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 2015  giugno 04 Giovedì calendario

CON LE POLPETTE DI VERMI IL BELGIO ROMPE UN TABÙ

Frank Teughels è un arzillo signore fiammingo che abita a Mechelen, non molto lontano da Anversa. Ed è un sopravvissuto. Come diversi altri dopo di lui, in realtà. Ma lui è stato uno dei primi. In Europa. È successo quando sua moglie Michèle e sua figlia Virginie, mesi fa, decisero di fargli uno scherzo mettendogli nel piatto un hamburger di vermi e farina di larve spacciandoglielo per il solito manzo. Non è che lo avessero frullato loro dopo una rastrellata in giardino, lo avevano regolarmente comprato al supermarket del paese. Il signor Teughel, quando gli dissero cosa aveva mangiato, stando a quanto racconta ora sua figlia non fece una piega: «Un hamburger», disse. «Però l’altro che c’era nella confezione – ride Virginie – per il momento è ancora in freezer».
La ragazza, 25 anni, sa di cosa parla perché da un mese lavora all’Expo nel padiglione del Belgio: primo Paese europeo ad aver non solo promosso ma autorizzato il commercio di burger, schnitzel e nugget a base di «buffalo warms». Una confezione con due polpette di vermi e farina di larve costa 3,95 euro. Quelli di una marca sono in vendita dal 1° ottobre dell’anno scorso, ma recentemente qualche snack confezionato con vermi e carote – sempre in Belgio – hanno cominciato a farlo anche altri.
E il punto sta tutto nei numeri: in una polpetta da cento grammi di insetti larve e affini vari ci sono 214 calorie, 18 grammi di proteine, solo 2 grammi di grassi e (nella versione mischiata a farina di mais) mezzo grammo di zuccheri. Praticamente tartare di chianina, al netto del resto. Col vantaggio che produrla costa quasi niente e inquina quasi zero. La proteina del futuro, appunto.
Il Belgio qui all’Expo ne ha fatto il perno del suo tema espositivo. Non solo parlando di insetti, ma in generale di quella «sostenibilità» che se ancora per poco sarà un optional diventerà comunque obbligatoria quando nel mondo saremo dieci miliardi. E così il padiglione di cui folle sterminate riempiono da un mese gli stand esterni – la birra va via a fiumi e la coda per le patate fritte comincia al mattino – ha un intero comparto sotterraneo dove i suoi scienziati hanno allestito la cantina di domani.
Con le colture acquaponiche, che per ora sono un prototipo ma promettono bene: vasche dove nuotano decine di carpe, con un filtro che pulisce l’acqua aspirando i loro escrementi, i quali vanno a fertilizzare una soprastante ruota su cui, illuminate da una lampada-perno centrale, crescono caspi d’insalata e piante di basilico. «Le abbiamo avviate all’apertura di Expo – spiega Virginie – e siamo già al primo raccolto d’insalata riccia. Le carpe le mangeremo quando saranno cresciute, prima della fine dell’esposizione». Povere, ma vabbè. Ormai «normali», nel senso che in altri Paesi e anche in qualche posto d’Italia vengono portate avanti da tempo, sono invece le colture idroponiche basate «semplicemente» sull’uso intensivo e intelligente dell’acqua in un sistema tipo serra: che è l’ultimo pezzo di questa cantina belga. L’argomento del «cosa mangeremo quando saremo troppi» non è una esclusiva di questo padiglione, va detto. Anzi appena mezzo chilometro più avanti, lungo il Decumano, a «come sarà fatta la spesa del futuro» è dedicato un intero supermercato: bancarelle dei vermi comprese, anche se non in vendita. Ma proprio questa è invece la particolarità del Belgio. Che gli insetti non li ha portati qui in mostra: ne espone solo le foto. Però in casa sua li vende e li mangia da quasi un anno.
Otto sono le specie di insetti già commercializzati a Bruxelles e dintorni, dalla locusta migratoria a vari tipi di grilli, a diverse larve. E paragonati a quel che serve per tirar grande un vitello vincono su tutta la linea. La proporzione è un litro d’acqua contro tremila per produrre un hamburger dello stesso peso. Per non parlar di quel che mangiano: solo il 7 per cento di quel che mangia un bue si trasforma in carne, e nel caso di un maiale siamo al 16 per cento. Il 55 per cento di quel che mangia un grillo diventa commestibile.
E, come si diceva, commestibile ad alta qualità nutrizionale: in quel solito «grillo comune», originario dell’Asia ma residente da chissà quando in tutto il mondo, oltre alle proteine c’è una quantità di calcio, ferro, magnesio e potassio da atleta. Con quel che salta, del resto, non c’è da stupirsi.