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 2015  giugno 09 Martedì calendario

OLTRE LA FUSIONE – [IL FOGLIO CON LA NUOVA DIREZIONE DI CLAUDIO CERASA...]


Per lui pari sono e lo dichiara senza incertezze: “Da noi non esiste una redazione del web e una redazione del cartaceo”. A parlare è Piero Vietti, trentaduenne caporedattore del Foglio, dove cominciò a farsi le ossa quasi otto anni fa come stagista. “In quel tempo”, ricorda Vietti, “il sito consisteva in una pagina statica, con notizie brevi e un paio di rubriche”. Da allora Vietti non ha più mollato il sito che, anche sotto le sue mani è diventato ben altra cosa, fondendosi con il quotidiano di carta, interpretandone l’anima internettiana, alimentandolo e ricevendone alimento. Mentre le altre testate, comprensibilmente preoccupate a non provocare traumi ingestibili, si muovono con qualche cautela, Il Foglio non ha esitato. “Siamo oltre la fusione”, dice con candore e nessuna ingenuità, Claudio Cerasa, direttore dal 28 gennaio del quotidiano di Lungotevere Sanzio: “Siamo un giornale che esce ogni sei ore e una volta al giorno anche nella sua forma cartacea”.
La testata fondata da Giuliano Ferrara si affacciò sul banco delle edicole un piovoso martedì mattina di diciannove anni fa, il 30 gennaio 1996: un foglio, appunto, ma subito incandescente. Il giornale è rimasto di poche pagine, attraversando i marosi della politica, della crisi dell’editoria e dell’economia, delle battaglie non scorrette ma scorrettissime contro giustizialismo, aborto, resa nei confronti dell’Islam e, corrispettivamente, per una civiltà garantista, il riconoscimento del feto come persona, la difesa dei principi liberali e occidentali, eccetera eccetera. Tutti elementi che hanno conquistato un pubblico di lettori magari non vasto, ma sicuramente testardo anche quando sorpreso, se non addirittura infastidito, per prese di posizione non condivise, ma comunque ammirato per la spigliatezza di pensiero e la preziosa scrittura. Troppo poco, però, per sopravvivere alla legge del mercato che stabilisce che o vendi o te ne vai a casa. E loro, quelli del Foglio, a casa non hanno intenzione alcuna di andarci. Ecco quindi che la strategia si divide in due: da una parte, la conversione definitiva al digital first e, dall’altra, la caccia a nuovi investitori che mettano in sicurezza ‘il prodotto’.
Da una parte, una redazione composta per la maggior parte da trentenni talentuosi. Dall’altra, Giuliano Ferrara che dice di essere arrivato all’ultimo miglio sulla strada che ha intrapreso per convincere “altre famiglie, altre personalità” a investire in un prodotto che “non ha debiti, un direttore di 32 anni e una sua piccola tradizione”. Se gli abboccamenti con Urbano Cairo non sono andati a buon fine, le voci che parlano di un interesse più convinto di Matteo Arpe sembrano avere una qualche consistenza. “Abbiamo presentato un business plan a diversi soggetti”, dice Claudio Cerasa, evitando anche lui di entrare nei dettagli.
A proposito della nuova generazione a cui ha lasciato il passo, Ferrara, che ha scelto di allontanarsi anche fisicamente dalla redazione chiudendosi in un ufficetto non comunicante, parla come un vero innamorato e dice che questi ragazzi sono meravigliosi. “La formula del Foglio è tale che è difficile che un cretino l’apprezzi. A lavorarci dentro, a guadagnarci il giusto e non di più, a perseverare in questa cosa, ad amarla, bisogna possedere qualità particolari. Bisogna cioè amare l’idea che le notizie sono sì importanti, ma è ancora più importante aggredire le notizie, selezionarle, andarci dentro, e danzarci attorno, sfidarle, essere un po’ tribuna. Senza albagia, senza pensare di fare chissà cosa, si è creata questa consuetudine con le idee che è difficile da strutturare in qualunque altro giornale anche per ragioni giuste, visto che gli altri giornali devono dirti che cosa c’è in televisione, chi ha vinto la partita. Gli altri devono darti la ciccia. La ciccia nel Foglio non c’è, semmai c’è il ciccione”.
Dopo aver tentato di capire il processo che ha portato un giornale delle dimensioni della Repubblica a omogeneizzare la redazione web con quella classica del quotidiano cartaceo, ci è parso interessante dare uno sguardo alla trasformazione del giornalismo contemporaneo entrando nelle stanze di un minuscolo ma tosto strumento informativo come è appunto Il Foglio, che fino a oggi ha saputo resistere al combinato disposto di rivoluzione internettiana e crisi economica.
