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 2015  giugno 04 Giovedì calendario

SIAMO CAVITÀ INTESTINALI EVOLUTE?

Noi animali superiori originiamo da tre foglietti embrionali – e siamo perciò detti Triploblasti – che sono, dal dentro al fuori dell’embrione: endoderma, mesoderma ed ectoderma. È impossibile riassumere l’incredibile varietà di processi di sviluppo embrionale delle varie specie, ma i primi eventi morfogenetici sono a carico dell’endoderma in tutte le sue forme, palesi e nascoste, anche se i dettagli minuti di questi processi sono ancora da individuare in molte specie, anche importanti o importantissime.Gli animali pluricellulari derivano da un’originaria aggregazione di organismi unicellulari e hanno dovuto darsi un’organizzazione propria. Le forme più elementari e probabilmente antiche sono Diploblasti, derivano cioè da due foglietti embrionali: sembra mancare il solo mesoderma che appare quindi come l’ultimo venuto nel cammino dell’evoluzione, ma fra endoderma ed ectoderma chi è il più antico? Siamo una cavità intestinale che si è evoluta ed esternalizzata o un’epidermide che si è internalizzata, acquisendo nuovi compiti?A questa domanda sembra rispondere un articolo di Tamar Hashimshony e collaboratori (in «Nature», Vol. 519, pp. 219-222) che hanno studiato il profilo dell’attività genica di tessuti embrionali diversi di molte specie, scelte ovviamente tra quelle ritenute più antiche. È sempre arduo cercare di ricostruire il passato partendo dalla situazione presente, soprattutto se la cosa avviene al livello molecolare e puramente trascrizionale. Il verdetto sembra però abbastanza chiaro. Dallo studio delle specie che esistono anche oggi, l’endoderma sembra il foglietto più antico: in principio eravamo intestini.Forse ciò non è molto sorprendente e già il biologo tedesco Ernst Haeckel aveva proposto nella seconda metà del XIX secolo che siamo tutti evoluti da una sorta di sacco dotato di funzioni digerenti, da lui denominato gastrea. È chiaro però che una cosa è ipotizzare e un’altra è dimostrare, soprattutto considerando l’incredibile mole di conoscenze accumulate ultimamente sulle funzioni e i movimenti morfogenetici dei diversi foglietti embrionali nelle differenti specie. È lecito tuttavia discutere tutto questo in un’ottica più ampia e seguendo il filo rosso delle funzioni vitali degli animali pluricellulari.Un batterio è una macchina per sopravvivere per qualche tempo e per riprodursi, due funzioni parimenti essenziali per qualcosa che vuole definirsi vivo. Anche il batterio è dotato di percezione e reattività, di un’elementare progettualità, e di capacità, anche se limitata, di movimento, tutte funzioni che compie consumando energia e introducendo materia e informazione che poi elabora e metabolizza. Per andare avanti, tutto ciò basta e avanza, come dimostra il fatto che i batteri sono i dominatori della vita sulla Terra. A un certo momento alcuni hanno «preso l’iniziativa» di compiere due passi epocali: una complessa ristrutturazione della loro compagine cellulare, che passa da procariotica, con nucleo cellulare poco evidente, a eucariotica, con nucleo facilmente evidenziabile, e una tendenza ad aggregarsi in tessuti compatti e capaci di funzioni diverse, anche se concorrenti.Le funzioni biologiche che i nuovi organismi pluricellulari devono compiere sono sempre le stesse, con in testa l’assimilazione e il metabolismo, la riproduzione e la risposta, il più possibile adeguata, alle sollecitazioni dell’ambiente circostante. Se volessimo usare una metafora antropomorfica, potremmo dire che i nuovi organismi, come i vecchi, non hanno altra finalità che «sbarcare il lunario».In questa ottica l’ambiente è indifferentemente un amico e un nemico, e noi diciamo che un organismo deve essere sempre più adatto al suo ambiente, perché abbiamo un retroterra culturale di stampo finalistico, ma in realtà ogni organismo deve «parare» i colpi dell’ambiente, cosa riuscita su questo pianeta, ma non molto diffusa intorno a noi. Per ottenere questo occorre innanzitutto nutrirsi: poi viene tutto il resto. Con lo sviluppo dell’ectoderma ci si difende e si comunica e infine viene il mesoderma che ci sostiene nel movimento di ogni tipo. Le cavità intestinali originarie potevano quindi anche accontentarsi, ma non l’hanno fatto, fino a voler conoscere il più possibile per arrivare a dominare l’idea stessa di funzione. Siamo quindi arrivati noi che ci «mangiamo» letteralmente tutto il mondo, con corpo e mente. Finché durerà.