Andrea Schianchi, La Gazzetta dello Sport 6/6/2015, 6 giugno 2015
È IL 1899, IL MILAN NASCE CON UN’ANIMA STRANIERA
L’anima straniera abita nel corpo del Diavolo fin dalla nascita. Il Milan fu un regalo di Santa Lucia che il viceconsole inglese Sir Alfred Edwards fece ai cittadini milanesi la sera di mercoledì 13 dicembre 1899. Al termine di una riunione con alcuni connazionali, davanti all’immancabile boccale di birra, dichiarò ufficialmente che era stato fondato il Milan Cricket and Foot-Ball Club. Lui stesso ne assumeva la presidenza, mentre il capitano e allenatore della squadra era Herbert Kilpin. E fino al 1909 i rossoneri continuarono a parlare inglese. Fu l’avvento di Piero Pirelli, che succedette a Edwards di cui era amico, a portare il vocabolario italiano negli spogliatoi del Trotter, il campo dove il Milan giocava a quel tempo. I vent’anni di presidenza di Pirelli non passarono alla storia per i successi, ma per la costruzione dello stadio di San Siro, in origine di proprietà della società rossonera e poi ceduto al comune. Fu un’epoca tormentata, quella a cavallo delle due guerre: dopo Pirelli, numerosi protagonisti si alternarono sulla poltrona più prestigiosa, il regime fascista pretese addirittura che il club cambiasse denominazione (divenne Associazione Calcio Milano), ma la bacheca rimase desolatamente vuota. Nel campionato 1930-31 venne stabilito il record negativo di sconfitte: ben 15.
Per trovare il Milan ai vertici del calcio italiano bisogna aspettare gli anni del miracolo economico. Siamo tra i Cinquanta e i Sessanta, arrivano i primi elettrodomestici, i portafogli degli italiani si gonfiano di lire e i rossoneri, grazie al magico trio Gre-No-Li (gli svedesi Gren, Nordahl e Liedholm), incantano. Presidente è Umberto Trabattoni, un industriale brianzolo che riporta lo scudetto sulle maglie rossonere dopo 44 anni. E’ il 1951. Tocca poi ad Andrea Rizzoli, il figlio dell’editore Angelo, completare l’opera e costruire una squadra capace di conquistare anche il mondo. Nel 1954 rileva la società da Trabattoni, partecipa direttamente alla campagna acquisti, inserisce Juan Alberto Schiaffino e Cesare Maldini in un dispositivo collaudato, e inizia un periodo d’oro. E’ di quell’epoca, tra l’altro, la costruzione del centro sportivo di Milanello, autentico gioiello del club. La Coppa dei Campioni alzata nel cielo di Wembley nel 1963 (la prima conquistato da un’italiana: battuto il Benfica in finale) è l’ultimo trofeo di Rizzoli che vende la società a Felice Riva, un imprenditore tessile che pensa più alla finanza e alla bella vita che al calcio. L’avventura di Riva finisce in carcere (bancarotta fraudolenta): poi, dopo un italico condono, l’imprenditore prende il malloppo e se ne va in Libano. Il Milan, intanto, dopo un breve periodo di reggenza Sordillo, passa prima a Luigi Carraro e poi a suo figlio Franco. Il Milan, con Carraro, sale in cima al mondo e Gianni Rivera diventa il primo italiano a conquistare il Pallone d’Oro.
Gli anni Settanta, per i milanisti, sono un tormento. E’ vero che arriva lo scudetto della stella (1979), ma troppi sono i mal di pancia da sopportare. Con Buticchi presidente va in scena il conflitto con Rivera, tra dichiarazioni al veleno, smentite e rettifiche. Poi c’è il periodo di Felice Colombo, il Totonero, la retrocessione in Serie B per illecito, il tentativo di risalita con Giussi Farina che, tuttavia, non ha la disponibilità economica per mantenere la società ad alto livello. Sono anni in cui, più dei gol e dei dribbling, fanno notizia le carte bollate, le sentenze dei tribunali e i pareri dei legali. Le turbolenze finiscono quando Silvio Berlusconi acquisisce la società (febbraio 1986): nel cielo di Milano volteggiano gli elicotteri e risuonano le note della Cavalcata delle Valchirie. Sul mercato piovono miliardi su miliardi, e il Milan ritorna a vincere e... a convincere.