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 2015  giugno 07 Domenica calendario

DAI CARA ALLE SPESE PER IL PRIMO SOCCORSO IL BUSINESS DELL’ACCOGLIENZA VALE 1 MILIARDO

ROMA Il business dell’accoglienza in Italia supera i 600milioni di euro l’anno, oltre un miliardo se si aggiungono le spese del primo soccorso. Gli scarsi controlli, le lentezze burocratiche, le maglie larghe della protezione dei rifugiati veri e falsi, alimenta il proliferare di appalti come quello per il centro d’accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo, il più grande d’Europa, in provincia di Catania, fulcro dell’inchiesta su mafia capitale.
LA STORIA
Sulla carta, i Cara in Italia sono 14, attualmente operativi dieci. Creati nel 2002 come centri d’identificazione dei nuovi arrivati, sono stati disciplinati nel 2008. Il loro scopo: ospitare gli aspiranti profughi in attesa di risposta, dovrebbero restare nei centri solo 35 giorni che però si dilatano fino a oltre 6 mesi. Prezzo pagato dallo Stato per ciascun richiedente: 34,60 euro al giorno (di più per i sedicenti minori che spesso minori non sono). Fatte le somme, il costo per i contribuenti di oltre 4mila presenze giornaliere a Mineo è di circa 139mila euro al giorno, oltre 4 milioni al mese. L’appalto triennale per il centro del Catanese, bocciato dall’Autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone, è di circa 98 milioni per l’affidamento in gestione di servizi e forniture. Ente attuatore: il Consorzio dei Comuni “Calatino Terra d’Accoglienza”. Su quel Cara (e altri) Luca Odevaine, del Tavolo di coordinamento nazionale dell’accoglienza, avrebbe tentato di ritagliarsi uno “stipendio”: 1 euro a migrante. Alcuni dei 10 centri fungono pure da Cda per la prima accoglienza anche ai non richiedenti asilo (per il tempo necessario all’identificazione).
IL PERCORSO
La prima tappa è rappresentata dai Cpsa (Centri di primo soccorso e accoglienza) di Lampedusa, Cagliari-Elmas, Otranto e Pozzallo (Ragusa). I Cda-Cara punteggiano l’Italia da Gradisca d’Isonzo (Gorizia) a Arcevia (Ancona), da Castelnuovo di Porto vicino Roma a Borgo Mezzanone (Foggia), da Lampedusa al trapanese Salina Grande fino a Contrada Pian del Lago, Caltanisetta.
Nell’occhio del ciclone Palese-Bari: un mese fa si contavano 1114 persone, 20 nazionalità diverse, assistite da solo 12 tra medici e infermieri, 8 mediatori culturali, 3 psicologi, 60 operatori. L’appalto triennale del 2011 ammontava a circa 15 milioni. L’aleatorietà dei controlli consente la fuga quotidiana che ha reso irreperibili in Italia oltre 100mila immigrati su 170.816 arrivati nel 2014 (solo 66.066 registrati nelle strutture d’accoglienza). Alla fine di febbraio 2015 si contavano 67.128 “ospiti” dei centri, per il 21 per cento in Sicilia seguita da Lazio, Puglia e Lombardia, rispettivamente con il13eil9percento,peroltrela metà ospitati da strutture temporanee del sistema Sprar di protezione richiedenti asilo.
GLI STANDARD
Ma gli standard sono spesso lontani dalla sufficienza. In totale, le strutture temporanee in Italia sarebbero 1657. Altri milioni che girano, con cifre pro capite a migrante scese da 45 a 30 euro anche per via degli scandali. Un business complessivo di tutti i centri di 600 milioni di euro, più le spese per il controllo dei flussi: duemila agenti alle frontiere, il dispositivo della guardia costiera di 5 navi, 66 motovedette d’altura e costiere, 3 velivoli ATR, 4 elicotteri. E i barconi si moltiplicano. Per un costo dal 2011 al 2014 di quasi 2 miliardi e 300 milioni.