Paola Jacobbi, Vanity Fair 10/6/2015, 10 giugno 2015
LE ETA’ DI ANGELINA
«Chiunque la incontrasse era leggermente spaventato da lei, non perché fosse cattiva o poco gentile, ma aveva qualcosa di oscuro che metteva a disagio. Era come osservare un serpente che si srotola. Era inaccessibile, una forza della natura o una creatura di un altro pianeta».
(Dichiarazione di Michelle Brookhurst, oggi stylist, ex attrice e collega nel ’96 di Angelina Jolie sul set del film Foxfire, riportata da Andrew Morton in Angelina: An Unauthorized Biography, St Martin’s Press, New York).
Il 4 giugno ha compiuto 40 anni, da venti è al centro dell’ossessione dei media di tutto il mondo. Più di ogni altro attore (maschio o femmina) della sua generazione, più di chi al cinema incassa meglio, più delle reginette di Instagram. Perché? Ho provato a capirlo, faccio parte anch’io della congrega dei fissati, ogni volta che, tra un film (bruttino) e l’altro, tra un figlio (bellissimo) e l’altro, mi è capitato di incontrarla. Succedono cose strane, quando c’è di mezzo lei. Una volta, a New York, ho visto un giornalista spagnolo ammutolirsi quando è entrata nella stanza e non riprendere la favella fino a due ore dopo.
Un’altra volta, a Londra, ho firmato moduli in cui si chiedeva di non rivolgerle domande personali (era l’indomani dell’inizio della relazione con Brad Pitt) e cinque minuti dopo ho sentito Angelina iniziare conversazioni in cui nominava lei, per prima, il nuovo compagno.
I cronisti erano lì (soprattutto) per quello, aspettavano una battuta, anche piccola, cui appigliarsi per fare un titolo. Lei lo sapeva e li accontentava.
In altre occasioni in cui ci siamo parlate a tu per tu mi ha raccontato di film e figli, di impegno e frivolezze, di politica e privato, sempre con una consapevolezza rara. «Non potrei mai fare politica, la mia vita è troppo pubblica, lo è sempre stata e nessuno mi prenderebbe sul serio», mi ha detto una volta. E, tempo prima, con gli occhi lucidi: «Durante la malattia e dopo la morte di mia madre mi sono sentita sbriciolare di dolore».
Ma anche: «Con la bocca che mi ritrovo, quel rossetto rosso che mi ha fatto mettere Clint (Eastwood, ndr) in Changeling era veramente esagerato». Oppure: «Davvero dicono che stiamo comprando una casa in Italia? Magari!», cancellando rumors inutili con un gesto, la mano magrissima che faceva vibrare l’aria.
S
Io credo che abbia sempre solo istintivamente seguito una vecchia regola delle pubbliche relazioni: «Se non ti piace quello che la gente dice di te, cambia argomento».
Così facendo, Angelina ha fatto della sua vita «troppo pubblica» un utile strumento di comunicazione. Ha promosso i film interpretati e diretti, ma anche molto altro. Un attivismo senza frontiere. Un modello di famiglia (gli adottivi e i naturali, i bianchi, i neri e i gialli, la figlia maschiaccio e quella iperfemminile) che ci ricorda, a ogni scatto di paparazzo, che è più bello includere che escludere, che è meglio avvicinare che allontanare. E, nel giro degli ultimi due anni, con la rivelazione delle sue personalissime vicende di salute, ha lanciato un segnale che è impossibile ignorare. Ha scelto di sottoporsi a una doppia mastectomia prima e alla rimozione di ovaie e tube dopo, in seguito alla diagnosi del suo patrimonio genetico che la rende soggetto ad altissimo rischio di tumore, fatto provato anche dalla morte per questa malattia di molte donne della sua famiglia: la zia, la madre e la nonna.
Angelina ha scoperto di essere, di fatto, destinata ad ammalarsi ma, come ha scritto lei stessa sul New York Times, «avevo questa opzione: rimuovere anche tube e ovaie, e ho scelto di farlo».
