lui. gra., La Stampa 2/6/2015, 2 giugno 2015
DUE INCIDENTI E 537 MORTI FALLISCE LA MALAYSIA AIRLINES
«Preferisco un generale fortunato a uno bravo», diceva Napoleone. Mutatis mutandis, anche i passeggeri che comprano un biglietto aereo vogliono soprattutto che la loro compagnia sia fortunata; se invece è sfigata, vade retro. Sembra la storia della Malaysia Airlines, un’ottima compagnia che però ha subìto due gravi incidenti e adesso fallisce. Il primo disastro risale all’8 marzo del 2014, quando un suo jet è scomparso nei mari del Sud est asiatico. Il secondo colpo arriva il 17 luglio: un aereo con i colori della compagnia viene abbattuto da un missile sull’Ucraina. In totale, fra un incidente e l’altro, 537 morti.
A quel punto milioni di persone nel mondo hanno pensato: «Non c’è il due senza il tre. Io la Malaysia Airlines non la prenderò mai». Così le prenotazioni dei biglietti sono crollate e per diversi mesi la compagnia si è dibattuta in una crisi che non si decideva a finire.
Risultato: da ieri la società è «tecnicamente in bancarotta» coma ha annunciato l’amministratore delegato Christoph Mueller. Rinascerà a settembre con un nuovo nome e con una struttura più snella, infatti licenzierà 20 mila lavoratori e ne riassumerà solo 14 mila, con stipendi mediamente più bassi. Quanto agli altri 6 mila resteranno a spasso.
Che una compagnia aerea fallisca a seguito di un incidente non è una novità assoluta. È già toccato all’Itavia dopo Ustica, all’americana Pan Am dopo la strage di Lockerbie, alla Twa dopo quella del volo 800, e alla «low cost» ValuJet quando un suo aereo precipitò sulle Everglades, in Florida, e i corpi delle vittime furono dilaniati dagli alligatori. L’esempio di ValuJet è particolarmente calzante: non ha proprio chiuso in senso letterale, ma ha dovuto cambiare pelle per non essere più riconosciuta dal pubblico. Proprio come sta per fare la Malaysia.
A dirla tutta la Malaysia Airlines potrebbe non essere considerata del tutto innocente per le sfortuna che le sono capitate. La sorte del jet scomparso in mare è rimasta un mistero, perciò non si può sapere se ci siano responsabilità e quali. Nel caso dell’aereo abbattuto sull’Ucraina, la Malaysia Airlines ha pagato anche lo scotto di essere fra le (tante) compagnie che avevano scelto di continuare a volare sul Paese nonostante ci fosse la guerra. Non era né obbligatorio né vietato, era una libera scelta dei vettori aerei. E molti hanno scelto di offrire quella rotta fra l’Europa e l’Asia orientale, più breve e meno costosa di quelle che aggiravano il territorio dell’Ucraina.
lui. gra., La Stampa 2/6/2015