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 2015  giugno 03 Mercoledì calendario

CHINA & CIGARETTES - In Cina già un paio d’anni fa ci ave­vano pro­vato. Appena entrato nel nego­zietto sotto casa che ven­deva jiaozi e ravioli al vapore, oltre a buo­nis­simi spa­ghetti xin­jia­nesi, il pro­prie­ta­rio mi aveva fatto notare il car­tello appeso sopra il menu: «Vie­tato fumare»

CHINA & CIGARETTES - In Cina già un paio d’anni fa ci ave­vano pro­vato. Appena entrato nel nego­zietto sotto casa che ven­deva jiaozi e ravioli al vapore, oltre a buo­nis­simi spa­ghetti xin­jia­nesi, il pro­prie­ta­rio mi aveva fatto notare il car­tello appeso sopra il menu: «Vie­tato fumare». Avevo giu­sto la siga­retta in mano, poco dopo essermi seduto. Gli avevo chie­sto: «Ma dav­vero?». E lui sor­ri­dendo mi aveva allun­gato il posa­ce­nere. Gli ho offerto una delle mie siga­rette (Hong­ta­shan, pro­dotte in Yun­nan, ma distribuite su tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale; baide ruande, bian­che, mor­bide, quelle che scher­zando si dice siano le «pre­fe­rite dai camio­ni­sti cinesi») e sfu­mac­chiando avevo scher­zato sul divieto. «Impos­si­bile che si possa mai realizzare», per­ché i cinesi, per quanto possa appa­rire strano in Occi­dente, sono refrat­tari ai divieti, alle regole. Ave­vamo dun­que con­cluso che non avrebbe mai e poi mai fun­zio­nato, con­clu­dendo così la nostra chiac­chie­rata, sod­di­sfatti di aver cri­ti­cato il governo e pon­ti­fi­cato sui mas­simi sistemi e infine par­lato dei ravioli di Shan­ghai. Tutto sem­brava sotto con­trollo. E invece: da ieri in Cina è dav­vero vie­tato fumare nei luo­ghi pub­blici al chiuso. Un prov­ve­di­mento nell’aria da tempo, per­ché i morti per can­cro in Cina sono troppi e per­ché Xi Jin­ping non è un fuma­tore e sua moglie Peng è un’attivista della campagna nazio­nale con­tro il fumo, sus­sur­rano alcuni. Sono voci, dice­rie. Resta – in ogni caso – un duro colpo per parec­chi cinesi, per­ché secondo i media internazionali, solo a Pechino ci sareb­bero almeno 4,9 milioni di fuma­tori, che si fume­reb­bero almeno 15 sigarette al giorno. In effetti la per­ce­zione per chi arriva in Cina, è quella di un paese di fuma­tori accaniti. È con­sue­tu­dine offrire siga­rette a cena, o quando si incon­tra qual­cuno; è apprez­zato lo stra­niero che fa lo stesso, nei cen­tri mas­saggi c’è sem­pre un pac­chetto di siga­rette accanto alla pol­trona, ai matri­moni, sui tavoli agghin­dati, ci sono sem­pre pac­chetti di siga­rette, le «Dop­pia Feli­cità» o altre ben più costose. È un segno del pro­prio sta­tus sociale, o almeno lo era. Ad esem­pio gli stra­nieri, in gran parte, fumano le «leg­ge­rine» Zhong­na­n­hai numero 8. Pac­chetto rigido, bianco e blu. Si chia­mano Zhong­na­n­hai (il Crem­lino cinese) per­ché furono pro­dotto e fab­bri­cate appo­si­ta­mente per lui, il Grande Timo­niere (che spesso si faceva ritrarre siga­retta in mano. Cele­bre la sua foto attor­niato da ragazze, con una pronta a offrire il fuoco). E Zhong­na­n­hai è anche il nome di una can­zone di una nota rock band pechi­nese (i Car­sick Cars), piut­to­sto in voga negli scorsi anni; ai loro con­certi, quando