VARIE 1/6/2015, 1 giugno 2015
REPUBBLICA.IT
APPUNTI PER GAZZETTA - IL VOTO DELLE REGIONALI
ROMA - Nel day after delle elezioni amministrative in sette regioni e oltre 700 comuni italiani, il dato sull’affluenza (52,2% degli aventi diritto), particolarmente basso e ancora in calo, induce il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a inserire un passaggio nel suo messaggio per il 2 giugno. "Le discussioni, la dialettica anche acuta, sono preziose, ma le liti esasperate creano sfiducia, contribuiscono a creare sfiducia e allontanano la partecipazione dei cittadini" le parole del capo dello Stato, che per evitare altre interpretazioni spiega anche di riferirsi alla "vita istituzionale" del Paese. Perché "senza adeguata partecipazione dei cittadini" alla politica "la democrazia si impoverisce molto".
Nel tardo pomeriggio, di ritorno dalla base di Herat in Afghanistan, Matteo Renzi si inserisce finalmente nel dibattito in corso da ore sul risultato delle elezioni. Che per il leader del Pd "è molto positivo, oggi sono cinque le regioni guidate dal Pd e dal centrosinistra. Si è passati in un anno dal 6 a 6 a un sonoro 10 a 2 sul centrodestra. Dopo il voto di ieri andiamo avanti, dunque, con ancora maggiore determinazione nel processo di rinnovamento del partito e di cambiamento del Paese".
Un punteggio globale di dieci a due, cinque a due quello conseguente al voto delle regionali di domenica. Non ci sarebbe dunque partita. Ma sull’analisi di un simile punteggio non tutti concordano evidentemente con Renzi. Perché le amministrative consegnano un nuovo panorama alla politica italiana, con Matteo Salvini che diventa il maggior azionista del centrodestra, i Cinque Stelle che ottengono un risultato mai sfiorato prima alle amministrative. E i democratici si vedono costretti a ragionare, per la prima volta dall’avvento della leadership di Renzi, su una sconfitta vera: quella che costa al Pd la Liguria, dove a Luca Pastorino, transfuga del Pd appoggiato da Sel e civatiani, viene attribuito l’effetto di aver spaccato l’elettorato del centrosinistra a spese della vincitrice delle primarie e candidata dem Raffaella Paita a tutto vantaggio del candidato del centrodestra, sostenuto anche dalla Lega e alla fine vincitore Giovanni Toti (34,4% dei voti). Senza contare poi le difficoltà in Umbria e Campania, dove il centrosinistra ha vinto sul filo di lana.
Non sono sfumature. Come non lo sono i brillanti risultati ottenuti dalla Lega, che permettono a Matteo Salvini di affermare su Facebook di essere "la vera alternativa a Renzi". Durante la registrazione di Porta a Porta, Salvini avverte Renzi: "Da domani ci sarà un confronto sui fatti. Spero di confrontarmi con lui, se finisce di giocare alla playstation, sulla legge Fornero, sulla immigrazione. Siamo qua per lavorare con una responsabilità in più". Salvini attacca ancora: "Spero che Renzi prenda atto che la sua politica, quella del suo governo, è stata bocciata: se non è questo qualche segnalino di allarme per il ’messia’ Renzi. Sottovalutino pure la Lega e andiamo a vincere" alle prossime politiche. Quindi, ad Agorà su Raitre, chiarisce: "Queste consultazioni locali hanno un valore nazionale. Il centrodestra si può ricostruire ma con Alfano e con chi sta con Renzi non è possibile alcuna alleanza". In ogni caso, "sono io il leader del centrodestra. Berlusconi sa leggere i numeri".
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Affermazioni che provocano la risposta secca di Gaetano Quagliariello, coordinatore di Ncd: "Ap al 4%, Salvini non sa contare". Ancora il segretario protagonista con un tweet dedicato a Vincenzo De Luca, vincitore delle regionali in Campania ma con l’incognita della legge Severino: "Buon lavoro", l’augurio del leader del Carroccio, che suona sarcastico più che sincero.
