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 2015  giugno 10 Mercoledì calendario

«ORA CARO MATTEO DIMOSTRA IL TUO CORAGGIO E FAMMI GOVERNARE»

[Intervista a Vincenzo De Luca] –
Presidente Vincenzo De Luca, l’attualità impone di iniziare dagli ultimi risvolti di Mafia Capitale. C’è un problema gigantesco per il Comune di Roma di Ignazio Marino, non coinvolto nelle indagini, e anche per la Regione Lazio, guidata da una persona cristallina come Nicola Zingaretti. Eppure sono due istituzioni intrise di marcio. Come pensa si possa prevenire un danno simile alla Regione Campania?
Innanzitutto con una applicazione a 360 gradi di metodi di prevenzione assoluta. La Regione Campania deve essere una casa di vetro. Se oggi aprite il sito della Campania non siete in grado di capire niente. Porteremo un metodo di lavoro che abbiamo utilizzato a Salerno: tutti gli atti devono essere pubblici. Secondo: semplificazione burocratica drastica.
La palude burocratica è una delle principali origini della corruzione in questo Paese. Poi ovviamente, occorre una classe dirigente di grande qualità. Non trova paradossale che, con tutta la canea che c’è stata sugli impresentabili, a Roma rimanga in piedi la giunta, nonostante siano finiti in carcere vari esponenti della maggioranza e del Pd? E che lo stesso Pd faccia muro?
No. Io penso che in questo Paese dobbiamo uscire dalla logica delle «ondate emotive». Alla fine delle quali rimane solo il fumo e le chiacchiere e nessuna decisione. Noi siamo nel pieno di un’ennesima «ondata emotiva». Io, intanto, sono per eliminare dal vocabolario politico la parola «impresentabili», che è un’altra idiozia tutta italiana, un’espressione che può essere usata da un giornalista e da un esponente politico. Chi sta nelle istituzioni deve bandire questo termine. Come farà a trasformare la Campania in una «grande Salerno», visto che il modello c’è ed è stato positivo?
A Salerno dico «combattiamo i cafoni perché dobbiamo essere civili», a Napoli dico «combattiamo il pulcinellismo, perché dobbiamo essere rigorosi». Punto. Per il resto Napoli per chiunque abbia senso della storia, oltre che avere un minimo di cultura, non può che essere una grande capitale mondiale e uno dei centri dell’umanesimo al mondo. Ha un tale patrimonio che non si può non amare questa città. Ma amarla significa anche correggere le deformazioni e le degenerazioni con estremo rigore.
Però siamo sempre lì. Salerno è una città di 130 mila abitanti. Come esportare un simile modello in una città con un milione di abitanti come Napoli o complicata come Caserta? Come si fa?
Non c’entra la dimensione: c’entra il metodo di lavoro. Metodo di lavoro per me significa innanzitutto essere uomini liberi, senza padroni e senza padrini. Dunque senza la camorra alle spalle, i padrini, e senza gruppi di potere ai quali dover rispondere, cioè i padroni.
Però, al di là delle libertà, la sua forza deriva dal fatto che oltre che essere libero, lei è un «irregolare». Sì, la considero una virtù in questa palude della politica politicante da cui mi sono sempre distinto. Dunque metodo di lavoro che presuppone una piena libertà e anche una grande capacità e concretezza amministrativa. E infine una caratteristica un po’ rara in Italia: il coraggio.
Ci vuole coraggio. Perché in questo Paese chi ha paura di un avviso di garanzia, è meglio che vada a casa. Se fosse sindaco di Napoli da dove comincerebbe?
La prima cosa che io penserei di fare è chiudere la scandalosa vicenda del commissariamento del porto di Napoli, una vergogna assoluta. È un esempio di come il punto centrale sia la libertà. Se tu sei vincolato a logiche di partito per nominare un presidente... ma lei immagina De Luca che non nomina il presidente dell’Autorità portuale perché uno lo chiama e gli dice: «Senti, ma c’e questo della mia corrente?». Ma chi se ne fotte! Pensiamo al lavoro, pensiamo alle imprese. Dopodiché, oggi la realtà del porto di Napoli è che ha perso 150 milioni di euro di fondi europei: è un autentico delitto nei confronti della cittadinanza. Questo parlando direttamente di Napoli. Poi, ovviamente, ci sarebbero provvedimenti regionali che su Napoli avrebbero inevitabili ricadute: penso alla sanità o ai trasporti. Noi abbiamo un sistema di trasporti che è letteralmente in ginocchio. E la sanità, dove penso di fare fin da subito la ricostituzione del fondo per le disabilità. Dovremo fare i conti con il bilancio perché nelle ultime settimane di campagna elettorale ho ascoltato tante di quelle balle... Farete una «due diligence» con una società esterna che verificherà lo stato dei conti? Esatto. Perché io ho la sensazione che troveremo conti falsi. Faccio un esempio: come si fa ad approvare un bilancio della Regione Campania quando un’Asl a Napoli, la 3 Sud, non approva i conti consuntivi dal 2010? Mi spiegate come si approva un bilancio, con quale credibilità? Adesso abbiamo approvato il bilancio 2013. Sul 2014 e 2015 non sa niente nessuno. Io mi aspetto di tutto. Lei, che pure è di sinistra, non piace a una «certa» sinistra, quella perbenista, moralista che ha fatto di tutto per darle la «caccia». Secondo lei, qual è il peccato che le rimproverano?
