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 2015  giugno 02 Martedì calendario

DOCCIA SCOZZESE PER CAMERON. STURGEON: “RESTIAMO IN EUROPA”

Oggi Nicola Sturgeon, neoeletta primo ministro scozzese, volerà a Bruxelles, dove terrà il suo primo discorso nella capitale dell’Unione europea. E sarà un discorso molto semplice. Lo ha anticipato nel suo blog, dove ha scritto: “Dirò che la Scozia è una nazione europea e che il mio governo vede il nostro futuro come membro dell’Unione”.
Quello della leader indipendentista scozzese vuole essere un “contraltare”, come lo definisce lei stessa, al messaggio che il primo ministro britannico David Cameron ha cercato di consegnare alle cancellerie nel suo viaggio della settimana scorsa a Parigi, Varsavia e Berlino. Cameron intende rinegoziare i termini dell’adesione del Regno Unito alla Ue, ma Sturgeon sfotte il premier dicendo che “i punti rimangono oscuri” e Cameron non sa neppure definire cosa sarebbe per lui un successo.
Mentre Nicola Sturgeon sa benissimo cosa vuole per la Scozia. “È importante che i nostri amici e vicini degli altri paesi europei sentono una narrazione controbilanciata e capiscano che anche nel Regno Unito c’è chi è positivo e costruttivo riguardo al fatto di lavorare insieme. E specialmente su come far funzionare meglio l’Ue, che non è perfetta. Ma come tutte le istituzioni governative ha bisogno di evolversi costantemente per assicurare ciò che serve alla gente”.
Le manovre in vista del referendum con cui i cittadini britannici saranno chiamati a votare se restare nella Ue da tenersi nel 2016 o nel 2017 sono già entrate nel vivo. E Cameron è tra vari fuochi. Da una parte deve ottenere abbastanza da Bruxelles per potersi presentare agli euroscettici e disinnescare la bomba di una eventuale vittoria del “No” al referendum (uscita dalla Ue). In quel caso, Sturgeon e gli scozzesi chiederebbero un nuovo referendum indipendentista per portare la Scozia fuori dal Regno Unito ma dentro la Ue. D’altra parte, se vincessero i “Si” (rimanere nell’Unione), ma il premier non avesse ottenuto abbastanza nella sua “contrattazione” contro la burocrazia europea e per fermare il flusso e i benefici per gli immigrati, dovrebbe far fronte alla richiesta di un secondo referendum, che secondo voci di Westminster, sarebbe l’ala destra del suo stesso partito a chiedere entro il 2020. Nella più paradossale delle ipotesi, potrebbero essere tre referendum in 5 anni. Uno scenario da incubo.
Caterina Soffici, il Fatto Quotidiano 2/6/2015