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 2015  giugno 07 Domenica calendario

PORTARE OVUNQUE LA CONNETTIVITÀ

Una provocazione: ‘se la connettività può venire intesa come diritto umano, allora, deve essere gratuita!’. Tre domande: perché connettere tutti? Come farlo? Quale tecnologia adottare?
Il motivo per connettere tutti è facilitare l’apprendimento. La società deve guardare all’istruzione non solo dal punto di vista delle scuole, ma da quello dell’apprendimento permanente anche in luoghi o situazioni che non siano scuole.
Molti non sanno che la parola Bit non esisteva prima del 1949. Prima del 1986, Internet, tutto nato da fondi pubblici, non era commercialmente accessibile e ne era illegale l’utilizzo da parte delle aziende. Quando è nato il Media Lab, un beneficio per i suoi sponsor era appunto di poterne usufruire. Solo successivamente, la connettività è divenuta un bene comune a miliardi di persone e portarla al prossimo miliardo non è difficile: modifiche legislative e politica dei prezzi. Ci sta pensando il mercato Ma all’ultimo miliardo il mercato non arriva. L’ultimo miliardo non ha elettricità e spesso è analfabeta. La tecnologia rappresenti l’unica soluzione. Di recente è accaduto qualcosa che sta cambiando il paesaggio delle telecomunicazioni: non una tecnologia nuova, ma una che riprende la filosofia dei satelliti a bassa orbita intorno alla Terra. Questi satelliti possono impiegare più o meno 90 minuti a fare il giro del pianeta. Quando tutti si muovono, qualsiasi sia la loro orbita, si ripropone un fenomeno identico a quello della rete cellulare. Ma in questo caso si tratta di una rete in movimento, non stazionaria. Il vantaggio di questo sistema è la sua globalità. Non ha alcuna importanza dove ci si trovi , se in un’area rurale o in un quartiere dell’estrema periferia di Lagos. Il sistema è dovunque. Quindi, gli strumenti a disposizione ci sono. Ma cosa si sta effettivamente facendo perché la connettività possa diventare un diritto umano sfruttando questa tecnologia? Mi chiedo: «Le normali forze di mercato si muovono in questa direzione?». Se la risposta è positiva, allora mi dico: «Nicholas, smetti di agitarti. Lascia che sia il mercato a muoversi». Una domanda poi rimane ineludibile: quali valori positivi portano avanti i mercati? Ho paura che la lista delle risposte sia breve, se non vuota.
È lecito anche chiedersi se le telecomunicazioni debbano essere un business. So di muovermi su un terreno minato, ma non posso evitare di affrontare il problema. Negli Stati Uniti so Verizon spende 500 milioni di dollari in pubblicità per sottrarre clienti ad AT&T. E AT&T, a sua volta, spende 500 milioni di dollari per sottrarre clienti a Verizon. Un miliardo di dollari che viene sottratto al sistema delle telecomunicazioni a favore delle agenzie pubblicitarie. Allo stesso tempo vediamo sistemi di telecomunicazioni nei Paesi in via di sviluppo, produrre profitti che vengono di solito esportati. Sono forse un pericoloso estremista a sostenere che i governi dovrebbero intervenire in queste situazioni? Mi si dice: «I sistemi governativi sono inefficienti, non funzionano». E io controbatto: «Ma avete visto il sistema dei trasporti ferroviari in Svizzera? È forse privato?».
In campo educativo, che è il mio interesse primario, esiste un esame chiamato Pisa (Programme for International Student Assessment), promosso dall’Ocse, che valuta con periodicità triennale il livello di istruzione degli adolescenti. Gli Stati Uniti e l’Inghilterra si collocano nella parte bassa della scala mondiale. Al vertice della classifica si trova invece la Finlandia, un Paese la cui scuola fino alle superiori non prevede compiti a casa e test; ha il calendario scolastico più corto in assoluto e il numero minore di ore di frequenza. L’altro aspetto sorprendente della Finlandia è che non ci sono scuole private, e che è il Paese è tra i primi dieci al mondo nella diffusione della banda larga davanti a Stati Uniti, Uk, Germania e Francia.
Allora, come fare qualcosa di positivo? Ho una proposta. Penso a due organizzazioni dell’Onu: la Fao (Organizzazione per il cibo e l’agricoltura) e il Wfp (Programma Alimentare Mondiale) per le quali nutro profondo rispetto. La Fao si occupa dell’informazione, aiuta a stabilire le regole, contribuisce ad aumentare la produttività agricola e a migliorare la vita delle popolazioni rurali. Il Wfp è costituito invece da “combattenti”. Lavorano sul campo, sfamano 30 milioni di persone e molte volte sacrificano la loro vita in queste missioni. Nelle telecomunicazioni abbiamo solo l’equivalente della Fao, l’Itu (International Telecommunication Union) che si occupa di definire gli standard nelle telecomunicazioni e nell’utilizzo delle onde radio. Non abbiamo i ‘combattenti’. Non ci sono persone che vanno a risolvere i problemi nelle aree remote, che si occupano del sistema dei satelliti e così via. In altre parole, non esiste una ‘World Communication Organization’. Non ambisco a presiederla, ma vorrei solo che se ne parlasse. Questa è la mia proposta perché il mercato non pare in grado di portare la ‘connettività’ nelle aree più povere.
Nicholas Negroponte, Il Sole 24 Ore 7/6/2015