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 2015  giugno 02 Martedì calendario

VONGOLE E TORTA DI MELE, L’ARTE DELLA CUCINA SECONDO JACKSON POLLOCK

Una mostra e un libro sulla passione del grande pittore
Jackson Pollock come Nonna Papera: sfornava ghiottissime torte di mele, con le quali partecipava alle gare di Springs, Long Island, e una volta vinse anche il primo premio. A dare questa immagine inedita del celeberrimo artista americano, leader del movimento dell’Espressionismo astratto e inventore del «dripping», la tecnica di far gocciolare il colore o di lanciarlo sulla tela, è Robyn Lea, fotografa australiana. Robyn ha scoperto nella casa di Pollock, a Springs, un mucchio di ricette scritte a mano dallo stesso Jackson e da sua moglie, l’artista Lee Krasner. «Ero andata a fotografare la casa e lo studio dove i Pollock vissero insieme dal 1945 al 1956, anno della morte di lui. Sono entrata in cucina e nella dispensa; a un certo punto, nascosti tra le pentole ho trovato dei foglietti volanti con le ricette. Lì per lì ho provato un senso di sgomento. Non riuscivo a immaginarmi Pollock casalingo». In due anni di ricerche, Robyn Lea ha rivoltato l’icona dell’artista maledetto e geniale, espulso da scuola per indisciplina, preda fin da giovanissimo dell’alcol che lo porterà alla morte a soli quarantaquattro anni. La fotografa, che vive e lavora a New York, ha scoperto la passione di Pollock per la cucina, le donne che gliel’hanno ispirata, il modo in cui si procurava gli ingredienti per le ricette, coltivando l’orto, raccogliendo frutti selvatici nei boschi, pescando vongole nelle paludi salmastre intorno a Springs. «Una volta arrivato al limite dell’acqua, Jackson si toglieva le scarpe e raccoglieva le vongole con un rastrello o direttamente con i piedi, tastando il fondo sabbioso della palude per sentirne i gusci. Quando aveva ospiti, si faceva accompagnare da loro. Ma intimava il silenzio. Il contatto con la natura era per lui altrettanto importante della ricerca del cibo e come colonna sonora accettava soltanto i versi degli uccelli e delle rane e il fruscio dell’acqua mossa dal vento», racconta Robyn. Ha fotografato le ricette manoscritte, poi le ha fatte cucinare. Ora le immagini si possono vedere nella mostra «Dinner With Jackson Pollock: Ricette, Arte e Natura», aperta fino al 9 giugno nel salone centrale del Vittoriano (via S. Pietro in Carcere), organizzata da Zètema e da Comunicare Organizzando. La rassegna, patrocinata dall’Ambasciata degli Stati Uniti, fa parte del progetto «Roma verso Expo» e, dopo la prima romana, traslocherà a Milano.
Robyn, che era presente nei giorni scorsi all’inaugurazione insieme all’ambasciatore John Phillips, confessa che all’inizio le è stato difficile conciliare l’immagine di Pollock saltellante intorno alla tela, mentre lancia in aria i colori con apparente disordine e casualità, con quella di un uomo che poi si trasferisce in cucina a impastare il pane, aspetta con pazienza che la pagnotta lieviti e intanto programma con precisione la temperatura del forno. In realtà Pollock negava che ci fosse casualità nelle sue opere. La conferma è arrivata di recente dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che analizzando «Alchemy», del 1947, prima di restituirla alla collezione Guggenheim di Venezia, ha scoperto come l’artista creasse un preciso schema visivo sulla tela prima di ricoprirla di numerosi strati di pittura. Le immagini dei pennelli intrisi di colore e quelle dei barattoli di lacche, olii, gessi, vernici, che Pollock usava per i suoi quadri, sono esposte accanto a quelle dei prodotti che utilizzava per preparare pranzi e cene. Le tinte brillanti degli ossidi in polvere si specchiano nel viola delle melanzane, nel giallo carico delle carote, nel rosso rubino delle barbabietole. Ci sono le foto dei piatti realizzati, spesso con il contributo degli amici che raggiungevano i Pollock a Springs nei fine settimana. Tra questi amici c’erano Peggy Guggenheim e Willem de Kooning con la moglie Elaine, che arrivava con una fantasmagorica macedonia di lamponi, mirtilli e chicchi di melagrana. E ci sono le storie delle donne che insegnarono a Jackson a cucinare: la madre Stella, la cognata Arloie, la moglie di Thomas Hart Benton, Rita. A New York, negli anni ’30, mentre Thomas dava a Jackson lezioni di pittura, Rita lo istruì sull’arte di mangiare gli spaghetti.