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 2015  giugno 04 Giovedì calendario

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giugno 2015
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LO SCANDALO DEL CALCIO
Quel verdetto shock del dicembre 2010 Sei voti di scarto, sei accusati di corruzione
MARCO MENSURATI FABIO TONACCI
ROMA .
Il 2 dicembre 2010, a Zurigo, l’organo di governo della Fifa assegnò un mondiale ai russi, ribaltando i pronostici. E ribaltarono anche il buon senso, dando l’altro al Qatar, un posto dove, nei mesi estivi, ci sono 50 gradi. Nell’anonimato dello scrutinio segreto, quel giorno, votarono in ventidue. Erano i potentissimi componenti del Comitato Esecutivo. Di questi ventidue, oggi, in sei sono nei guai fino al collo. Indagati per corruzione se non addirittura arrestati dall’Fbi, dalla Svizzera, e dalle altre polizie mondiali interessate al caso.
Ora, indovinate con quanti voti la Russia vinse il ballottaggio contro Spagna e Portogallo per l’assegnazione del torneo del 2018? Sei. E con quanti voti il Qatar vinse sugli Stati Uniti per il 2022? Sei. Difficile credere al caso.
«La Fifa è un indovinello impenetrabile racchiuso in un enigma misterioso», disse furente Andy Anson, il direttore generale della candidatura inglese, citando Churchill. Era sconcertato di fronte a quelle scelte. Nessuno vedeva, né poteva vedere, il “quadro” nella sua interezza. Russia e Qatar — tra l’altro — erano state le uniche due sedi, tra le nove in gara, ad essere state valutate rispettivamente “medium risk” e “high risk” dal comitato della Fifa che nell’estate del 2010 visitò i nove Paesi. Le altre erano tutte “low risk”. L’Inghilterra era data per favorita per il 2018, gli Stati Uniti per il 2022. Sepp Blatter, un anno prima della votazione di Zurigo, era stato accolto nella stanza ovale da Barack Obama, con un cerimoniale che di solito si riserva ai capi di stato. Oggi si intuisce qualcosa di più di quell’enigma misterioso.
Chi si sedette al tavolo delle scelte nel Comitato esecutivo, cinque anni fa? Vediamo. I membri convocati a Zurigo in quel 2 dicembre non erano 24 come vuole lo Statuto Fifa, ma 22, perché Amos Adamu della Nigeria e Reynald Temarii della Confederazione Oceania erano stati sospesi dalla commissione etica della Fifa: si erano già venduti le loro preferenze ed erano stati scoperti. In rappresentanza degli Stati Uniti c’era — e votò — Chuck Blazer, uomo dagli appetiti vivaci almeno quanto i suoi capelli e le sue abitudini. Prima di essere incastrato dall’Fbi e di accettare di farsi mettere una microspia addosso, aveva preso tangenti dal Marocco per sostenerne la candidatura ai mondiali del 1998, aveva preso mazzette sulla Gold Cup della Concacaf (la Confederazione del Nord e Centro America) e, soprattutto, si era spartito con Jack Warner i 10 milioni di dollari pagati dal Sudafrica per comprarsi — secondo l’accusa del procuratore di New York — tre voti e ottenere i mondiali del 2010. Seduto accanto a lui, quel giorno, a Zurigo, c’era Jack Warner, in qualità di presidente Concacaf: arrestato mercoledì scorso, poi rilasciato su cauzione, ora di nuovo inseguito dall’Fbi.
La stessa identica sorte di Nicolas Leoz, presidente della Confederazione sudamericana. Anche lui era nel comitato esecutivo del 2010, anche lui è stato arrestato per corruzione. In quel consesso sedeva pure Julio Grondona, presidente della federazione argentina. È morto lo scorso anno. Ma è su di lui che la Fifa due giorni fa — in modo assai poco elegante — ha provato a scaricare la responsabilità del pagamento della tangente per Sudafrica 2010. Già cinque anni fa Grondona, però, era stato al centro di uno scandalo perché il Wall Street Journal rivelò che la federcalcio argentina aveva ricevuto 78,4 milioni di dollari dal Qatar per votare a favore. «Non abbiamo avuto nulla da nessuno», si difese lui.
Siamo a 4 indagati su 22. Scorrendo la lista dei nomi del 2010 si trova poi Mohamed Bin Hammam del Qatar che ricopriva il ruolo di presidente della Confederazione asiatica: squalificato a vita dalla Fifa nel 2011 per corruzione. E c’era anche Ricardo Teixeira, allora presidente della federazione del Brasile. Nel suo paese è indagato per frode, riciclaggio e falsificazione di documenti, per aver versato su vari conti bancari 147,3 milioni di dollari, tra il 2009 e il 2012. E sono sei. A questo conto bisogna aggiungere Sepp Blatter, indagato per corruzione dall’Fbi: in quanto presidente, aveva diritto al voto.
Repubblica lunedì ha dato conto delle mosse frenetiche e contrarie al codice etico fatte dai vari comitati delle nazioni candidate, precedenti alla decisione di Zurigo. Tutte contenute nel “rapporto Garcia”, annacquato guarda caso dalla Fifa stessa. Il 2 dicembre 2010 si assegnavano due mondiali contemporaneamente. Per il 2018 al primo scrutinio la Russia prese 9 voti, Spagna e Portogallo 7. Al ballottaggio finì 13 a 7 per Mosca, con sei voti di differenza. Subito dopo si procedette all’edizione 2022. Se la giocarono Qatar e Stati Uniti per tre scrutini di fila, senza che nessuno ottenesse la maggioranza assoluta. Al quarto ballottaggio, però, il gruppo dei 6 anonimi colpì ancora: Qatar 14, Stati Uniti 8. «La Fifa ha preso una decisione sbagliata», commentò amareggiato Obama un paio d’ore dopo. Profetico fu invece il quotidiano russo Izvestia, che la mattina del 2 dicembre in prima pagina anticipava la notizia che la Russia si sarebbe aggiudicata sicuramente i mondiali. «Perché Blatter è nostro alleato», scrissero.
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