capitali d’Europa, a un certo momento della storia, erano Roma, Costantinopoli e Mosca’, il Papa ha sottolineato che «siamo arrivati a litigare tra di noi» e, ad esempio, «non sono stati i luterani che hanno saccheggiato Costantinopoli, siamo stati noi...». Il papa ha comunque sottolineato che oggi con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo c’è un rapporto «molto bello», «ci trattiamo come fratelli, anzi di più: l’ho invitato a presentare l’enciclica il 18 sull’ambiente, non può venire ma manderà il migliore teologo, l’arcivescovo di Pergamo Giovanni Zizioulas». «Inoltre – ha proseguito – nell’enciclica dedico due paragrafi al patriarca Bartolomeo come grande difensore della creazione». Con la Chiesa russa ortodossa, ha quindi spiegato il Papa, «varie volte abbiamo avuto comunicazioni con il patriarca Kirill attraverso il suo vescovo incaricato delle relazioni con gli altri cristiani». Il Papa ha valutato poi positivamente il fatto che «con gli ortodossi abbiamo la difesa dei valori cristiani fondamentali, siamo nella stessa lotta».

Una data comune per celebrare Pasqua
Il Papa ha ribadito che e la Chiesa cattolica è disposta sin dai tempi di Paolo VI a fissare una data comune con gli ortodossi per celebrare la Pasqua.

Viaggio in Africa a novembre
Papa Bergoglio ha confermato che per il viaggio in Africa punta sul mese di novembre e ha rivelato che oltre a Uganda e Repubblica Centrafricana si sta studiando, ma è solo una «possibilità», di aggiungere una tappa in Kenya.

Asia futuro della Chiesa
«Il futuro della Chiesa è in Asia», ha detto Bergoglio, «si potrebbe dire guardando all’oriente: ex oriente lux, ex occidente luxus». «È chiaro – ha proseguito il Pontefice – che la decadenza occidentale, nel consumismo, nell’edonismo, sta deteriorando e provocando la decadenza dell’occidente», mentre «l’Asia ha riserve spirituali». Il Papa ha fatto cenno al «fondamentalismo» tipico di «alcune zone del Pakistan dove sono stati bruciati vivi alcuni cristiani che portavano il Vangelo». «Ci sono questi problemi, – ha concluso – ma l’Asia è una promessa, un futuro, così piena di riserve spirituali».

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FRANCA GIANSOLDATI, IL MESSAGGERO –
L’anno scorso Papa Bergoglio, tornando dalla Turchia, reduce da un lungo colloquio con il Patriarca di Costantinopoli, scherzava in volo su uno dei segni più eloquenti delle divisioni dei cristiani: il giorno di Pasqua. «Pensate che non riusciamo a metterci d’accordo nemmeno sulla data della Pasqua, per festeggiare assieme il Cristo risorto. Il tuo Cristo quando risorge? Il mio la prossima settimana. E il tuo?». E’ dal 1054, data del grande scisma, che ogni confessione la festeggia a seconda del proprio calendario liturgico. Un puzzle.
IL METROPOLITA HILARION
Poche settimane prima del viaggio in Turchia Francesco ne aveva parlato anche con il metropolita Hilarion, un emissario inviato a Roma dal Patriarca di Mosca, Kyrill. Il dialogo naturalmente è andato avanti dietro le quinte, facilitato dalla battaglia comune per la difesa dei cristiani, dall’ecumenismo del sangue (i martiri perseguitati dall’Isis), e dalla tutela per il creato, altra campagna spirituale che vede dalla stessa parte le confessioni cristiane. Bergoglio ha continuato a lanciare messaggi a Istanbul, ad Atene e a Mosca. Ieri pomeriggio, parlando ai sacerdoti della diocesi di Roma, rispondendo alle loro domande nella basilica di San Giovanni, ha avanzato una proposta importante, benché ancora tutta da definire nei dettagli, ma ugualmente storica: «La Chiesa è disposta a stabilire una data fissa e a rinunciare alla data determinata per la domenica di Pasqua dal primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera».
La speranza è che l’idea possa venire accolta. Ma quali sono i principali ostacoli? Sempre sull’ereo che lo riportava a Roma, Bergoglio confidava che la parte più estrema dell’ortodossia, i teologi più inflessibili e duri, come quelli che, per esempio, che vivono sul Monte Athos, in Grecia, restano irremovibili. «Ma con questi gruppi di conservatori dobbiamo essere rispettosi e non stancarci di dialogare». La data unica della Pasqua è sempre stata un miraggio e va avanti da 50 anni. Era il sogno nel cassetto di Paolo VI, già ai tempi dello storico abbraccio con Atenagora a Gerusalemme. Entrambi sognavano lo stesso giorno per festeggiare assieme la Resurrezione, ma esistevano ancora troppe distanze, troppe diffidenze. Ci provò anche Giovanni Paolo II, e poi ancora Benedetto XVI ma senza troppo successo. Nel frattempo Bergoglio ha rivelato di avere invitato a Roma il patriarca di Costantinopoli, e pioniere dell’ecumenismo ecologico, Bartolomeo, a presentare, il 18 giugno, la sua seconda enciclica, dedicata all’ambiente. «Siamo amici, lui non poteva venire, ma mi ha mandato l’arcivescovo di Pergamo Zizoulas, uno dei più grandi teologi ortodossi». Un segnale di apertura non indifferente. Poi ha augurato il successo dell’imminente «sinodo panortodosso». Ovviamente se mai ci sarà, perché gli attriti tra Mosca Costantinopoli non accennano a diminuire.
LA FIGURA FEMMINILE
Sempre in San Giovanni Bergoglio ha parlato della figura femminile: «Sono contento che qui in prima fila ci siano le donne, perché la Chiesa è donna, è la Chiesa, non il Chiesa, è sposa di Cristo, è madre del santo popolo fedele di Dio. Le donne qui sono immagine e figura della Chiesa della madre, esprimono in modo speciale la collaborazione». E ai «reclami femministi» il Papa risponde: «Maria è molto più importante degli apostoli».
Franca Giansoldati