suo­na­vano nei club come lo Yugong­ni­shan a Pechino, di solito chiu­de­vano i loro con­certi pro­prio con la can­zone dal titolo Zhong­na­n­hai. Ed era abi­tu­dine tirare sul palco parec­chie siga­rette, rito pagano del rock locale. La diplo­ma­zia del posacenere Anche i «grandi» del paese — dun­que — fuma­vano. Ci sono ancora in giro, e si dice siano le pre­fe­rite dei fun­zio­nari, siga­rette costo­sis­sime, anche 30 euro al pac­chetto (in Cina un pac­chetto costa poco più di un euro, infatti la spesa men­sile per il fumo è di circa 20 euro) o addi­rit­tura 100 euro. Ci sono le «Panda» ad esem­pio, che erano fumate niente meno che da Deng Xiaoping. Altro cele­bre scatto: Deng stra­vac­cato su una pol­trona, men­tre rovi­sta il pac­chetto per pren­dere la siga­retta. È pronto ad accen­derla. Accanto a lui c’è Henry Kissinger. Altri tempi: per­ché già dal 2013 ai fun­zio­nari del Par­tito è proi­bito mostrarsi in pub­blico sfu­maz­zanti. Per varie ragioni: una prima di edu­ca­zione civica. Una seconda di sal­va­guar­dia. Qual­che fun­zio­na­rio è stato bec­cato, attra­verso foto che sono girate on line, durante con­fe­renze stampa, con pac­chetti di siga­rette un po’ troppo costose per il pro­prio rango di fun­zio­na­rio «del popolo». Gli esiti sono stati spesso catastrofici. C’è anche chi, per colpa delle siga­rette, si è dovuto dimet­tere. Il fra­tello del pre­mier Li Keqiang era il vice capo del potente mono­po­lio dei tabac­chi di Sta­to­che for­ni­sce dal 7 al 10 per cento delle entrate del governo, pari a quasi 816 miliardi di yuan nel 2013. Li Keming, fra­tello minore del pre­mier, era vice capo dell’organizzazione dal 2003. Si è dimesso, «risol­vendo un poten­ziale con­flitto di inte­ressi, dato che la Cina è il più grande con­su­ma­tore di tabacco del mondo», hanno scritto i media locali. Il vice­di­ret­tore Li Keming della State Tobacco Mono­poly Admi­ni­stra­tion ha lasciato il suo inca­rico e insieme a lui hanno fatto lo stesso diversi altri funzionari. E adesso? Cosa suc­cede ora? Secondo i rego­la­menti in vigore «i tra­sgres­sori devono affron­tare multe di 200 yuan (circa 25 euro), un forte aumento rispetto alla pre­ce­dente pena­lità di 10 yuan». Coloro che infran­gono le regole tre volte saranno «sver­go­gnati» su siti web del governo della città. Inol­tre anche i risto­ranti potranno essere puniti, se con­sen­ti­ranno ai pro­pri ospiti di fumare all’interno dei locali. Ieri il South China Mor­ning Post ha visi­tato «sette risto­ranti» lungo la Gui­jie, la famosa «via dei fan­ta­smi», con risto­ranti aperti 24 ore su 24 a Pechino. «Certo che si può fumare, non ho sen­tito par­lare del divieto di fumo», avrebbe detto un came­riere al gior­na­li­sta. Un mana­ger è parso più infor­mato: «Non for­niamo più posa­ce­nere e accen­dini. Abbiamo anche smesso di ven­dere le siga­rette. Se gli ospiti vogliono fumare, chie­diamo loro di farlo fuori». E la Cina è anno­ve­rata tra i paesi pre­cur­sori della siga­retta elet­tro­nica. «Nel 2005 — ha scritto il Glo­bal Times — sono stati regi­strati otto bre­vetti di inven­zioni di e-sigarette. Nel 2012 la cifra era salita a 220 e l’anno scorso sono diven­tate 500».