Non lo so, bisognerebbe essere nella mente un po’ sconvolta della sinistra salottiera. C’è la sinistra della doppia morale che è in sofferenza. C’è la sinistra che pensa di avere una superiorità morale nei confronti di tutti. C’è la sinistra dei salotti televisivi. C’è la sinistra che non sa che cosa sia la vita reale e non conosce la gente in carne e ossa. Questa è una sinistra che è naturalmente mia avversaria. C’è una sinistra che non ha ancora imparato che la sfida vera per la sinistra è il passare dalle parole alle cose realizzate.
A lei ha dato addosso Roberto Saviano, che è il portavoce del moralismo editoriale, e Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia, bollandola come impresentabile a poche ore dal voto. Ma gli elettori della Campania non li hanno ascoltati. Tutti reprobi?
Io credo che Saviano abbia grandi meriti ma anche un grande limite: sta innamorandosi del suo personaggio e della sua immagine. In qualche momento sembra che abbia bisogno di inventarsela la camorra anche dove non c’è, altrimenti rimane disoccupato. Bene: faccia i conti in maniera seria e rigorosa con questo suo problema e impari, visto che è giovane, a rispettare la vita di chi ha dedicato l’esistenza intera alle battaglie di legalità e di trasparenza. Prima di aprire bocca impari a rispettare la vita degli altri.
Lei ha querelato la Bindi con accuse pesanti. Spera davvero di trascinarla in tribunale o pensa a una transazione? No, Rosy Bindi deve rispondere davanti al giudice di un atto che io giudico infame sul piano politico, volgare sul piano umano e anticostituzionale sul piano istituzionale. L’atto compiuto dall’onorevole Rosaria Bindi, detta vezzosamente Rosy, è di una gravità inaudita. È un atto che sarebbe considerato eversivo anche in un Paese dell’America Latina. Una persona che a sei ore dal silenzio elettorale tira fuori affermazioni del tutto campate in aria, assolutamente diffamatorie, relative a una vicenda di 17 anni prima che riguarda una vertenza di lavoro, è qualcosa di indegno e di infame che va perseguito, fino all’ultimo. Quindi non è un problema di immagine: io le elezioni le ho vinte comunque. È un problema di principii e di dignità della persona. Sono quelle cose per le quali, chi la pensa come me, è disponibile a morire. Ed è la ragione per la quale, nonostante i problemi della Legge Severino, ho deciso di andare avanti: per difendere un principio di libertà. Il problema mio non è, ovviamente, nei confronti della magistratura, verso la quale riconfermo il mio totale rispetto e fiducia. La mia polemica è contro un Parlamento che è un «chiacchierificio», contro l’opportunismo di chi dovrebbe decidere e ha paura di decidere per il timore di apparire non coerente nell’anticamorrismo. Idiozie pure. Devo dire che, in tutto questo, la cosa più intelligente è stata detta, come sempre, da Raffaele Cantone. Il quale ha sottolineato in maniera elegante, com’è suo costume, che forse è il caso di fare un tagliando alla Legge Severino.
Eccoci dunque alla Legge Severino. Alcuni suoi avversari sostengono che lei abbia alzato il tiro contro la Bindi per guadagnare tempo in vista della partita più difficile, la sospensione prevista come condannato in primo grado per abuso d’ufficio. Molti dicono che occorre quasi certamente una legge ad personam. Secondo lei Matteo Renzi come farà a venire a capo di questo problema?
Io mi auguro che il Parlamento nazionale ritrovi dignità e capacità legislativa. Perché il problema della Severino è duplice. Intanto c’è una contraddittorietà della legislazione italiana. Tu hai una Legge Severino, che ti può sospendere, e hai le leggi fondamentali che ti consentono di candidarti e di essere eletto. Questa contraddittorietà del quadro legislativo è un problema del Parlamento, non mio. Quando qualcuno ha detto «le leggi possono anche essere sbagliate, ma vanno rispettate», ho sempre controreplicato: «Mi dice, cortesemente, qual è la legge non rispettata?». Perché su questa affermazione siamo d’accordo tutti: la legge Severino c’è e va rispettata. Così come va rispettato il mio diritto costituzionale a candidarmi. È un problema tuo, legislatore nazionale, che dormi in piedi da un anno perché avresti dovuto intervenire già dopo la vicenda di Luigi de Magistris. Che stai aspettando? È il Parlamento che deve superare il proprio opportunismo e, come dire, la propria condizione di letargo. Poi c’è un altro aspetto deleterio.... Quale?
