Loretta Napoleoni, il venerdì 12/6/2015, 12 giugno 2015
DOVE SI VIVE (E DOVE NO) CON IL MINIMO SALARIALE
Si parla tanto della sperequazione dei redditi tra classe media e super ricchi, ma molto poco delle diseguaglianze che esistono tra uno Stato e l’altro riguardo ai livelli dei minimi salariali. In particolare, poco e nulla viene detto sul rapporto che esiste tra costo della vita e minimo salariale. Un paio di studi a riguardo, uno dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, e l’altro di Bloomberg, forniscono una mappa allarmante di questi squilibri. Negli Stati Uniti, per esempio, chi percepisce il minimo salariale non riesce a mantenersi in nessuno Stato lavorando 8 ore al giorno. In California bisogna farlo per 80 ore alla settimane ma anche nel meno costoso Stato dell’Idaho ce ne vogliono almeno 52.
Ma è in Europa dove la sperequazione salario minimo e costo della vita è maggiore. In Lussemburgo bastano 10 ore alla settimana per essere autosufficienti con il minimo salariale mentre in Spagna, patria della siesta pomeridiana, ce ne vogliono 72 e in Grecia 69; nella Repubblica Ceca, in cima all’alla hit parade dei poveri lavoratori, non ne bastano 90. Colpiscono, in particolare, i dati relativi alla Francia (dove vige la settimana lavorativa di 35 ore) e alla Germania, rispettivamente 40 e 44 ore settimanali per dichiararsi autosufficienti. Secondo l’Ocse, la crisi del debito sovrano ha prodotto un progressivo impoverimento delle classi a reddito più basso, in particolare quelle legate ai minimi salariali, senza ridurre proporzionalmente il costo della vita. Un fenomeno che tutti conoscono in Italia, nazione che però non compare nello studio dell’Ocse e di Bloomberg, forse a causa del dilagante mercato nero del lavoro!