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 2015  giugno 02 Martedì calendario

TRA PLAYSTATION, CORSE E LEZIONI ALLA LAVAGNA COSÌ RENZI COSTRUISCE LA SUA MONARCHIA LIGHT

Le roi s’amuse, il re si diverte con la Playstation della Nazione. Esercizi di monarchia, o se si preferisce rappresentazioni del comando personale all’altezza dei tempi. Il momento è delicato, ma tra un’exit poll e una proiezione il sovrano, o principe che dir si voglia, è comunque così distaccato dagli accadimenti che addirittura gioca, nulla può turbarlo.
La consolle gli è stata offerta dal Gran Ciambellano del Nazareno, Matteo Orfini, presidente democratico, dicerie palatine assicurano che il dignitario ne faccia uso la notte dei risultati elettorali per distendere i nervi, ma anche come pratica superstiziosa.
Pure Frank Underwwod, cinico protagonista di «House of cards», il vangelo renziano, si rilassa con la Play, però da solo e con videogiochi di guerra, in egual misura rumorosi e sanguinosi. Re Matteo e il suo Maestro di Palazzo invece hanno simulato una super partitona di calcio, Real Madrid contro Barcellona. Ignoto alle cronache è rimasto l’esito del match.
In compenso a tarda notte il portavoce Filippo Sensi ha scattato e diffuso la foto, anzi le foto in cui i due illustri player, indifferenti all’operazione comunicativa, appaiono ben intenti al trastullo virtuale e altrettanto intensi nella loro ostentata normalità e strategica prossimità al pubblico (target).
Diffuse con la dovuta immediatezza ai vari social, tali immagini di potenti giocherelloni hanno destato innumerevoli commenti che per la massima parte, come accade su queste piattaforme, non volevano risultare né a favore né contro, quanto originali, creativi e spiritosi; quindi al di là del bene e del male, così come sostanzialmente estranee alla pretesa vittoria e/o alla presunta sconfitta elettorale del Pd.
A proposito di quest’ultimo punto Sua Maestà, solitamente loquace, si è limitato o degnato di emettere una piccolissima nota, l’essenziale, «di ritorno da Erat» secondo la formula usata dalle agenzie.
Ora, ci si rende conto che assimilare il giovane premier a una logica di sovranità neo o post-regale può suonare eccessivo, forzato e fuorviante. Ma nel tentativo di inquadrare la retorica tutta visiva della Playstation e il messaggio che sottintende, è forse opportuno collocarne le immagini tra quelle, pure abbastanza sorprendenti e impressive, del voto della coppia regale nella scuola di Pontassieve, con donna Agnese in forma smagliante e attillatissimo giallo canarino, e quelle altre immagini di Matteone, tutto serio, in giacca mimetica militare (ma sotto la solita camicia bianca) fra i soldati in Afganistan.
Da che mondo è mondo, tanto il costume che il colore denotano e rivelano lo stile del potere, e ancora di più nel tempo delle visioni a distanza. In questo senso Renzi sembra piuttosto svelto e mutevole nel cambio dell’abito di scena, come del resto assai attenti e ricettivi a come figurare in pubblico paiono i suoi vari ministri, collaboratori o cortigiani.
Non si intende qui proiettare questa particolare attitudine su di un piano più strettamente politico, magari tirando in ballo impegnative metafore, la più scottante delle quali mette in causa l’eterno trasformismo italiano. Comunque no: maturata già ai tempi della quasi rivendicata monarchia berlusconiana, la faccenda riguarda semmai l’intera scena pubblica, nel senso che il potere, avendo perso il meglio di sé in termini di idealità, culture politiche, competenze progettuali e realizzatrici, ha cercato di rifarsi sul piano delle forme espressive e degli spettacoli, in pratica si è sempre più estetizzato.
C’è in questo una specie di ritorno al passato o di regressione. I re di una volta, le famiglie reali che si vedono con bambini e perfino cani nella grande pittura, regnavano, appunto, si lasciavano ritrarre e ammirare nel loro sfarzo, nel loro divertimento, come nelle loro quotidianità. I monarchi francesi e inglesi, per dire, passavano ore e ore al biliardo, i Borboni di Napoli sempre a caccia e così via. Se avessero giocato con la Play, di sicuro ce ne sarebbe traccia.
Un po’ come Berlusconi, ma più giovane, aitante e secondo una linea di evoluzione in qualche modo tecnologica, Renzi propone e persegue un modello di sovranità leggera, anzi light, e moderna, o meglio contemporanea. Per dire: guida la Smart, corre la maratona, va in bici, fa gli esercizi di ginnastica dinanzi alle telecamere, mangia la pizza take away con Tony (Blair), espone strisce dei Peanuts in conferenza stampa, saluta in maglietta da Palazzo Chigi, tiene in mostra un pallone da rugby nel suo studio, fa i selfie e il numero della lavagna, s’intrattiene con AstroSamantha, si fa il video dell’acqua gelata in testa, benedice la nuova formula introdotta nell’inno, «Siam pronti alla vita », dice «pazzesco», «faremo casino », dà e riceve di continuo maglie di calciatori, è sempre lì pronto con la battuta da stadio, «2-0», «3-0», «Coppa Italia», «Champions League», sta costantemente a twittare, e dopo tutto non poteva che arrivare la foto della Playstation (per quanto, in uno scatto, su uno scaffale della libreria si vede un gufo istoriato).
Il punto è che il potere rimane il potere, quello monarchico in forme ancora più risolute, e infatti il re della leggerezza pop non solo fa un uso intensivo dell’elicotterone presidenziale, sintomaticamente ribattezzato «il Renzicottero», ma teorizza che continuerà a salirci sopra come e quando gli pare, certo in omaggio alla Dea Sicurezza, ma nei fatti anche perché si tratta di una sua prerogativa. Come del resto rilassarsi, giocare, divertirsi, presente e assente, uguale e diverso da cittadini, elettori, sudditi e consumatori di spettacoli.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 2/6/2015