La Severino viola la Costituzione perché stabilisce che la legge vale per i sindaci e i dirigenti e non per la casta di deputati, senatori e ministri. Paradossalmente, fossi stato ancora viceministro, sarei stato tranquillo. Ma le pare un Paese civile e serio questo? Lo dico anche agli amici 5 Stelle, che stanno difendendo il privilegio della casta. Mentre io mi sto battendo per un principio di eguaglianza della legge e un principio di costituzionalità. Se due Tar e un consiglio di Stato rinviano alla Corte costituzionale, forse qualche problema c’è o no? Per questo sono assolutamente tranquillo. Tornando al merito: quando nasce la Severino? Quando di fronte alle porcherie corruttive e clientelari delle varie Regioni bisognava, giustamente, rispondere a un’opinione pubblica indignata. Dunque la Severino doveva avere un obiettivo fondamentale: buttare fuori i ladri dalle istituzioni. Come vediamo i ladri ci sono ancora, i tangentisti dilagano in tutte le istituzioni e la Severino non riesce a fare assolutamente niente.
De Luca berlusconiano: è una notizia.
Io guardo alle cose. Berlusconi ha avuto un grande merito e un grandissimo demerito: ha posto il problema del rapporto con la giustizia, ma ha fatto poco e niente. Questo è il suo problema. Questi sono temi che riguardano il futuro dell’Italia. Noi approviamo la legge «Sblocca Italia» e va benissimo. Sblocca cantieri e va benissimo. Ma se sei in una situazione reale nella quale nessun tecnico (qui c’entra l’esperienza amministrativa di lavoro, non la sinistra salottiera) oggi come oggi firma più una variante urbanistica o una variante in corso d’opera, tu puoi approvare quello che vuoi ma l’Italia rimane paralizzata.
La mia battaglia fondamentale è questa. Per la sburocratizzazione dell’Italia. Allora noi dobbiamo approvare leggi che buttino in galera i ladri e i tangentisti, ma che diano serenità e rispetto a quelli che continuano ad assumersi responsabilità, a volte pagandone prezzi atroci, loro e soprattutto le famiglie.
Ipotizziamo che arrivi la sospensione. Lei come pensa di portare avanti il programma? Eterodirigendo la giunta da lontano? Non sarebbe grottesco? Vorrei rasserenare tutti. Innanzitutto la procedura è chiara: sarà comunicato al presidente del Consiglio che il presidente della Campania, eletto da un milione di «impresentabili», otto anni fa ha adoperato l’espressione project manager al posto dell’espressione coordinatore. E quindi Renzi sarà informato di questo grave «delitto» che pende sulla mia persona.
Il presidente Renzi prenderà atto di una sentenza, non potrà entrare nel merito. No, no: il presidente Renzi sarà informato che una sentenza mi ha condannato per «reato linguistico». Dopodiché Renzi sarà obbligato a consultare, questo prevede la procedura, il ministro dell’Interno, poi sentirà il ministro degli Affari regionali, poi penso che vorrà sentire l’avvocatura dello Stato perché, insomma, la faccenda è delicata e non ci sono precedenti e, caspita, stiamo parlando della seconda Regione d’Italia. Dopodiché decide. Se decide che il «reato linguistico» è tale... Mi scusi, ma non ha modo di decidere: la sospensione non è discrezionale, deve procedere per legge.
No, non è sicuramente discrezionale. Ma può approfondire... Eccheccaz.... Almeno il percorso lo vorrà approfondire? Stiamo parlando di un Paese democratico dove, fino a prova contraria, gli elettori decidono chi deve governare. Lei, però, sta invocando un atto di coraggio, supplettivo rispetto al dettato della legge. No. Io invoco un atto di «rottura» totale rispetto a questa idiozia di cui stiamo parlando. Ma non voglio caricare di questa responsabilità il presidente Renzi che ha già avuto fin troppo coraggio e fin troppa correttezza istituzionale. Io avrei cambiato prima delle elezioni. Il Presidente Renzi si è rifiutato di prendere quell’iniziativa ed è stato anche questo un atto di grandissima correttezza istituzionale. Ma ora che le elezioni sono finite, veniamo alla sostanza. Dunque, Renzi può approfondire, ma sapendo che se non cambia la legge tutto resterà come prima. Dopodiché decide. Lui sospende? Io ricorro. Alla Corte d’Appello di Bari. La quale, di fronte ad un analogo provvedimento del Presidente del Consiglio, ha reimmesso nelle sue funzioni pubbliche un consigliere regionale. Nel frattempo che cosa fa? Nel frattempo la giunta regionale che io nomino, compreso il vicepresidente, continua a lavorare sulla base del programma votato dai cittadini. Punto. Io ogni tanto, ovviamente, mi sentirò con loro. Dunque lei avrà bisogno di un vicepresidente, come si suol dire, con gli attributi che, nel caso, faccia le sue veci. Immagino che abbia già il nome. Certo, diciamo che sto riflettendo. Io non...
(MANCA)