Diego Gabutti, ItaliaOggi 11/6/2015, 11 giugno 2015
NON È FACILE ESSERE GRASSI E NARCISISTI ASSIEME, DICEVA JAKIE GLEASON INVECE IL REGISTA ALFRED HITCHCOCK C’È SEMPRE RIUSCITO PERFETTAMENTE
Non è facile, diceva Jackie Gleason in Soldato sotto la pioggia, essere grassi e narcisisti insieme. Enormemente grasso, esibizionista ossessivo, Alfred Hitchcock ci riusciva benissimo. Appariva, maestoso e silenziosissimo, in ogni suo film, dove, per lo più, aveva con sé uno strumento musicale, diciamo la custodia d’un violino, oppure una tromba; attraversava il set o se ne stava fermo in un angolo, scendeva da una scala mobile, aspettava l’autobus. Introduceva ogni telefilm della serie Alfred Hitchcock presents (un cult televisivo in onda dal 1955 al 1962) con un monologo arguto e macabro. C’era il suo inconfondibile profilo (un testone stile identikit da stazione di polizia) sulla rivista di storie poliziesche che portava il suo nome (e che esce ancora): Alfred Hitchcock’s Mystery Magazine.
Attento, sul set, a ogni minimo dettaglio delle riprese, non meno effettistiche, spericolate e per così dire originarie di quelle accreditate a D.W. Griffith, a Sergej Ejzentejn e a Orson Welles, il regista di Psycho e degli Uccelli, del Club dei 39 e d’Intrigo internazionale, di Caccia al ladro e della Donna che visse due volte, era altrettanto attento alla propria immagine. Immagine che, fin dall’inizio della carriera, prima di lasciare l’Inghilterra e di trasferirsi a Hollywood, dove girò i suoi film più noti, anche se non necessariamente i più belli, curò nei particolari, come testimoniano gli scritti teorici, gli articoli occasionali, le conferenze e i memoriali raccolti in un grande libro, Io, Hitchcock. Il maestro del brivido si racconta (Donzelli 2015, pp. 418, 32,00 euro).
Firmate da lui, queste riflessioni tecniche, confidenze personali e meditazioni professionali di Io, Hitchcock non sono probabilmente tutte scritte di suo pugno. Ma non importa: non potrebbero essere più hitchcockiane. Gli aneddoti sulle prime regie, sui primi contati con gli attori ritornano in continuazione, ogni volta arricchendosi di qualche nuovo particolare, e hanno l’aria d’essere stati veri, se mai loro sono stati, molte versioni prima. Come le sceneggiature dei suoi film, anche gli episodi più o meno buffi della sua vita vengano riscritti più volte, qui un particolare aggiunto, là uno rimosso, finché non risultano perfetti ai suoi occhi di grande narratore.
Hitchcock lavora con tocchi e ritocchi alla rifinitura del proprio personaggio più di quanto lavori in genere al perfezionamento dei personaggi dei suoi film. Questi, di regola, sono un po’ tirati via: burattini, sia che si tratti di persone qualunque come James Stewart nell’Uomo che sapeva troppo, o di Anthony Perkins nei panni inquietanti del killer psicopatico di Psycho. Hitchcock, tra tutti i personaggi di Hithcock, è il più elaborato e alla fin fine, passati ormai quasi cinquant’anni dai suoi ultimi film, anche il più interessante, il più azzeccato e realistico.
Come vasta parte dei film girati prima degli anni Settanta, in quella che viene considerata, a buon titolo, l’età d’oro di Hollywood, anche i film di Hitchcock sono invecchiati. Girati in studio, leccatissimi, costruiti come meccanismi a orologeria, senza mai una sbavatura, mai un’imperfezione, non c’è un solo film di Hitchcock che abbia un qualsiasi rapporto con la realtà. Sono costruzioni mentali, come le tele di Salvador Dalì (alla cui consulenza tecnica, non per caso, ricorse quando si trattò di girare le scene «oniriche» di Io ti salverò, forse il suo film peggiore, con Ingrid Bergman e Gregory Peck). Ma il Regista di questi film rimane memorabile come il Narratore della Recherce proustiana. Non ho voglia di rivedere Nodo alla gola, che ricordo come il suo film più bello, ma mi sono messo a rileggere, dopo Io, Hitchcok, l’intervista leggendaria che gli fece nel 1965 François Truffaut, suo principale fan tra i registi d’una o due generazioni più giovani (Il cinema secondo Hitchcok, il Saggiatore 2014). Grande libro. Meglio di qualsiasi film.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 11/6/2015