Fausto Biloslavo, Panorama 11/6/2015, 11 giugno 2015
L’ITALIA FUORI DAL GRANDE AFFARE AFGHANO
L’Italia è fuori dal più grande progetto energetico afghano, che passerà nell’ovest del Paese grazie al sangue versato dai nostri soldati (54 i morti, 600 i feriti). Per il gasdotto di 1.860 km, che dal Turkmenistan arriverà in India, via Pakistan, si sono fatti avanti francesi, russi e cinesi. Il progetto Tapi, dai nomi delle quattro nazioni coinvolte, è un investimento storico (8 miliardi di dollari) per Kabul: farà transitare sul suo territorio 33 miliardi di metri cubi di gas l’anno, talebani permettendo. Nonostante il tragitto del gasdotto passi per la provincia di Badghis ed Herat, dove a partire dal 2008 i soldati italiani hanno combattuto duramente e i parà della Folgore abbiano allargato la zona di sicurezza attorno a Bala Murghab aprendo la strada fino al Turkmenistan, per la realizzazione del gasdotto l’Italia non è stata presa in considerazione. Entro quest’anno i Paesi coinvolti dovranno scegliere chi guiderà il Tapi. Le società in corsa per il tratto afghano sono la Total francese, la Pipeline company cinese e la Rt Global russa. Secondo studi Usa, le potenzialità energetiche e minerarie valgono 1.000 miliardi di dollari (tre volte tanto per gli afghani). I canadesi hanno ottenuto uno dei primi contratti di trivellazione per il petrolio nel nord. Washington ha investito 418 milioni di dollari per il gas e il greggio a Shebarghan. Gli indiani si sono aggiudicati i diritti dei quasi 2 miliardi di tonnellate di ferro di Hajigak e Pechino ha conquistato la miniera di rame di Aynak, la seconda al mondo. E punta al litio, prezioso per le batterie dei cellulari, nella zona di Herat dove sventola ancora il tricolore.
Fausto Biloslavo