I vertici del Pd fanno quadrato: per Debora Serracchiani, De Luca "farà il presidente". Lorenzo Guerini: "Era candidabile, eleggibile e insediabile" e la legge "non parla di decadenza ma di sospensione". Per i due vicesegretari del Pd il partito ha retto: "Cinque regioni su due è un ottimo risultato - spiega la governatrice del Friuli Venezia Giulia in conferenza stampa -. Non è un esame su Matteo Renzi né sul governo. Siamo ancora più determinati a portare avanti le riforme fino al 2018". Soddisfazione e determinazione dunque ma anche rammarico, come sottolinea ancora Serracchiani: "Non sottovalutiamo il risultato della Liguria, che è figlio di una scelta irresponsabile della sinistra che oggi festeggia una vittoria della destra". E’ un fatto che il caso Liguria rappresenti uno stop per il Pd renziano. Le divisioni interne sono state fatali: "Si impone una riflessione", afferma Gianni Cuperlo, leader di SinistraDem.
Preoccupano soprattutto ricadute del voto sulla forza propulsiva del governo. Il presidente dem Matteo Orfini annuncia per l’8 giugno la direzione del partito. "Quella sarà la sede in cui inizieremo un confronto" sul risultato delle elezioni, regionali, su cui Orfini afferma di trovare "curioso che il Movimento 5 Stelle festeggi un risultato che è pari a zero, visto che non governa nessuna regione". Quanto alla destra, per Orfini, "festeggia una debacle".
Lettura opposta da Mattinale di Forza Italia: "Renzi perde 7 a 0. Il cappotto è suo. Il suo Pd perde contro il centrodestra, vince solo il Pd degli altri. Partito della Nazione? Non è neanche il Partito di una Regione. Che farà ora? La sua sinistra presenta il conto in Parlamento". Spiega poi Renato Brunetta: "Paita e Moretti asfaltate, De Luca se confermato non è certo candidato renziano, Emiliano neanche, anzi sarà antagonista di Renzi".
Il capogruppo di Fi alla Camera poi racconta della preoccupazione di Berlusconi "per l’assenteismo, dicono i sondaggisti che gran parte dei voti che mancano all’appello sono moderati". Il leader di Forza Italia sarebbe comunque "speranzoso", perché quei voti mancanti "potrebbero andare a Forza Italia. Se riusciamo a rilanciare il nostro messaggio politico, meno tasse, possiamo riportare al voto il nostro elettorato moderato". L’ottimismo è dettato anche da un’altra riflessione: "Il centrodestra se unito è vincente, dappertutto - dichiara Brunetta -. I dati aggregati parlano di un 22-23% per il Pd, e forse Renzi cambierà anche l’Italicum adesso perchè non vince più, non ha più il 40%. Anche l’attività di governo verrà ovviamente condizionata da questi risultati elettorali. E inizierà la notte dei lunghi coltelli all’interno del Pd".
Ma nel centrodestra che "unito vince", Forza Italia ora deve ragionare con un Salvini sempre più forte. E con Raffaele Fitto, che al centrodestra chiede di trasformarsi da "monarchia in repubblica" e si dice "molto d’accordo con Salvini", che reclama la leadership dello schieramento, "sulle primarie del centrodestra, che io chiedo da un anno". "Penso - aggiunge Fitto - che il centrodestra debba uscire da una logica bloccata nella quale decide una sola persona per tutti, ma si metta in discussione e si metta in campo uno strumento di partecipazione. Le primarie sono lo strumento giusto".
Sull’altro fronte, le bordate al Pd arrivano anche da sinistra. Pippo Civati non perde l’occasione di sottolineare sul suo blog come in Liguria "Pastorino abbia dimostrato che lo spazio politico c’è per una proposta di vera sinistra di governo, senza fare pasticci, trasversalismi, trucchi". Mentre Nichi Vendola parla di "colpo durissimo" per Renzi: "Quando il Pd fa politiche di destra non viene più compreso e determina smarrimento e fuga dal voto. E il fascino che derivava dalla presunta invincibilità del giovane premier esce profondamente sfregiato da questa competizione elettorale". Anche il centrosinistra "unito vince". Per questo, sottolinea il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il voto in Liguria impone di "discutere su come si sta insieme".