Chiediamo quindi a Vietti di spiegarci meglio il sistema Foglio e la sua declinazione digitale: “Siamo stati tra i pochi a resistere con un paywall molto forte e con un’idea: se è vero che il web – complici i social network – dal 2008 in poi si può definire come ‘stream’, flusso, corrente continua dove non riesci a trattenere nulla di quel che ti passa davanti affidando a un improbabile dopo la verifica e l’approfondimento, Foglio tenta di costituire una piccola diga che trattenga quel che a noi pare meritorio e con uno sguardo possibilmente originale, diverso, laterale. Ecco perché abbiamo cercato di creare un sito graficamente semplice come il giornale e che insieme premiasse il valore”. Sarebbe a dire? “Sarebbe a dire che il nostro lettore se vuole leggere un’opinione interessante e una certa firma, deve riconoscerne il valore e dunque pagare. Un sistema che, sia pure nella nostra dimensione, ha premiato”. Vietti spiega che se un tempo il sito pubblicava quel che era sul giornale di carta dividendosi tra contenuti a pagamento e gratis, il principio ora dominante è appunto il digital first: “Che significa che tu non pensi al giornale di carta del giorno dopo e poi riempi il sito con
gli scarti o riproponi quel che è stato pubblicato, ma cominci a pensare a un prodotto unico. Se oggi hai tra le mani un articolo o un’analisi interessanti, li metti subito on line. E li fai pagare”. Del resto, che la pubblicità on line di per sé non funzioni o almeno non sia sufficiente per vivere, è ormai cosa acclarata. “Nel prossimo futuro offriremo, tra l’altro, la possibilità di comprare dei crediti che potranno utilizzare per leggere un certo numero di articoli”.
Oltre al giornale cartaceo e alla sua declinazione consultabile su tablet e smartphone, sono partite da poco la newsletter per gli abbonati ‘il Foglietto quotidiano’ – che ha il compito di segnalare il meglio del Foglio con i link più importanti e una vignetta esclusiva di Vincino – e quella delle 19,00, intitolata ‘Di che cosa parlare stasera a cena’, firmata da Marco Alfieri e che consiste in una selezione di letture, spunti e idee “per poterne parlare a cena con gli amici facendo un figurone”.
I video hanno ancora un sapore più che artigianale, alcuni gustosamente cabarettistici come quello in cui Ferrara con tanto di parrucca rossa sbeffeggiava, accompagnato da un’aria d’opera, Ilda Bocassini. “Certo, i video sono assolutamente artigianali, ma per noi in questo momento più della forma conta quel che si dice”, dice Cerasa. “Non potendoci permettere uno studio vero e proprio utilizziamo la cam del computer. Intanto ci stiamo abituando tutti all’idea che stiamo dentro un fiume e che dentro questo fiume dobbiamo metterci qualcosa in più”. Cerasa ripete che “in un’epoca in cui siamo inondati di informazioni, il compito del giornalista è di selezionare le cose importanti e reinterpretarle. Un tempo si diceva che un bravo giornalista doveva rispondere alle ‘cinque w’. Oggi deve osservare le ’cinque p’: la personalizzazione, l’essere polipo (capace, cioè, di fare tutto), pattinare sulle notizie, rispondere al perché e gestire il peer-to-peer, stabilendo un rapporto saldo e diretto con il lettore”. Aggiunge che le newsletter “sono il massimo esempio di quello che ti sto raccontando”, tanto è vero che ce ne sono in cantiere già diverse su temi come lo sport, la cultura, il cinema, la politica, eccetera. “L’idea è di avere varie newsletter che ti dicono e spiegano quel che succede nella giornata, quel che ti offre il Foglio, e quali sono le nostre interpretazioni. Del resto siamo sempre stati persuasi che non esista il giornalismo oggettivo. Il giornalista è un fotografo che inquadra un evento e che ha un suo sguardo. Senza estremizzare quest’idea e trasformare un giornale in un blog o in una macchietta, io penso che ognuno di coloro che lavorano al Foglio abbia una storia interessante anche propria da raccontare, ed è un bene che anche quel ‘proprio’ lo trasferisca nell’articolo creando questo effetto”.
