Claudio Antonelli, Libero 2/6/2015, 2 giugno 2015
«TASSE AL 10% E NIENTE DAZI VENITE A INVESTIRE IN PARAGUAY»
[Intervista a Gustavo Leite] –
Per anni il Paraguay è stato un Paese chiuso. Ha avuto una politica turbolenta e difficile. Poi, a partire dagli anni ’90 ha avviato una progressiva apertura dei confini e dell’export, aderendo per primo al Mercosur, il mercato comune dell’America Latina. Nel 2013 è stato eletto alla presidenza il tycoon Horacio Cartes. Svolta a destra, hanno scritto i giornali. In realtà è stata la svolta del libero mercato: rinnovamento del Fisco e introduzione di una legge di garanzia per gli investitori stranieri. Così il governo, beneficiando contingenza regionale, ha dato l’input finale alla svolta economica.
Ora la crescita del Pil è tra le più elevate. Se la media negli ultimi dieci anni è stata del 4.5%, nel 2013 il Pil è schizzato del 14% circa e nel 2014 ha chiuso con una percentuale del 4,8%. Al di sopra della media regionale. Tra i registi delle riforme c’è Gustavo Leite, ministro dell’Industria e dello Sviluppo Economico. Prima ha spinto per rendere il Paraguay un hub diretto verso l’Europa, tanto che è l’unica nazione dentro il Mercosur che gode della possibilità di esportare circa 6mila prodotti senza dazi. E ora gira l’Europa per cercare aziende. La prossima missione sarà in Italia il prossimo 15 giugno dopo aver fatto tappa a Bruxelles assieme al presidente Cartes.
Ministro, quali sono i cinque motivi per cui un imprenditore dovrebbe investire ad Asuncion?
«Il primo motivo è il ritorno economico. Nel 2013 e nel 2014 la profittabilità media è stata del 22%. Ben al di sopra della media dei Paesi confinanti. Inoltre la nostra moneta, il guaranì, è stabile e non soffre d’inflazione. Mettere un piede in Paraguay significa avere accesso al resto del Mercosur. E vorrei segnalare che l’export diretto al Brasile è cresciuto del 55% solo nel 2014. Il quarto motivo sta nei bassi costi: dall’energia alla manodopera. L’ultimo motivo è la visione economica che abbiamo cercato di perseguire. E che porteremo avanti durante il prossimo semestre, quando il Paraguay sarà alla presidenza del Mercosur».
Ci spieghi le grandi differenze di crescita del Pil. Nel 2012 è salito dell’1%, poi quasi del 14, nel 2014 del 4,8 e quest’anno dovrebbe attestarsi sul 4.6. Un imprenditore non deve temere questi sbalzi?
«Direi di no. Il 2012 è stato un anno difficile per via della siccità e l’industria agroalimentare ha preso una batosta. Il dato del 14% del 2013 dimostra la capacità del nostro Paese di riprendersi. I numeri attauli segnano l’andamento di crociera. Sono convinto che con l’arrivo di capitali stranieri e lo sviluppo della logistica, soprattutto quella fluviale, potremmo arrivare a un +6,5% per la prossima decade».
Le sorelle del rating hanno da poco promosso di un noch Asuncion. Che ruolo ha avuto la riforma fiscale?
«Abbiamo promosso la regole del 10. Che è l’imposizione sull’Iva, sulle tasse corporate e personale. Un 10 secco. Soprattutto abbiamo inserito l’imposta dell’1% per chi importa prodotti dall’estero, li trasforma in Paraguay e li esporta. Ci sono zone poi franche dedicate alla trasformazione dei prodotti. Credo però che sulla scelta di Moody’s e Fitch abbia pesato il piano di investimento sulle infrastrutture da 6,3 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni e penso anche la nostra strategia».
Chi dovrebbe investire in Paraguay?
«L’industria agroalimentare, in primis. Siamo grandissimi produttori di soia, mais e carne. Poi c’è la logistica che è uno dei pilastri della nostra economia. Noi mettiamo i fondi, ma ci serve tecnologia avanzata. Infine il real estate. Oltre il 60% della popolazione è giovane e con l’affacciarsi della ripresa economica cercherà una prima casa per farsi una famiglia. Per noi il mattone sarà molto importante in futuro».