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 2015  giugno 02 Martedì calendario

LA COALIZIONE DEVE DIVENTARE ADULTA

Per la destra italiana, intesa come area politico-culturale, il risultato del voto regionale è la prima buona notizia da parecchio tempo a questa parte. Più ancora che per i consensi raccolti dai partiti di destra, per l’evidente incapacità di Renzi di far breccia nell’elettorato che fu berlusconiano.
Il progetto di trasformazione del Partito democratico in «partito della nazione», se non proprio defunto, ne esce scosso. E per chi si oppone al governo da destra si aprono nuovi spazi e nuove possibilità.
In politica, però, gli spazi devono essere occupati, le occasioni colte. E per farlo bisogna sapere dove si vuole andare, muoversi con coerenza, e soprattutto evitare di disperdere energie in lotte fratricide. Insomma: occorre diventare adulti. L’attuale destra italiana è invece popolata di soggetti che – a dispetto dell’età anagrafica, almeno in un caso veneranda – paiono non aver deciso che cosa vogliono fare da grandi. Prendiamo i tre principali.
Berlusconi, innanzitutto. L’emorragia di voti che sta subendo Forza Italia, scesa ormai al 10%, segnala una volta di più che il berlusconismo è tramontato – sebbene il crepuscolo si stia prolungando oltre ogni aspettativa. Al contempo la vittoria di Toti in Liguria, l’ottimo risultato di Ricci in Umbria e la tenuta di Caldoro in Campania dimostrano che Berlusconi ha ancora in mano un’arma politica importante: la collocazione non a destra, ma sul centro destra – l’unica dalla quale si possa sperare di vincere, visto che il Veneto leghista rappresenta un caso particolare. Per storia e risorse politiche, ma anche non politiche, Berlusconi porta le responsabilità maggiori per come nei prossimi mesi sarà impostato a destra il «gioco dei troni». E, appunto, dovrà decidere che cosa vuol essere da grande: se l’arbitro di questo gioco – il «padre nobile» –, o uno dei giocatori – il «padre padrone». Nel primo caso potrebbe forse lasciare una destra viva; nel secondo diverrebbe un fattore non di aggregazione, ma di ulteriore divisione.
Salvini, in secondo luogo. Il suo caso è speculare rispetto a quello di Berlusconi: le risorse elettorali sono in crescita impetuosa, ma quelle politiche latitano. La Lega ha raccolto consensi esasperando le proprie posizioni. Così facendo, però, ha favorito la sua stessa emarginazione. Anche lei dovrà decidere che cosa vuol fare da grande: tenersi aggrappata al suo 20%, importante certo, ma probabilmente insufficiente anche per il ballottaggio, per non dire la vittoria; oppure cominciare a moderare i toni e partecipare a una partita più difficile in termini identitari, ma ben più ambiziosa?
Il passaggio all’età adulta, infine, aspetta i centristi che sono oggi al governo col Pd – più deboli della Lega e pure di Forza Italia, ma non sprovvisti di un loro peso, soprattutto al sud. La maturità, per loro, consiste nel decidere se vogliono restare un cespuglio nel bosco renziano o partecipare al «gioco dei troni» del centro destra. Questa scelta dipenderà anche da quel che farà il Presidente del consiglio – il quale, poiché il «partito della nazione» segna il passo, potrebbe anche decidere di spostarsi a sinistra.
Un’ultima notazione, infine – un messaggio nella bottiglia da opinionista, gettato in mare senza alcuna speranza che sia raccolto. C’era una volta, fra Renzi e Berlusconi, il patto del Nazareno. Era tutt’altro che perfetto, ma l’idea di fondo – che le regole debbano essere scritte insieme – non era affatto sbagliata. Ora quel patto non c’è più, ma le nuove regole sono state scritte soltanto in parte. E non sarà facilissimo al Presidente del consiglio completare la trasformazione del Senato, anche a motivo dei risultati delle regionali. Bene: si rimettano seriamente al tavolo della riforma costituzionale, Forza Italia e la Lega. Se contribuissero con Renzi a ricostruire un bipolarismo non troppo mal funzionante, potrebbero dimostrare di esser diventate adulte. E ci guadagnerebbero in peso politico l’una, in legittimità l’altra.
Giovanni Orsina, La Stampa 2/6/2015