Maurizio Stefanini, Libero 2/6/2015, 2 giugno 2015
TUTTI D’ACCORDO: ATENE VIA DALL’EURO
Nulla è trapelato dal vertice di Berlino tra il presidente della Bce Mario Draghi, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Francois Hollande riunitisi, pare, per discutere di un piano d’emergenza da presentare in caso di accordo fra i creditori. Ma alla scadenza della prossima rata che la Grecia deve al Fmi mancano oramai poche ore. Credit Suisse crede che alla fine si riusciranno a trovare i 300 milioni di euro che ci vogliono. È William Porter, responsabile dell’European credit strategy dell’istituto elvetico, a spiegare che secondo lui alla fine ci sarà l’accordo per evitare un evento che sarebbe traumatico per tutta l’Eurozona, e arrischiandosi anche a dare le cifre sulle relative probabilità: 75% su un accordo entro le prossime settimane; solo 5% per un collasso finanziario. Ma per ogni esperto che vede rosa, ce ne sono almeno tre o quattro che la vedono invece nera che più nera non si potrebbe. Huw Pill, capo economista per l’Europa di Goldman Sachs, ritiene ad esempio che il problema è la piattaforma elettorale sulla quale Syriza ha vinto le elezioni, per cui delle due l’una: o si va al voto di nuovo, per lo meno per un referendum sulla permanenza nell’euro, o il Grexit diventa inevitabile. Anche Andreas Dombret, consigliere della Bundesbank a capo del servizio di Vigilanza Bancaria, avverte che presto la Bce potrebbe non essere più in grado di aiutare il governo greco. Il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel, finora sostenitore del dialogo con Tsipras, ha chiuso la porta ad ulteriori tentennamenti. E nello stesso senso si pronuncia il finanziere renziano Davide Serra, fondatore e amministratore delegato del fondo speculativo Algebris. «Le istituzioni europee nel 2011 non erano pronte. Erano a rischio di un contagio. Da allora hanno creato una sorta di sala di pronto soccorso», spiega. Grexit permetterebbe appunto di testarla. «Abbiamo bisogno di vedere la Grecia uscire dall’area euro, così vedremo cosa vuol dire vivere fuori dall’euro». Morgan Stanley a sua volta sentenzia che «nuovi aiuti non bastano, serve un terzo piano di salvataggio» e fa a sua volta cifre, ma molto meno ottimistiche rispetto a Credit Suisse: 40% di probabilità di restare nell’euro, il 25% di uscirne, 35% di introdurre un controllo dei capitali analogo a quello deciso a Cipro nel 2013, che a sua volta potrebbe sfociare in una Grexit (60%) o in una eliminazione delle misure (40%).
Non sembrano dare indicazioni positive neanche le dimissioni dell’economista Elena Panaritis, appena due giorni dopo la nomina a rappresentante della Grecia presso il FondoMonetarioInternazionale.Iltutto per la ribellione di 40 parlamentari di Syriza contro una esponente del Pasok che per aver lavorato con Fmi e Banca Mondiale è stata accusata di aver «voluto l’austerity»: ma proprio per via di quelle sue esperienze Varoufakis l’aveva scelta. Ovvio che la Grecia torni a guardare con interesse fuori dall’Ue. Il ministro greco per la Produzione, l’Energia e l’Ambiente Panayiotis Lafazanis ha fatto sapere che la Grecia sta preparando e molto probabilmente presenterà una richiesta per partecipare alla Nuova Banca di Sviluppo per i Paesi Brics, e già avrebbe avuto assicurato l’appoggio del vice ministro delle Finanze russo Serghiei Storchak. La Russia avrebbe anche proposto al ministero della Difesa ellenico di coprodurre fucili mitragliatori AK-47 Kalashnikov: una possibilità che creerebbe gravi problemi per il mantenimento della Grecia nella Nto, ma per cui Mosca vorrebbe una risposta entro agosto.