Alessandro Penati, la Repubblica 7/6/2015, 7 giugno 2015
IL QUANTITATIVE EASING MOSSA GIUSTA DELLA BCE MA È L’ULTIMA CARTUCCIA
Del Quantitative Easing americano si diceva: «Sappiamo che funziona, ma non capiamo perché». Giunti al termine dell’esperienza, abbiamo capito che ha funzionato prevalentemente per l’effetto ricchezza, dovuto al fatto che gran parte dei flussi finanziari di famiglie e imprese Usa sono intermediati dal mercato. La struttura finanziaria dell’Eurozona, però, è molto diversa. Speriamo dunque che il QE della Bce funzioni, anche senza capirne il perché.
Il QE è un’operazione di portafoglio che, in assenza di inflazione, riduce artificialmente i tassi a lungo termine, accrescendo la domanda di titoli di debito nel mercato. Negli Usa ha agito attraverso tre canali. Primo, la Borsa. Bassi tassi a lungo termine aumentano il valore degli utili futuri, quindi i multipli ai quali la Borsa li valuta. Inoltre rende più appetibile l’investimento in azioni: circa 60% delle società quotate paga oggi dividendi maggiori del rendimento di un titolo di stato decennale. La Borsa ha un effetto ricchezza considerevole sulle famiglie americane, che investono direttamente in azioni quotate un quarto dei loro risparmi, oltre agli investimenti indiretti tramite i fondi pensione privati. In Eurolandia, le Borse capitalizzano molto meno rispetto al Pil; solo una frazione delle famiglie investe in azioni; e il risparmio previdenziale, prevalentemente statale, non transita per i mercati. Secondo, l’aumento del credito a imprese e famiglie. Negli Usa le imprese finanziano fusioni, acquisizioni, ristrutturazioni e investimenti emettendo corporate bond a tasso fisso sul mercato: prestiti e mutui bancari sono solo il 32% delle loro passività finanziarie. Anche le imprese piccole o con rating molto bassi accedono al mercato dei bond. C’è poi un efficiente mercato delle cartolarizzazioni che permette a banche e aziende di finanziare più facilmente il credito agli individui, trasferendo una parte del rischio al mercato. In Eurolandia quasi tutto il credito passa per le banche, la cui dinamica non dipende dai tassi sulle obbligazioni. Dopo cinque anni di misure straordinarie della Bce, la crescita dei prestiti alle imprese nell’Eurozona è ancora negativa. Le banche poi preferiscono erogare a tasso variabile, per minimizzare il loro rischio di interesse, mentre il QE opera sul mercato dei titoli a tasso fisso. Un bene però per gli utili bancari: oggi infatti la Bce compra a caro prezzo i titoli che le banche avevano a suo tempo acquistato proprio grazie ai generosi finanziamenti della stessa Bce. La Banca centrale infine cerca di sussidiare la crescita delle cartolarizzazioni, finanziandole a tassi agevolati: ma dopo esser state demonizzate per anni, il mercato delle cartolarizzazioni ormai non esiste quasi più.
Terzo, il mercato immobiliare. Le famiglie americane investono un terzo della loro ricchezza in immobili. Ma a differenza di noi, usano molto la leva finanziaria: l’indebitamento complessivo delle famiglie per mutui raggiunge il 40% del valore di mercato dei loro immobili. I mutui americani sono poi in buona parte a tasso fisso, e collocati sul mercato tramite cartolarizzazioni Il QE ha avuto dunque un forte effetto anche sui mutui cartolarizzati e, quindi, sui prezzi delle case. Un canale di trasmissione che da noi funzionerà poco.
L’effetto ricchezza negli Usa ha aumentato i consumi delle famiglie, come gli utili e gli investimenti delle imprese. Non sarà così in Eurolandia. Inoltre, il QE americano è stato accompagnato da un forte sostegno alla domanda aggregata da parte della spesa pubblica. Da noi, c’è l’austerità e l’enorme surplus dei conti con l’estero della Germania, che esporta deflazione.
Ciò nonostante, ci voleva un QE anche in Eurolandia per due ragioni. Primo, causare una forte svalutazione del cambio sfruttando lo sfasamento delle politiche monetarie tra Fed e Bce. L’euro è arrivato a perdere fino al 24% rispetto al dollaro; ma la discesa sembra essersi esaurita. Secondo, all’inizio dell’anno, di fronte allo spettro di una nuova crisi del debito innescata da un default greco, al rischio di deflazione, al perdurare della crescita negative del credito, e al rifiuto tedesco a sostegno della domanda aggregata, era diventato imperativo fare qualcosa per invertire le aspettative. In questo, il QE ha avuto successo. Ma è l’ultima cartuccia. Ed è stata sparata.
Alessandro Penati, la Repubblica 7/6/2015