Pierangelo Sapegno, Oggi 3/6/2015, 3 giugno 2015
TRAPATTONI: «BLATTER? MEGLIO NON CONOSCERLO»
Vecchio Trap, il più grande di tutti. Ha cominciato a giocare a calcio «a piedi scalzi», come dice lui, e l’ha fatto tutto, questo viaggio nel pallone, un percorso lungo una vita, dal dopoguerra a oggi, da quando giocava nel Milan, faceva il tipografo e andava agli allenamenti in bicicletta, dai campionati alle coppe, dalla Juve all’Inter, alla Nazionale, e poi in giro per il mondo, Bayern e Strunz (il calciatore che gli fece perdere le staffe e insultò in un tedesco maccheronico), Irlanda e chissà che altro. Chi meglio di lui può giudicare lo scandalo Fifa, la corruzione e le tragedie dello sport, i suoi uomini e i suoi peccati? Giovanni Trapattoni ha 75 anni. Lo dice sorridendo, quando gliene diamo uno in più: «Fermiamoci lì».
Allora, cosa ne pensa di questa inchiesta sul mondo del calcio, degli arresti, di tutto?
«Caro mio, sapessi... Penso che in tanti anni, da quando ho subito la storia dell’Italia, all’epoca della Corea, ricordi? E poi con l’Irlanda, il gol col fallo di mano di Henry, be’, penso che io le ho viste sulla mia pelle certe cose. Diciamo che alcuni condizionamenti, usiamo questo termine che non si sa mai, erano evidenti».
Condizionamenti?
«Tu scrivi come dico io che campi più sereno...».
In che senso?
«Perché bisogna far così. In realtà, se tu ci pensi, anche sulla formazione dei gironi sono sempre state fatte delle graduatorie che già seguono certe regole, mi capisci?».
Dei favoritismi?
«Non usiamo questo termine».
Sorteggi pilotati?
«Ecco sì. Questo non è illegale, perché tutto sommato ci sono delle classifiche ufficiali. Però, così, si trova il modo di favorire uno anziché un altro. Il calcio mette in moto troppi interessi, non solo economici, ma anche politici. Che certe situazioni siano pilotate, che ci siano manipolazioni, non posso permettermi di dirlo, però...».
Però non la stupirebbe?
«No. Non mi stupirebbe. Ci sono in ballo tanti di quegli interessi che è
facile che succeda...».
Com’è successo in Corea, quando l’Italia è stata sbattuta fuori dall’arbitro Moreno?
«Avevano già sottoscritto contratti con gli sponsor, c’era una logica economica che chiedeva certe scelte. C’erano di mezzo il Giappone e la Corea. Il Giappone era già stato eliminato. Io so che avevano già firmato dei contratti con la Corea. Per questo non poteva essere eliminata».
Alla faccia dello sport...
«Eh lo so. Mi è bruciata forte questa eliminazione».
È sempre stato così o adesso è peggio?
«Il movimento si è ingigantito, è diventato globale e gli interessi sono diventati ancora più grandi. È sempre stato così, solo che adesso riguarda tutti. Mi chiedi di Blatter (appena rieletto, ndr)? Lasciamo perdere».
Lei lo conosce?
«Io l’ho conosciuto. Però avrei preferito non conoscerlo».
In che senso?
«Tu scrivi solo questo, dammi retta...».
Comunque, è uno molto attaccato alla poltrona...
«In quella poltrona c’è tutto. Se tu conoscessi solo qualche ministro dello sport africano... Non ti dico altro».
Cosa vuole dire?
«Che quella poltrona chissà quanto vale».
E Platini? Come lo vede come dirigente?
«Lo conosco bene, è stato mio giocatore. È molto intelligente. È arrivato lì grazie alla sua intelligenza. Però, sono convinto che proprio con la sua intelligenza e i suoi occhi ha capito su quale strada camminare».
Sta dicendo che è molto abile?
«È capace, sicuramente. Capace di vedere dove spingersi e dove no».
Quando la Francia le rubò la qualificazione ai mondiali con quel gol di Henry, lui come si comportò?
«Lo chiamai e gli dissi di tutto, visto che c’era una certa confidenza tra di noi. Lui non sapeva cosa rispondere: “Mister, non posso farci niente”. Poi quel Blatter fece in modo che il danno alla Federazione irlandese fosse riparato, organizzando una partita il cui introito valeva quello che avrebbero preso se fossimo entrati nel primo girone dei Mondiali. Già, ma a me cosa me ne fregava? A parte il fatto che io potevo pure superarlo quel girone...».
Trap, lei le ha viste tutte, il bello e il brutto del pallone, dagli scandali fino all’Heysel. Fra l’altro adesso ricorrono i 30 anni...
«Ecco, anche lì, per esempio, al di là del dolore, mi è rimasta un’amarezza dentro infinita, per come si è speculato. Noi siamo i più innocenti. Noi abbiamo dovuto giocare perché ce l’hanno ordinato i dirigenti dell’Uefa. Ordinato! Ci siamo presi le botte in campo, eravamo frastornati. Loro, gli inglesi, hanno giocato alla morte, ci hanno menato di brutto. Dopo la partita siamo andati in albergo senza una festa, non abbiamo neanche mangiato. Poi saltano fuori tutti i moralisti, a dire che dobbiamo restituire la Coppa. Ma gliela do, che mi importa? Ne ho vinte altre. Alla fine c’è quest’amarezza, una mazzata che non riesco a dimenticare».
Ora c’è di nuovo la Juve in finale.
«Gli altri sono dei geni del pallone. Ma la Juve ottiene i risultati con una preparazione meticolosa. Non sottovalutatela. Ce l’hanno nel Dna lo spirito di squadra. È sempre stato così».
Poi quest’anno Allegri ha fatto bene, no?
«Lascia stare Allegri... Lì il merito è della società e dell’ambiente. Contano la struttura e l’equilibrio di quella società, dammi retta».
Senta, ma lei lo ama sempre il pallone?
«Il calcio ha avuto trasformazioni incredibili, evoluzioni tattiche, economiche, strategiche. Ma io ho cominciato a piedi scalzi, e il Milan mi ha dato le scarpe. Ho visto il mondo grazie al calcio e il calcio mi tiene innamorato. Mi prendo gli appunti ancora davanti alla tv e vedo tutti gli errori che fanno i miei colleghi».
Non invecchia mai, eh?
«Un filosofo diceva che invecchia chi perde interesse per tutto ciò che gli gira intorno. Me la sono scritta. Chi perde entusiasmo, invecchia».
Bella, in effetti. Chi è il filosofo?
«Tu scrivi un grande generale statunitense. Scrivi così».