E se la mastectomia preventiva, per quanto brutale, è una mutilazione esteticamente rimediabile, privarsi dell’apparato riproduttivo a 40 anni significa anche entrare in menopausa precocemente: è una mutilazione meno visibile, ma molto difficile da accettare, per chi non ha ancora avuto figli (non è il suo caso) ma anche per chi li ha avuti. Accettandola, Angelina dice molte cose. Si è donne anche se non si è (più) fertili. Si è belle anche se si è in menopausa e con i seni ricostruiti, dopo una o due mastectomie. Si può invertire la rotta di una condanna genetica, affrontando la paura. L’essere umano è quello che fa, pensa e dice, a prescindere dalla sua capacità di riprodursi. Vale per i maschi, giacché nessuno si sognerebbe di chiedere a un uomo: «Scusi, signor amministratore delegato, come mai non ha avuto figli?», deve valere anche per le femmine.
A livello pratico, la scelta di Angelina invita al controllo medico, solleva coscienze e – di nuovo – esattamente come quando Jolie richiama l’attenzione dell’opinione pubblica sulla condizione dei rifugiati, scatena polemiche e facili ironie. Il giorno dell’annuncio dell’ovariectomia, i social network pullulavano di battute del tipo: «Mi sono fatto togliere un femore perché ho paura di romperlo». Ah ah ah.
Mi domando sempre come mai nessuno sia così sgarbato nei confronti di Melinda e Bill Gates che impegnano i loro miliardi per combattere epidemie di malaria in Africa. Perché nessuno dice a Melinda di cospargersi di Autan e starsene a casa a «godersi i soldi»?
Forse perché Melinda non è bella come Angelina?
Q
Angelina decise di recitare sollecitata dalla madre, Marcheline Bertrand, attrice di scarso successo e moglie infelice di Voight, che ai tempi si trovava al vertice della carriera ma era marito infedele e disattento nei confronti della famiglia. Non è un caso, credo, che solo dopo la morte della madre Angelina abbia mosso i primi passi verso la regia, verso quella che potrebbe diventare la sua strada, il nuovo capitolo della vita.
I due film che ha diretto finora (Nella terra del sangue e del miele e Unbroken) non hanno incassato molto, forse anche perché lei ha scelto, coraggiosamente, di non essere in scena, ma sono entrambi promettenti. Per il terzo, By the Sea, appena finito di girare, dove compaiono sia lei sia Brad Pitt, pronostico un facile successo, se non altro perché non recitano insieme dai tempi di Mr. & Mrs. Smith , il set che li ha fatti incontrare.
Il primo film che Angelina interpretò da protagonista si intitolava Hackers e la regia era dell’inglese Iain Softley, in quel momento cineasta emergente.
La parte era stata inizialmente offerta a Katherine Heigl, in seguito Izzie di Grey’s Anatomy. Heigl rinunciò, Angelina prese il suo posto. Da quel momento, era il 1995, iniziarono molte cose. La relazione con il collega Jonny Lee Miller, altro figlio d’arte (il nonno Bernard Lee è stato a lungo «M» nei film di James Bond), che porta a un matrimonio intermittente e durato un solo anno. Si prendono, si lasciano, si tradiscono. In uno dei momenti buoni, Angelina lo accompagna a Glasgow alla prima di Trainspotting e sulle didascalie si scrive «Jonny Lee Miller e la sua ragazza».
Sel set di Foxfire Angelina conosce la modella Jenny Shimizu con la quale stabilisce un legame sesso, droga e facciamolo strano. Più avanti, sul set di Playing God, è contesa dalle due star maschili del film, Timothy Hutton e David Duchovny, allora sugli scudi per merito della serie televisiva X-Files. Angelina sceglie Timothy e l’esperto in extraterrestri ci resta male.
Nel frattempo, non è più solo la madre che ne segue la carriera: Jolie si affida a un giovane manager, ultimo nella scala gerarchia dell’agenzia William Morris. Si chiama Geyer Kosinski. La venera, trasforma l’ufficio in un santuario di foto di Angelina, rompe le scatole a tutti dicendo che la sua cliente sarà la star del secolo.
