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 2015  giugno 12 Venerdì calendario

IL PALADINO DEI DIRITTI UMANI ORA È UN SINDACO ANTISLAMICO


[Robert Ménard]

BÉZIERS. Era il paladino della sinistra dei Lumi e della Francia patria dei diritti umani.
Robert Ménard aveva fondato (nel 1985) Réporters sans frontières, una Ong che si spendeva per la liberazione dei giornalisti fatti prigionieri e trasformati in ostaggi, non esitando a criticare i regimi oscurantisti che calpestavano la libertà d’espressione.
Il piccolo Voltaire, oggi, dalla poltrona di sindaco della cittadina di Béziers, toma a far parlare di sé. In spregio alla Costituzione che vieta di effettuare statistiche su parametri etnici e religiosi, ha deciso di «schedare» i bambini delle scuole proprio in base alla loro presunta appartenenza religiosa. Intende mostrare quanto siano numerosi i musulmani in città (i bambini secondo lui sarebbero il 64,6%) e quanto costino all’amministrazione. «In tre anni» ha spiegato «abbiamo dovuto aprire 28 nuove classi, un costo non trascurabile. Qui la maggior parte dei residenti non paga le tasse perché ha un reddito troppo basso e intanto lo Stato centrale taglia i finanziamenti».
Ménard è sindaco dalla scorsa primavera. È stato eletto con l’appoggio del Fronte Nazionale di Marine Le Pen che, oltre a cacciare il vecchio genitore Jean Marie ormai impresentabile perché negazionista e antisemita, è riuscita ad associare al nuovo corso del partito alcuni nomi noti del mondo televisivo e mediatico. Nato ad Orano in Algeria, Ménard è figlio di una coppia di coloni pied noirs costretti a lasciare il Paese nordafricano dopo l’indipendenza. In gioventù aveva frequentato gli ambienti di estrema sinistra per poi approdare al Partito Socialista.
A Réporters sans frontières i suoi vecchi compagni ricordano la sua strabordante energia e la sua capacità di tessere legami con l’establishment senza badare troppo ad eventuali conflitti d’interessi. «Era una sorta di Bernard Kouchner (fondatore di Medici senza frontiere) low cost» sintetizza con una certa perfidia un’ex collega. La campagna che rese RSF universalmente nota fu il boicottaggio dei Giochi Olimpici di Pechino 2008. Ménard si era recato ad Olimpia per disturbare la corsa dei tedofori che trasportavano la fiamma olimpica. Poi, non sazio, si era arrampicato sulle guglie di Notre Dame per srotolare uno striscione contro il regime cinese. Dopo aver lasciato l’organizzazione era diventato un ospite fisso dei salotti televisivi. Si dice che la sua metamorfosi sia stata influenzata dalla moglie cattolica integralista legata all’Opus Dei e al movimento Civitas quello che contestò in maniera eclatante, qualche anno fa, lo spettacolo Sul concetto di volto del figlio di Dio presentato da Romeo Castellucci al Theatre de la Ville di Parigi e che ha provato ad egemonizzare le manifestazioni contro il matrimonio omosessuale.
Insieme la coppia ha dato alle stampe nel 2013 Vive le Pen! un libello succinto e privo di chiaroscuri equiparato dagli autori a «uno schiaffo in faccia a quel mondo dei media che si prostra davanti ai potenti di turno e come una muta parte a caccia di tutto ciò a cui può dare del fascista e del petainista». Il suo j’accuse sembrava più che altro un dejà vu. Lanciare strali contro l’establishment culturale parigino e contro gli intellettuali politicamente corretti che sposando il multiculturalismo mettono in pericolo i valori immutabili della Francia profonda è uno sport che conta ormai un nutrito stuolo di adepti. L’ultimo romanzo di Houellebecq, Sottomissione, dà forma a questa idea del «declino» prospettando un imminente scontro finale tra civiltà e l’avvento al potere della Fratellanza musulmana capace di sfruttare la mano tesa da una sinistra ipocrita, miope e «buonista».
La parabola di Ménard ricalca perfettamente l’air du temps. Lui non è un intellettuale, non scrive romanzi. «È un uomo che ha sempre privilegiato l’azione alla parola. L’azione vera, utile, urgente» scriveva con toni elegiaci un anno fa sulle colonne di Le Figaro il suo amico Philippe Bilger, indignato dalle critiche «preventive» che avevano accolto la sua candidatura a sindaco. I provvedimenti presi dall’amministrazione hanno confermato il suo attivismo oltre che uno spiccato senso della comunicazione. Il budget destinato a questa voce di spesa sarebbe stato moltiplicato per quattro. In città tutti ricordano i cartelloni giganti piazzati un po’ ovunque per pubblicizzare le armi assegnate alla polizia municipale. In bella mostra c’era una pistola 7,65. E lo slogan era: «Ormai i poliziotti hanno un nuovo amico». Poi si sono succeduti i divieti di sputare per terra, di stendere i panni alle finestre che danno sulla strada, di installare parabole sul terrazzo. La soppressione dell’ora di accoglienza sorvegliata per i bambini figli di disoccupati e il coprifuoco per i minori di 13 anni dalle 23 alle 6 del mattino.
Didier Daeninckx, autore di noir a sfondo politico, ha dato alle stampe, a fine 2014, Retour a Béziers, un romanzo-inchiesta che lo ha portato ad un’immersione full time nella città proprio nei giorni in cui Ménard era in campagna elettorale. Il quotidiano Le Monde qualche giorno fa, dopo il clamore che ha assunto la «schedatura» degli alunni, lo ha intervistato. «Ménard» afferma lo scrittore Didier Daeninckx «utilizza la semantica classica dell’estrema destra. Occulta i problemi sociali e nasconde la mancanza di proposte politiche moltiplicando le prese di posizione sulle questioni etniche e simboliche. Ma dietro a questo c’è il nulla».
Béziers, antico bastione socialista, prima di finire in mano all’estrema destra era stata governata per 19 anni dall’UMP di Sarkozy «il vero responsabile del disastro sociale in atto» secondo lo scrittore. Un tasso di disoccupazione record. Un centro città lasciato all’abbandono. Le piccole attività commerciali che chiudono e qualche grande ipermercato che si insedia nella prima periferia accanto ai quartieri ghetto. Sébastien Calvet, il fotografo che ha lavorato al libro con Daeninckx dice che «un vuoto si è imposto al centro delle inquadrature. Béziers non è che l’epifenomeno di un modo di organizzare le città. I segni della devitalizzazione e della mancanza di prospettive saltano subito agli occhi. Abbandonata dai politici Bézier era una città da conquistare».
Ménard ha sicuramente sentito parlare del reportage che Fox News ha realizzato nelle banlieues francesi all’indomani degli attentati del 6 gennaio. L’inviato del canale neocon statunitense aveva lanciato l’allarme: interi quartieri sarebbero in mano ai fondamentalisti islamici che vi avrebbero imposto la sharia e il racket della droga. Béziers, 70 mila abitanti, una delle dieci città più povere di Francia e con il 33 per cento della popolazione sotto la soglia di povertà in questa categoria narrativa rientrerebbe di diritto. Un posto perfetto per chi, come Ménard, sogna di rimettere indietro le lancette del tempo e lanciare una crociata contro i nuovi mori e i nuovi poveri che bivaccano sotto il suo davanzale.