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 2015  giugno 05 Venerdì calendario

BERGAMASCHI CONTRO CINESI

Quante valvole vigilano, aprendosi e chiudendosi, dal momento in cui il greggio viene estratto dal mare del Nord a quando arriva nel serbatoio della nostra auto? E nel tragitto del gas dal giacimento sul Mar Caspio al fornello di casa? Risposta: centinaia di migliaia. In una raffineria media tipo Augusta, in Sicilia, ce ne sono tra le 400 e le 500 mila. Una bella fetta di questi manufatti - prezzo finale dai 10 euro al milione abbondante - è prodotta in Italia, soprattutto in Lombardia. Ecco perché è stato un gran successo, ma non una sorpresa, il primo Ivs, Industrial Valve Summit, organizzato a Bergamo grazie a un manipolo di imprenditori «stufi di andare d’inverno a mangiare würstel a Düsseldorf» (dove si tiene la storica rassegna del settore), messi intorno a un tavolo da Guido Venturini, il direttore della Confindustria orobica. A livello globale, le valvole industriali sono un affare da 56 miliardi di dollari l’anno (dato 2014), in crescita. Il 27 e il 28 maggio alla Fiera di Via Lunga è passata la crema degli addetti ai lavori, poche centinaia di esponenti di grandi compagnie energetiche e società di ingegneria che indirizzano miliardi di investimenti. Come Ahmed Goubini, un signore con la barba e la camicia aperta, vestito blu e scarpe bianchissime, che sorride a Simone Brevi, il boss della Omb Valves di Cenate Sotto, che gli offre - scherzando - un arabic coffee allo stand. Brevi è uno dei valvolieri bergamaschi che più si è battuto per far nascere l’Ivs.
Nel capannone non lontano dall’aeroporto di Orio al Serio sono arrivati in 5.700, di cui 3.500 dall’estero. D’ora in poi il summit si alternerà con la tradizionale rassegna in Germania, probabilmente raddoppiando già dal 2017 lo spazio espositivo. Stavolta c’erano 151 aziende, di cui una trentina bergamasche. Goubini lavora per la Aramco, la compagnia petrolifera di Stato saudita, ha fatto il buyer e ora si occupa del controllo della qualità: «È un uomo che muove 250 milioni di dollari», dice Brevi. Ce ne sono tanti, di sauditi e mediorientali, in giro tra uno stand e l’altro. Non mancano americani, inglesi e canadesi. L’Italia è un colosso, nel progettare e produrre valvole, e leader assoluta se i prodotti sono destinati all’oil & gas, dove l’export supera il 95 per cento. Le aziende sono oltre cento e il fatturato delle prime 50 è di poco inferiore ai 3,5 miliardi di euro. Il crollo del prezzo del petrolio ha rallentato la corsa ai nuovi programmi di investimento, ma qui nel bergamasco lo sanno che il business dell’energia è ciclico e non sempre si pasteggia a champagne. E infatti si preparano alla ripartenza, ampliando le fabbriche e rinnovando i macchinari. Perché le condizioni per estrarre greggio e gas sono sempre più difficili e sfornare nuove soluzioni è fondamentale per staccare di un’incollatura i concorrenti, spesso piazzati a dieci chilometri di distanza. In zona si concentrano un’ottantina di aziende: la metà fa valvole; le altre sfornano componenti. Un migliaio i dipendenti diretti, più altri 3 mila nelle tante aziende dell’indotto, che realizza guarnizioni, raccordi, rivestimenti, sistemi di controllo. Si trova tutto a un tiro di schioppo, competenze professionali comprese.