Oggi Kosinski lavora ancora per Angelina, ed è il suo fedelissimo e professionale filtro con il resto del mondo.
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Fu il fidato Kosinski, nel 1998, a convincere i produttori di Gia del fatto che nessuno meglio di lei, giovane attrice bellissima, con conoscenza diretta di droghe ed esperienze omosessuali, avrebbe potuto essere l’interprete della biografia di Gia Carangi, top model bisex, tossicodipendente e morta di Aids. Era un film per la televisione, in un tempo in cui la televisione non era cool come oggigiorno, ma per Angelina fu un colpaccio. Vinse un Golden Globe grazie a quel personaggio che tutti pensarono le assomigliasse. L’ambiguità, del resto, si è sempre venduta benissimo.
Ma non abbastanza se un anno dopo, nel ’99, Angelina è al festival di Berlino e una mia amica, che si occupa della distribuzione italiana di Scherzi del cuore, fa fatica a trovare giornalisti che la vogliono intervistare. Dicono: «Angelina chi?». Sembra incredibile.
Poi però, a cavallo dei due decenni, arrivano l’Oscar per Ragazze interrotte e Lara Croft: Tomb Raider, il primo vero successo al botteghino e punto di svolta nella vita di Angelina. È in Cambogia, dove si gira il film, che comincia a interessarsi ai rifugiati ed è in Cambogia che adotta, da single, il primo dei suoi figli, Maddox.
A quel punto è rimasta sola per la seconda volta: il matrimonio con Billy Bob Thornton è durato tre anni, sotto l’intenso scrutinio della stampa che, come sempre, si concentra sulle stranezze e si domanda che avrà in testa una che gira con al collo una fialetta contenente il sangue del marito. In quegli anni, tanto per non smentire l’immagine di ribelle tutta tatuaggi e coltelli, Angelina litiga anche pubblicamente con il padre Jon Voight: lui le dà della pazza, lei gli rinfaccia il trattamento riservato alla madre.
Nel 2005, Voight si trovava in Italia a girare una fiction su Giovanni Paolo II. Lo intervistai e gli chiesi se avesse voglia di conoscere i suoi nipoti, che a quel punto erano due: dopo Maddox dalla Cambogia era arrivata anche Zahara dall’Etiopia. Mi disse che gli sarebbe piaciuto molto ma che non stava a lui decidere. La riappacificazione è infine avvenuta e non poteva essere altrimenti. La nuova Angelina, adulta e consapevole, non poteva certo continuare a bisticciare con papà come un’adolescente che frigna per farsi un piercing.
Senza rinnegare se stessa, credibile sia in divisa da mamma sia in abito crema al cospetto della regina Elisabetta, Angelina è scary smart, intelligente da far paura, come ha detto Bonnie Fuller, giornalista che ha diretto diverse testate, da Glamour a Us Weekly.
Lo ha dimostrato anche nei giorni successivi allo scandalo delle mail «hackerate» alla Sony. In una di queste, il produttore Scott Rudin la definiva «mocciosa viziata e senza talento», e la dirigente Sony Amy Pascal (poi dimissionaria) sembrava annuire. Poco dopo la pubblicazione di questa mail, Angelina avrebbe dovuto partecipare alla prima di Unbroken, da lei diretto. Andare alla prima avrebbe significato incontrare la stampa e dover rispondere a domande sull’essere viziata e senza talento, regalando così nuova attenzione al suo detrattore. Quel giorno, Angelina ha registrato e postato su YouTube un video in cui, struccata e in canottiera bianca ma comunque mille volte più bella della media della popolazione mondiale vestita a festa, spiegava che non sarebbe andata alla prima perché, come si capiva dalle pustole, aveva preso la varicella dai bambini e non poteva uscire di casa.
Trasformare una malattia esantematica in una lezione di stile non è da tutti. Applausi, auguri, una ola, grazie.