Resta la visione politica, la sua interpretazione decisa che qualifica la testata: “A noi piacciono molto i leader che sanno funzionare, che non sono banali e che non sono fuffa. Ci piacciono le idee. Se c’è qualche leader o partito capace di questo, a prescindere da quale sia il suo collocamento, a noi interessa. Il lettore sa bene che siamo un giornale di una destra che si vuole intelligente, conservatrice, tory, repubblicana, che ha dunque le sue idee, ma che, se le vede messe in campo da qualcun altro, dice bravo a quel qualcun altro. Senza che ciò ci impedisca di coltivare una nuova destra matura, non retorica o populista”.
Michele Buracchio, direttore generale della testata, ha l’ingrato compito di governare i conti: “Fino a tre, quattro anni fa gli introiti potevano contare su tre gambe: le vendite, la pubblicità e i contributi sociali. Ora questi ultimi si sono notevolmente assottigliati. Per l’esercizio 2013 erano di 1 milione e 200mila euro che, tra l’altro, sono stati pagati alla fine del dicembre scorso”. Tutto questo ha comportato pesanti sacrifici, tanto che per i dipendenti (di cui diciannove giornalisti) è in vigore dal 1° febbraio 2012 il contratto di solidarietà con un taglio del 10% dello stipendio, coperto in gran parte dall’Inpgi, e che durerà fino a gennaio del 2016. “Nel frattempo”, dice Buracchio, “la società proprietaria della testata, che possiede il palazzetto della redazione, ha ripianato i debiti, ma per garantire la sopravvivenza ci vuole una svolta che permetta al giornale di vivere non più su tre gambe (la terza è diventata ormai un bastone da passeggio) ma di puro mercato con vendite e pubblicità”. Anche lui è convinto che Il Foglio, con le sue 8mila copie di vendita, debba trovare una sua formula nel settore web e digitale, affermazione incoraggiata dal dato che già oggi sono circa 1.500 gli abbonamenti a prezzo pieno. “Non siamo nient’affatto convinti che il cliccare sulla pagina generi automaticamente pubblicità. Il ricavo principale deve invece venire dagli abbonamenti”. E conclude: “O facciamo così o il giornale non ha futuro”.
Molte attese sono rivolte alla prevista svolta autunnale quando sarà possibile contare su nuove risorse finanziarie che, da una parte, modificheranno l’attuale stato della srl che detiene la testata (ceduta in affitto alla cooperativa giornalistica) e che vede tra i suoi soci la Paolo Berlusconi Finanziaria (48%), Denis Verdini (22%), Giuliano Ferrara (14%), Michele Colasanto (14%), Sergio Zuncheddu e la figlia Diana (ciascuno con l’l%).
Commenta Ferrara: “La famiglia Berlusconi è stata meravigliosa e non ha mai interferito. Con Silvio Berlusconi ci siamo reciprocamente tenuti un guinzaglio lungo. La nostra è stata un’amicizia dove io gli dicevo quello che doveva fare, lui mi diceva quello che voleva fare. Alla fine ha sempre fatto quello che ha voluto lui e noi scritto quello che abbiamo voluto noi. Lo definirei un buon compromesso. Tra breve avremo una nuova compagine azionaria con un nuovo statuto e una nuova governance, tutte cose che serviranno a rassicurare la redazione e la cooperativa che fa il giornale in epoca di sovvenzioni pubbliche calanti e tendenti ormai quasi a zero. Del resto, noi non abbiamo mai avuto vergogna di averne usufruito, anzi è stato uno dei segreti che ha consentito la nostra autonomia”.
Alcuni dei prossimi obiettivi sono già in vista: una nuova piattaforma editoriale e un potenziamento della struttura di marketing che da gennaio è guidata da Fiorenzo Saggese, uomo che ha maturato una lunga esperienza nel settore pubblicitario del Gruppo 24 Ore. Il Foglio ha accordi con Mondadori per quel che riguarda la raccolta pubblicitaria sul cartaceo e con Websystem del Gruppo 24 Ore per l’on line, più alcuni clienti istituzionali (Eni, Enel, UniCredit, Cassa depositi e prestiti) gestiti in prima persona. Saggese è ora intenzionato a mettere in movimento altri strumenti di comunicazione. “Per settembre stiamo preparando, insieme a Terzo Pilastro, un evento sul Mezzogiorno che si terrà a Napoli e un altro a ottobre sull’energia, a Roma. Quel che ci interessa è mettere a confronto un parterre autorevole su temi specifici che fanno parte del patrimonio dei contenuti del giornale”. Saggese sta anche ristudiando, insieme a Michele Buracchio, una nuova strategia di abbonamenti, allargandoli anche alle università e prevedendo sconti agli studenti. La fase 2.0 del Foglio è dunque partita. Tocca ora vedere dove riuscirà ad approdare.
Daniele Scalise