Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  giugno 03 Mercoledì calendario

FOOTBALL IN VERSIONE NOIR


Che piaccia o no è il più penetrante fenomeno culturale di massa presente nel mondo d’oggi. Che piaccia o no, quindi, è lo specchio o l’alter ego della nostra società. E anche se i giornali che leggete al bar non ne parlano e non ne parlano nemmeno quelle trasmissioni che magari guardate distrattamente, il calcio italiano (e non solo) sta cambiando.Occhio, perché magari la stessa storia succederà in altri sport. Riassumendo: nel Novecento il calcio si è convertito in modo sempre più pesante alla ragione economica. Ma adesso si è registrato un salto di qualità nella direzione della pura finanziarizzazione. Si tratta del mutamento che ha portato all’invasione delle TPO (Third Party Ownership, tradotto per essere chiari: proprietari terzi) e all’affermarsi di agenti monopolisti capaci di accentrare ruoli e funzioni.Questi soggetti investono nei diritti economici dei calciatori, cioè acquisiscono in percentuale i diritti sulla loro futura rivendita: se l’investitore A compra dal club B il 50 per cento del calciatore X, ciò significa che quando B venderà X a un altro club un’alta percentuale della vendita andrà all’investitore A. Che rispetto all’intera transazione è, appunto, una terza parte (third party), ma si è comprata il diritto a sfruttare finanziariamente l’affare. Questa mala pianta della finanziarizzazione calcistica comincia a attecchire in Sud America negli anni Novanta, quando ai club dei principali Paesi calcistici (Argentina, Brasile, Colombia, Uruguay), in condizione di crisi finanziaria endemica, non rimane che vendere l’ultimo asset di cui sono in possesso: il cosiddetto patrimonio calciatori. A chi? Alle terze parti appunto. Queste ultime possono essere gli agenti degli stessi calciatori, investitori privati che vedono nel commercio di calciatori un’opportunità di guadagno, o fondi d’investimento con sede legale in qualche paradiso fiscale e finanziatori anonimi. Una pratica esotica? Certo, fino a che non ce la ritroviamo in casa.
TEVEZ, MASCHERANO E LA MSI Il 31 agosto del 2006, ultimo giorno della sessione estiva di calciomercato, il club londinese del West Ham realizza un clamoroso affare: ingaggia gli argentini Carlos Tevez e Javier Mascherano, entrambi provenienti dal club brasiliano del Corinthians e reduci da un mondiale di buon livello in Germania. L’affare suscita scalpore perché i due sono ottimi calciatori, e dunque tutti credevano che sarebbero stati ingaggiati da club dell’élite europea. Vederli finire a giocare in una squadra dalle modeste tradizioni e con la prospettiva di lottare per la salvezza è un’anomalia. Ma la stranezza più grande emerge quando viene resa nota la formula attraverso cui il West Ham ingaggia Tevez e Mascherano: i due argentini sono stati presi in affitto, come se si trattasse di automobili o di monolocali. E l’ente che li noleggia al club inglese è un fondo d’investimento denominato Media Sports Investments (MSI), la cui sede legale si trova alle Isole Vergini Britanniche. Di quel fondo si conosce soltanto l’amministratore, un personaggio di cui gli appassionati di calciomercato sentiranno parlare spesso da quel momento in poi: Kia Joorabchian. Nato in Iran, Joorabchian è in possesso di due passaporti: britannico e canadese. Tramite la MSI si è fatto già conoscere nel mondo del calcio per via dell’avventura al Corinthians, il club da cui Tevez e Mascherano passano prima di andare al West Ham. Inoltre, come finanziatori della MSI vengono individuati alcuni oligarchi ex sovietici, tra cui Roman Abramovič. Per tutti loro verrà spiccato nell’estate del 2007 un mandato di cattura internazionale, revocato un anno dopo senza mai essere stato eseguito.E il processo tenuto al tribunale dello stato di San Paolo si concluderà a dicembre 2013 col ritiro della accuse, per insufficienza di prove.
MINO RAIOLA E MOURINHO Il signor Ria non è il solo. Le figure di broker globali del pallone si moltiplicano. L’uruguayano (ma brasiliano di nascita) Paco Casal, l’argentino Gustavo Mascardi, l’israeliano Pini Zahavi, l’italiano Mino Raiola e soprattutto il portoghese Jorge Mendes. Il quotidiano inglese Daily Mail ha stimato che a partire dal 2004 Mendes abbia intermediato trasferimenti di calciatori per 1,5 miliardi di euro, intascando 150 milioni in commissioni. Stime che paiono approssimate per difetto. Nell’estate del 2013 Mendes condusse il mercato per il Monaco, appena tornato nella Ligue 1 francese, in quanto uomo di fiducia dell’oligarca russo Dimitri Rybolovlev, presidente e proprietario del club monegasco. Si calcola che abbia intascato dieci milioni di commissioni soltanto per quei trasferimenti conclusi col Monaco. Sottolineo: dieci milioni di commissioni per i trasferimenti realizzati con UN SOLO club in UNA SOLA sessione di calciomercato. Attraverso l’agenzia Gestifute, Mendes è agente di alcuni fra i calciatori più forti e costosi del momento. La lista comprende innanzitutto Cristiano Ronaldo e poi anche nomi di allenatori come José Mourinho, assistito da Jorge Mendes già ai tempi in cui allenava l’Inter e che impose a Massimo Moratti l’acquisto per 25 milioni dell’osceno trivela Ricardo Quaresma, targato a sua volta Gestifute.
LO SBARCO IN ITALIA? Nessuno mai avrebbe pensato che fra i club scalabili da uno dei più importanti fondi d’investimento, la Doyen Sports, potesse esservene uno dell’élite mondiale. E invece è successo: il Milan. Anche se Doyen è già presente nel nostro Paese: è risaputo per esempio che abbia avuto la sua commissione dalla Lazio per acquisire Felipe Anderson e che Paulo Dybala del Palermo si trovi in una posizione molto opaca. Altri giocatori invece, come Lestienne del Genoa e Mpoku del Cagliari, sono controllati da un fondo del Qatar. Mentre è molto sospetta la posizione di Correa, argentino della Sampdoria, arrivato a gennaio per dieci milioni e quasi mai schierato in campo.Si accettano scommesse che la prossima estate passerà al Manchester City. Ci risentiamo a settembre per verificare la profezia.
OMERTÀ E INDIFFERENZA E le autorità calcistiche cosa dicono? L’Uefa è schierata nettamente contro e la Fifa ha preso posizione soltanto di recente, mettendo al bando le TPO dal primo maggio. Ma i fondi d’investimento hanno già presentato una denuncia alla Commissione Europea. E nel mezzo rimangono i calciatori. Una ristretta minoranza di privilegiati, per i quali essere liberi o sotto l’egida di un fondo d’investimento cambia poco, e la grande massa di quelli che invece rischiano di ritrovarsi in condizioni simili alla schiavitù. Come Marcelo Estigarribia, che a settembre 2014 denunciò a Sportweek di trovarsi in questa situazione e di non riuscire a liberarsi dal giogo del fondo d’investimento che ne possiede i diritti economici. Una denuncia raccolta da nessuno. Nel calcio come altrove l’omertà uccide e l’indifferenza è la sua complice.