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 2015  giugno 12 Venerdì calendario

LO STRANO DESTINO DELLE OTTIME IDEE SEPOLTE E RISCOPERTE


È successo anche ad Einstein di essere dimenticato. O meglio, è successo a una sua idea. Come capita a tante. Idee scritte e poi abbandonate, lasciate a dormire per decenni. Sepolte nella carta degli archivi. Fino a quando, d’un tratto, qualcuno le ritrova e le risveglia. Le cita nei propri articoli, che a loro volta vengono citati da altri. Così queste idee tornano a circolare. Diventano utili, come è successo alla formula per costruire un nuovo materiale. Si tratta delle Sleeping Beauties, Belle Addormentate, secondo la definizione usata dalla bibliometria, che analizza la distribuzione delle pubblicazioni scientifiche e quindi il loro impatto sulle comunità di scienziati.
Alle Belle Addormentate hanno dedicato un articolo sulla rivista Pnas (Defining and identifying Sleeping Beauties in Science, Definire e identificare le Belle Addormentate nella scienza) il fisico romano Alessandro Flammini, da dieci anni all’Indiana University, e i suoi colleghi (americani quanto lui, lo si capisce dai nomi: Filippo Radicchi, Emilio Ferrara e Qing Ke). Di solito Flammini e colleghi si occupano dei social network e dei percorsi dell’informazione di massa dei nostri miliardi di tweet. Ma con le idee della scienza le cose non vanno in modo tanto diverso. Dopo che qualcuno le pubblica, in genere succede che a un certo punto qualcun altro le citi: cominciano a fare bibliografia e hanno un certo successo. Quando il «certo punto» è molto lontano dalla pubblicazione e quando il «certo successo» è importante (cioè quando le citazioni sono tante), ecco una Sleeping Beauty.
«Attenzione» precisa Flammini «qualsiasi idea, anche se destinata a diventare vittoriosa, ha spesso un periodo di sonno iniziale. E qualsiasi idea alla lunga muore. O perché viene superata, o perché diventa così normale che nessuno sente più il bisogno di citarla». Insomma: i percorsi della scienza e della cultura sono accidentati, e sono fatti di idee che nascono, a volte si consolidano, muoiono o diventano parte del nostro patrimonio comune. Ma le Belle Addormentate, per il loro lungo sonno prima di essere riscoperte, sono deviazioni significative dalla norma. Ed «è importante studiarle perché, per esempio, possono insegnarci come riconoscere su che cosa valga la pena investire e quando». Perciò Flammini e colleghi hanno preso due immensi database di articoli (di scienza e di discipline umanistiche) scritti dal 1896 al 2011, cioè circa ventitré milioni di pubblicazioni, e ne hanno analizzato le reti di citazioni. Da questo è nato il loro articolo.
A leggerlo si scopre che le Belle Addormentate sono personaggi assai curiosi. Qualcuna ha genitori importanti. Come l’idea di Einstein e dei colleghi Boris Podolsky e Nathan Rosen, che per cinquant’anni ha dormito tra le pagine della rivista di fisica Physical Review, troppo difficile e troppo anticonformista per non addormentarsi. «È la più famosa del reame. Einstein scrisse nel 1935 un articolo per contestare la meccanica quantistica. Ma questa era già dominante e, soprattutto, Einstein usava un esperimento mentale che, allora, non poteva essere messo alla prova». L’articolo si intitolava La descrizione quantistica della realtà fisica può ritenersi completa? E mostrava che paradossalmente l’informazione avrebbe potuto viaggiare istantaneamente violando il limite della velocità della luce. Pochi mesi dopo Niels Bohr rispose con un controarticolo, pubblicato con lo stesso titolo e sulla stessa rivista, che a lungo chiuse la questione. Finché, mezzo secolo dopo, il fisico francese Alain Aspect riuscì a mettere alla prova l’idea di Einstein e a far riaprire il dibattito. E così le citazioni dell’articolo del 1935 tornarono a crescere. Questa Bella Addormentata mostra una cosa importante. Nel 1935 Einstein era già premio Nobel ed era uno degli scienziati più conosciuti del mondo, eppure, se un’idea è in anticipo sui tempi, non può far altro che addormentarsi. Sperando che prima o poi qualcuno le risvegli.
È successa una cosa analoga a un articolo sulla preparazione dell’ossido di grafite. È il cosiddetto metodo di Hummers, presentato nel 1958 sul Journal of the American Chemical Society, e riscoperto nel 2007. Perché dall’ossido di grafite (oggi lo sappiamo!) si può ottenere il grafene, materiale adesso allo studio per numerose applicazioni industriali.
Altri casi di Belle Addormentate non si riescono invece a spiegare: «C’è per esempio un’oscura abilitazione all’insegnamento scritta in tedesco nel 1906 e risvegliata nel 2002. È stata molto citata ma non sappiamo cosa sia, perché non siamo neppure riusciti a trovarla in rete». Cioè: di questo studio si sa solo il titolo e niente più. Perciò il sospetto è che sia stato citato la prima volta da qualcuno che magari ne ha davvero avuto tra le mani una copia di carta, e che altri l’abbiano messo in seguito nella bibliografia dei propri lavori senza leggerlo, forse perché avere riferimenti antichi fa fare bella figura.
Ci sono poi dei record di durata del sonno: un articolo sulla «determinazione delle linee e dei piani con il migliore adattamento a un insieme di punti nello spazio», apparso nel 1901 sulla rivista Philosophical Magazine, si è risvegliato nel 2002. L’autore era il matematico inglese Karl Pearson, allora molto famoso, che in quegli anni stava fondando a Londra il primo dipartimento universitario di statistica del mondo. Perché un suo articolo sia stato ignorato così a lungo è difficile capirlo.
Ed esistono anche Belle Addormentate risvegliate per il motivo sbagliato. O per una ragione non prevista. Succede anche nelle scienze sociali. «C’è uno studio degli anni 70 che propone una certa teoria su come si dissolvano i gruppi sociali. La teoria non è più tanto importante, ma l’esempio che la sosteneva, evidentemente, continua a funzionare» prosegue Flammini. È il Zachary’s Karate Club Study, pubblicato originariamente da Wayne Zachary sul Journal of Anthropological Research e oggi considerato un classico delle scienze sociali: lo studio descriveva le interazioni, in forma di rete, tra 34 membri di un club universitario di karate, che dopo due anni si era spaccato in due per un conflitto tra l’istruttore e il gestore del club. Il club viene descritto come una rete con 34 nodi che esercitano l’uno sull’altro una forza, finché la rete non si spezza. Nata come una descrizione antropologica, è diventata un ottimo esempio per gli studiosi di reti sociali.
La morale della fiaba, dice Flammini, «è che ogni Sleeping Beauty ha il suo principe azzurro, ma può anche svegliarsi da sola. A volte il principe non è uno solo e a volte è uno straniero, cioè uno studioso di una disciplina diversa da quella del reame dove l’idea è nata». In fondo è una Bella Addormentata anche l’idea di analizzare i casi delle Belle Addormentate: «L’articolo che per primo propose di usare le reti di citazioni come modo di studiare la circolazione delle idee è degli anni Cinquanta. Ma allora non c’erano i computer e la questione si affrontò soltanto in maniera filosofica» spiega Flammini. Oggi, invece, il mondo delle idee entra in un database, e anche Einstein può essere risvegliato con un click.
Silvia Bencivelli