FATTORE EMBARGO
Ma ai piedi delle Alpi Orobie sono tutto fuorché local: in quanto a vendite oltre confine li batte solo la Cina, che nel 2014 ha esportato per 8,3 miliardi di dollari, contro i 7,8 miliardi dell’Italia e i 7,2 degli Usa. A proposito di Cina: dopo l’esplosione in una centrale di ricevimento del gas liquido costruita con tecnologia asiatica, il governo ha disposto che la componentistica debba essere europea. A guidare il plotone del made in Bergamo è un quartetto - Bfe, Lvf, Omb Valves e StarLine - sempre in giro per il mondo a sfidarsi per acchiappare commesse per milioni di euro e anni di durata. Non è semplice entrare nel giro dei fornitori: «Per essere considerati qualificati e partecipare alle gare per impianti complessi, ci vogliono anni, talvolta anche cinque», spiega Marco Ghilardi, capo della StarLine, specializzata in valvole a sfera forgiata (le valvole si dividono in due grandi famiglie: a sfera, con una palla a chiudere o aprire il flusso, oppure a saracinesca). Nonostante l’acceso spirito di concorrenza, stavolta gli storici competitors si sono mossi in totale sintonia per dar vita al summit di fine maggio. «Aggregazioni? Se ne parla da una vita, ma per me non funzionano. La nostra forza è proprio quella di essere concorrenti; quando ci si fonde con altri si perde l’unicità che ci caratterizza. Negli Stati Uniti hanno fatto così, magari andando poi a produrre in Cina per risparmiare il 2 per cento: tante storie sono finite malissimo», racconta Brevi della Omb Valves, 120 milioni di ricavi a livello consolidato con 280 addetti. Produce anche in Texas, Arabia Saudita e a Singapore per i mercati locali, utilizzando però componenti italiani al cento per cento. I dividendi? Distribuiti una volta in quarant’anni di storia aziendale. «Gli utili li usiamo per comprare altri macchinari e sviluppare nuovi prodotti, come fanno i miei colleghi-rivali». Tra cui c’è la Lvf di San Paolo d’Argon, che ha un giro d’affari di 110 milioni e circa 200 addetti. «Speriamo di poter ricominciare a lavorare presto con Teheran, perché l’embargo ci ha fatto perdere un bel po’ di quattrini: quelli comprano tanta roba e sono preparati», ammette il responsabile vendite Claudio Piccinini, fresco di chiacchierata con un intermediario persiano. Pure lo stop alle vendite in Russia, con il blocco dell’export verso Mosca in seguito alla crisi con l’Ucraina, ha mandato in fumo o congelato parecchi affari. Ma qui nessuno si straccia le vesti. «Il calo del greggio ha messo in stand-by qualche commessa, ma con gli ordini già in portafoglio quest’anno fattureremo 10 milioni in più rispetto ai 130 del 2014, quando eravamo cresciuti dell’8 per cento», dice Antonio Sonzogni, amministratore delegato della Bfe di Albano Sant’Alessandro, che dà lavoro a 290 persone. Passata di mano varie volte , la Bfe ora è della famiglia italo-americana Leone, titolare di impianti anche negli States. Batte invece bandiera tedesca la StarLine di Costa di Mezzate, posseduta dalla Samson AG di Francoforte. Ha 90 addetti e un giro d’affari di 42 milioni, aumentato del 380 per cento in un decennio.
Nonostante i buoni risultati generalizzati, qualche lamentela c’è. Sonzogni chiede il taglio delle tasse sul lavoro, Brevi auspica invece il dimezzamento (almeno) dei vincoli burocratici che incatenano l’operatività. Spiega che per spedire un certo tipo di merci nei Paesi caldi si deve obbedire alle regole europee sul “dual use” (alcune valvole potrebbero essere ordinate per usi civili e poi impiegate a scopi militari). «Ho dovuto firmare la stessa richiesta 8 mila volte in pochi anni», racconta il capo della Omb, denunciato quattro volte per lo stesso tipo di spedizione, in Qatar. «Ho sempre vinto le cause, ma ogni volta con iter diversi: assolto subito, in appello, non rinviato a giudizio. In Germania hanno creato un ufficio con 200 persone: si presenta la documentazione, con l’aiuto di un’università o un centro ricerche, ed è tutto a posto. Da noi si buttano tempo e soldi in pratiche infinite e si avvantaggiano altre imprese europee, soprattutto olandesi e britanniche, che pure avrebbero, teoricamente, i nostri stessi obblighi».