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 2015  giugno 06 Sabato calendario

ADDIO A D’URSO, SENATORE E VIVEUR

ROMA Un uomo di mondo e l’italiano più cosmopolita della sua generazione: Mario d’Urso, scomparso ieri all’età di 75 anni, mescolava le radici napoletane con una rete di rapporti internazionali senza confini. Il padre Alessandro, Babbo per gli amici, aveva sposato la nobildonna Clotilde Serra di Cassano, attraverso la quale i tre figli, Mario Carlo e Luigi, si ritrovarono, tra gli antenati di famiglia, personaggi della storia napoletana compreso il vulcanico ingegnere Alfredo Cottrau, che progettò un centinaio di ponti tra i quali, nel 1866, quello mai realizzato dello Stretto di Messina.
Dopo la guerra i d’Urso si trasferirono a Roma, ma appena laureato in Legge, Mario fece il grande salto in America. Anche qui le radici contavano: un bisnonno di donna Clotilde era George Clymer di Filadelfia, uno dei firmatari della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti. Ma per Mario, che parlava quattro lingue, l’America fu innanzitutto New York: neanche trentenne divenne «il banchiere napoletano di Wall Street», come consigliere di amministrazione della Kuhn Lob Lehman Brothers, e da allora Manhattan fu la sua seconda casa. Aveva un piccolo ufficio all’ultimo piano delle Torri Gemelle, con alle pareti alcune gouache con il Vesuvio; un motoscafo con il quale scorrazzava i suoi ospiti, tra i quali l’allora governatore Carlo Azeglio Ciampi, in giro per l’isola; il circolo del Racquet Club, a due passi dallo studio dell’amico Henry Kissinger a Park Avenue. Tutto a piedi, perché Manhattan per Mario era come Capri, e le passeggiate le chiamava le «vasche di New York».
A Roma non c’era salotto dove Mario non fosse invitato, qualsiasi straniero di rango prima o poi compariva nel giardino della sua casa ai Parioli. Ma la mondanità di Mario era unica, e non aveva nulla da spartire con il provincialismo da generone che appesta molte e frequentate case romane. Innanzitutto per lo stile: uno charme che gli consentiva di sfumare un istintivo narcisismo e di indossare un gessato blu con le scarpe da ginnastica Adidas, e poi per una naturale empatia con la quale non metteva confini tra l’amicizia e gli affari, la politica (con la parentesi di senatore e sottosegretario agli Esteri) e l’arte della conversazione.
IL BATTESIMOIl suo battesimo di uomo di mondo avvenne nell’agosto del 1962 quando fu incaricato da Babbo d’Urso di ricevere a Fiumicino Jacqueline Kennedy e la figlia Caroline.
La foto di quella accoglienza è esilarante: un elegante giovanotto di 22 anni, Mario, che riceve la first lady americana insieme ad Amintore Fanfani, all’epoca capo del governo, ed alla moglie Maria Rosa. Quanto agli Agnelli, in realtà per Mario erano una seconda famiglia: l’amicizia con l’Avvocato era un’eredità del padre, mentre lui aveva coltivato i legami, come se fossero due sorelle, con Susanna e con Marella Caracciolo, la moglie di Gianni. Tutto con inviolabile discrezione, a partire dalla vera storia delle liaison dangereuses tra i Kennedy e gli Agnelli, che Mario ha considerato sempre come un segreto da confessionale. E quando gli Agnelli sono scomparsi, d’Urso ha ricostruito una nuova famiglia con Lella e Fausto Bertinotti, diventati in poco tempo i suoi ultimi ma più cari amici.