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 2015  giugno 07 Domenica calendario

“IL MILAN? È ANCORA DI MARCA BERLUSCONI”

[Intervista a Giovanni Galli] –
La differenza tra Inter e Milan, Moratti e Berlusconi, Thohir e mr. Bee? È presto detta. L’Inter era in un momento difficile e Moratti l’ha venduta. Berlusconi, invece, in un momento molto difficile ha tenuto botta, è rimasto al comando e ha realizzato una straordinaria operazione finanziaria. E magari un giorno si distaccherà anche: ma certo non lo farà con la squadra ottava in classifica. Lo farà dopo che il Milan sarà tornato vincente”.
Cinquantasette anni, portiere di Fiorentina, Milan, Napoli e nazionale negli Anni 70, 80 e 90, candidato sindaco a Firenze alle elezioni amministrative del 2009 (per il centrodestra: a batterlo fu un certo Matteo Renzi), Giovanni Galli ha vissuto da testimone diretto la prima svolta berlusconiana al Milan, quella dell’estate ’87 che portò in rossonero Gullit, Van Basten, Ancelotti e in panchina un allenatore carneade come Sacchi.
A distanza di 28 anni, come vede Galli la svolta numero 2?
Vedo che nella casse del Milan, dove Berlusconi è rimasto al timone, sono entrati 500 milioni. E non so quanti di questi 500 verranno utilizzati sul mercato: dicono 100, perché molti dovrebbero andare per il nuovo stadio al Portello.
Cento milioni da spendere. Con quale progetto?
Quello che so è che il Milan deve mettere riparo agli errori compiuti nelle ultime stagioni. Il primo obiettivo dev’essere quello di costruire un nucleo di giocatori italiani che siano, prima di tutto, uomini seri com’erano Baresi, Maldini, Ancelotti, Donadoni, Gattuso, Nesta. Baresi diceva tre parole in un anno ma in campo trascinava tutti; Maldini non ha mai saltato un allenamento in 20 anni; Nesta non ha mai concesso un’intervista in vita sua ma era un professionista immenso. Credetemi: Gullit e Van Basten erano campioni straordinari, ma senza Baresi e Maldini non saremmo e non sarebbero andati da nessuna parte.
Nel Milan di oggi c’è un italiano che ricordi quelli di un tempo?
Nessuno. Poteva esserlo Montolivo, ma non ha il carattere duro, determinato di un Ancelotti o di un Gattuso. Non può esserlo El Shaarawy, che è ancora un ragazzino. Dispiace dirlo, ma quello che il Milan deve recuperare è il valore della disciplina e dell’esempio. Se lasci che i giocatori buttino la maglia per terra e non nel cestone, se accetti che lascino il lavandino sporco dopo che si sono fatti la barba, se tolleri che a cena uno scenda alle 8, uno alle 8 e un quarto e uno alle 8 e mezza, dopo non puoi chiedergli di fare pressing in campo. Perché il danno è già stato fatto.
Insomma: cercansi uomini veri, possibilmente italiani, prima ancora che campioni.
Sì. In quanto agli stranieri, è chiaro che sono portatori di culture e abitudini diverse che è sempre giusto accogliere. Gullit, ad esempio, all’inizio mangiava panini grandi così con burro e fragole. Poi ha cominciato a osservarci, e un giorno ha cominciato lui pure a mangiare pasta. Ma vedeva la serietà di tutti, la professionalità di tutti: cose che al Milan, dopo l’addio dell’ultimo blocco di campioni fatti in casa, i Gattuso, i Nesta e i Pirlo, non si sono più viste .
Mihajlovic riuscirà nell’impresa?
Mihajlovic non è forse l’erede ideale, in quanto a filosofia calcistica, di Liedholm, Sacchi e Ancelotti: ma certo è stato ed è un professionista inappuntabile, e con lui ordine, serietà e disciplina torneranno ad essere rispettati. Ecco: se la società sarà attenta, il primo anno, a dargli uomini con la U maiuscola – e tra questi ci metto anche Ibrahimovic, uno che in allenamento è stato sempre un esempio per tutti -, e il secondo anno qualche giovane talento, anche straniero, Sinisa potrebbe farcela a vincere lo scudetto in due anni.
E se invece mr. Bee arrivasse molto presto ad detenere la maggioranza?
Sarebbero tutti contenti: vorrebbe dire che il Milan è già tornato a vincere. Unica condizione, per Berlusconi, per farsi da parte.
Paolo Ziliani, il Fatto Quotidiano 7/6/2015