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 2015  giugno 04 Giovedì calendario

SU CLIMA E AMBIENTE, IN AGENDA AL G7 DI ELMAU, LA MERKEL PREDICA BENE, MA RAZZOLA MALE. SOPRATTUTTO SULLE CENTRALI TEDESCHE A CARBONE

Angela Merkel sostiene che i leader politici del G7 hanno di fronte due sfide globali: eliminare la fame e la povertà assoluta entro il 2030 con uno sviluppo sostenibile; tutelare l’ambiente con la riduzione dei gas serra per evitare che il riscaldamento del pianeta superi i due gradi. La cancelliera lo ha scritto di suo pugno in un articolo pubblicato ieri dal Corriere della sera, in cui fa il punto sull’agenda politica dei sette maggiori Paesi industriali. Di questi temi, ha assicurato, si discuterà nel vertice del G7 in programma sabato e domenica a Elmau, in Baviera, dove la Merkel sarà la padrona di casa.
Nel suo scritto, la cancelliera dedica ampio spazio alla tutela dell’ambiente, tema destinato a prendere la scena nei prossimi mesi. In dicembre si terrà a Parigi un vertice mondiale sul clima (Cop21), che nelle intenzioni dei promotori dovrà promuovere un accordo tra i Paesi sviluppati e non per ridurre le emissioni di anidride carbonica e influire così sull’andamento del clima dopo il 2020, in base a nuovi parametri rispetto a quelli indicati nel vertice di Kyoto del 1997. Parametri largamente disattesi finora, come dimostra il progressivo scioglimento dei ghiacciai causato dal riscaldamento dell’atmosfera.
La Merkel è una donna pratica: da turista, viene spesso in vacanza sulle nostre Alpi, dove la riduzione dei ghiacciai, in alcuni casi la sparizione, è sotto gli occhi di tutti. Anche se fa meno notizia di altre sciagure, come l’Ebola e le migrazioni dal Nord Africa, il clima sta diventando un problema politico fisso nell’agenda dei governi del G7. Un tema a cui anche l’opinione pubblica è sempre più attenta. E la Merkel, com’è nel suo stile di maestra d’Europa, vuole dare anche qui il buon esempio: «Come Paesi industriali dobbiamo mantenere fede all’assicurazione data a Copenhagen nel 2009 e cioè mettere a disposizione a partire dl 2020 ogni anno 100 miliardi di dollari per l’adattamento e la protezione del clima nei Paesi in via di sviluppo. La Germania raddoppierà i fondi per questo scopo tra il 2014 e il 2020. Spero che fino alla Conferenza di Parigi altri paesi ancora diano uguali assicurazioni».
Purtroppo, su questi temi,la Merkel predica bene, ma razzola male. Proprio ieri sono stati resi noti due rapporti scientifici sul clima e sulle (mancate) tutele ambientali, nei quali la Germania viene messa sul banco degli imputati come il maggiore inquinatore tra i Paesi europei.
Il primo rapporto, firmato da tre organizzazioni ambientali (Natural resource defence council, Oil change international, Worldwide fund for nature), sostiene che negli anni recenti i governi dei Paesi europei hanno fornito, direttamente o sotto forma di garanzie, ben cinque miliardi di dollari alle società che hanno esportato le tecnologie necessarie per costruire nuove centrali elettriche a carbone. Attività in cui la Germania ha fatto la parte del leone, contribuendo con 3,2 miliardi di dollari al finanziamento di centrali che, a causa del carbone, sono considerate le maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico.
Il fatto che ora la Merkel si impegni a raddoppiare gli stanziamenti tedeschi per gli adattamenti necessari a rendere meno inquinanti le centrali dei Paesi in via di sviluppo, più che un merito, è in realtà un’involontaria ammissione di colpa. Con uno scopo però chiaro: dare altri miliardi e altro lavoro all’estero alle imprese tedesche del settore, per porre riparo ai danni ambientali provocati da loro stesse.
Ancora più sferzante l’Atlante 2015 sul carbone, pubblicato dalla Fondazione Heinrich Boll, vicina ai Verdi tedeschi. Ogni anno le centrali a carbone attive in Europa, sostiene il rapporto, pompano nell’aria 15,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2), pari a un quarto di tutte le emissioni di gas serra. Una minaccia non solo per l’ambiente, ma anche per la salute umana: ogni anno in Europa più di 180 mila persone muoiono a causa di malattie provocate dall’inquinamento da carbone, mentre i sistemi sanitari dei vari Paesi devono sostenere un costo di 48 miliardi di euro per le cure.
«La Germania di Angela Merkel vorrebbe essere un modello di protezione ambientale», commenta un’autrice del rapporto. «Ma così non è, nonostante il programma di sviluppo delle energie alternative Energiewende, poiché le emissioni di gas serra da parte delle centrali tedesche a carbone è sempre molto elevato». Il ministro per gli Affari economici, Sigmar Gabriel, leader della Spd e vice della Merkel, si era impegnato a ridurre le emissioni di CO2 per 22 milioni di tonnellate, mentre le carte dello stesso ministero – afferma lo studio – rivelano che il taglio si è fermato a 16 milioni di tonnellate. Tutto merito della potente lobby del carbone, che ogni anno riceve agevolazioni per 10 miliardi di euro, «soldi che sarebbero stati spesi meglio se destinati alle energie rinnovabili». Certo, il fatto che lo studio sia di una fondazione vicina ai Verdi, può spiegare le accuse contro Gabriel, leader dei rivali socialdemocratici («È capitolato di fronte alla lobby del carbone»). Ma tolto l’astio politico, restano i numeri: in Germania la fine del carbone è di là da venire.
Tino Oldani, ItaliaOggi 4/6/2015