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 2015  giugno 06 Sabato calendario

1994 TRENT’ANNI ESAGERATI DI GRANDE CALCIO ORA TORNA LA SPERANZA 2015

Che cosa si fa in situazioni del genere? Si sogna una campagna acquisti sfarzosa e un cantiere ferragostano per il nuovo stadio? S’incrociano le dita sul misterioso thailandese con camicia bianca e voglie rossonere? O si sfoglia l’album dei ricordi zeppo di vittorie e di nomi straordinari? Semplicemente non si decide: ci si lascia prendere volentieri da un ginepraio di emozioni che ci spostano da un presente carico di cerotti, un futuro con possibili balsami e un passato, quello del Milan (spesso) invincibile, che si sta chiudendo per aprire una nuova storia, come nuove ed esotiche sono diventate le vie del calcio.
In 30 anni abbiamo visto molti grandi Milan legati da un’unica filosofia: trionfi mitici, delusioni cocenti, mai vie di mezzo. Abbiamo spesso volato ad altezze siderali e qualche volta siamo atterrati sbandando su piste disastrate. Da dove cominciare? Dal Milan di Sacchi naturalmente e da quel Napoli-Milan 2-3 che ha riaperto la già prestigiosa bacheca internazionale delle vittorie. Il Milan degli olandesi, Baresi, Maldini, Ancelotti, Donadoni e tanti altri. Poi il filotto impressionante di scudetti con Capello e quel Milan-Barcellona 4-0, finale di Champions che resta la partita da vedere nei periodi di magra, come certi film che rialzano il morale: dati gli ultimi tempi, una partita purtroppo imparata a memoria. Abbiamo amato il Milan di Ancelotti allenatore, che ci ha fatto sorseggiare ai rigori una Champions tutta italiana con la Juventus e ricordiamo pure gli scudetti con Zaccheroni e Allegri ottenuti con buone squadre ma non eccezionali e quindi particolarmente graditi. Van Basten, Kakà, Savicevic, Shevchenko, Ibrahimovic (un’apparizione) sono stati poster che hanno popolato le stanze di padri e figli e alimentato mille fantasie.
I dolori? Le tre finali di Champions perse, massimamente quella con il Liverpool, da tragedia greca, qualche scudetto smarrito sulla linea d’arrivo, Van Basten, un poeta del calcio, che a 28 anni con le caviglie distrutte fa il giro di campo a San Siro per l’addio. Tutte cose che resteranno dentro il nostro cuore.
Ora si apre una nuova fase e ci chiediamo se quel 48 (per cento) potrà essere il simbolo del risorgimento milanista. Certo, il cuore ci spingerebbe a sperare che siano finalmente finite le stagioni dei «tituli zero» ma anche dei «parametri zero», con gente piena d’acciacchi venuta solo a svernare.
Che cosa dire poi di Mister Bee da Bangkok? Che ha un cognome difficile, Taechaubol, ma in qualche modo fa rima con football e questo può essere di buon presagio. Che si muove con il capace portafoglio d’un fondo che si chiama Thai Prime e anche questa parolina sembrerebbe benaugurale. Ma capirà di calcio? E non ci saranno sorprese nelle otto settimane in cui si dovrà perfezionare l’accordo? Nel calcio, come sappiamo, bastano 20 minuti per perdere una finale già vinta, figuriamoci che cosa può succedere in una partita finanziaria di due mesi.
Comunque l’importante è non far correre troppo la fantasia. Inutile sognare Messi, Cristiano Ronaldo o qualche altra strapagata figurina straniera: accontentiamoci di vedere ricostruire un nuovo Milan con ottimi mattoni e il geometra Mihajlovic.