Stefano Fassina a Sky Tg24: "Abbiamo perso in valore assoluto 600 mila voti rispetto alle Regionali del 2010 e oltre la metà dei voti rispetto al dato del 2014. Mi aspetterei nelle prossime ore un’analisi seria, la capacità di riconoscere l’errore e di non mettere la testa sotto la sabbia". Sul voto ligure, Fassina liquida le "spiegazioni fantasiose e un po’ patetiche che i vertici del Pd stanno dando in queste ore: Pastorino è una conseguenza e non una causa, ha interpretato un pezzo di Pd che se n’è andato e che non avrebbe votato Paita, che ha vinto le primarie costruendo un’alleanza con un pezzo del centrodestra".
Alleanza con "un pezzo del centrodestra" è anche quella che caratterizza a livello nazionale il governo. Il ministro dell’Interno e leader di Ncd-Ap, Angelino Alfano, durante la registrazione di Porta a Porta parla di "sostanziale tenuta rispetto al dato delle europee" rispetto al dato nazionale del 3,8 per cento riportato da Vespa. Beatrice Lorenzin invece invita Renzi a "non perdere la vocazione maggioritaria guardando solo a sinistra" perché altrimenti, spiega il ministro della Salute, "rischia di perdere tutti i voti di quei moderati che alle europee l’avevano portato al 40%. Molti voti che venivano da quella forza sociale moderata, liberale e riformatrice, elettori che in questa tornata elettorale regionale non sono andati a votare e in parte sono stati recuperati dalla Lega e da Grillo". Mentre Quagliariello, quasi a conferma degli scenari dipinti da Brunetta, apre il fronte dell’Italicum dopo il voto delle regionali: la nuova legge elettorale presuppone "l’esistenza di due schieramenti: o cambia o dovremo aprire una riflessione" rispetto al governo.
"Non è un voto sul governo". Il mantra che ha attraversato gli ultimi giorni della campagna elettorale si è fatto strada anche nella notte dei risultati. Ma il dato nazionale del partito, al 23%, lascia tracce. Alessandra Moretti, sconfitta in Veneto da Zaia, ha parlato di "errori" commessi, della necessità di avviare una riflessione nel partito. Guerini ha provato a minimizzare: "Rispetto al passato, oggi, nelle regioni che sono andate al voto da quando è in campo la segreteria Renzi, avremmo 10 governatori di centrosinistra e solo due di centrodestra". Ma le voci di un avvicendamento ai vertici del Pd si sono fatte strada, insistenti. Forse Luca Lotti nel ruolo di vicesegretario. Forse Maria Elena Boschi. Forte - come racconta il retroscena di Repubblica sul quotidiano - l’ira del premier nei confronti della minoranza interna. "Purtroppo in Liguria si è verificato quello che temevo - avrebbe detto ai suoi fedelissimi - la sinistra masochista è riuscita a far vincere gli avversari. Ma se quella regione doveva essere un laboratorio per la nuova Cosa rossa, l’esperimento è fallito: sulla protesta Grillo è più credibile di loro. E spaccando il Pd fanno rinascere Berlusconi".
La Campania ritrovata e la paura per l’Umbria. "Non possiamo non festeggiare il dato della Campania che è passata al Pd. Ora abbiamo tutte le regioni del sud sotto la guida del centrosinistra. Un dato di radicale innovazione" ha rilevato Orfini in conferenza stampa a largo del Nazareno. Poi sull’Umbria: "Che potesse essere una partita così difficile non ce lo aspettavamo. Sapevamo di venire da una tornata elettorale non positiva che ci aveva fatto perdere il comune di Perugia". Poi la situazione si è chiarita con il passare delle ore. E la vincitrice Catiusca Marini ha ricordato che "lo scarto con il centrodestra, pur limitato, era previsto: in Umbria si sono presentati uniti. Ma la nostra proposta è stata percepita dai cittadini come la migliore".
Laboratorio Puglia. Nella regione governata fino a pochi mesi fa da Nichi Vendola le preoccupazioni del centrosinistra erano poche. Michele Emiliano, neo governatore, ha tentato subito di aprire al Movimento Cinque Stelle: "A loro l’assessorato all’ambiente". E ha aggiunto: "Siamo certi che la politica italiana, lo dico dalle ultime elezioni politiche, possa prendere un indirizzo diverso se il Pd e il M5S si rendono conto fino in fondo del potenziale di cambiamento che in essi è contenuto". Ma dalla candidata grillina sconfitta da Emiliano, Antonella Laricchia, è arrivato un secco rifiuto.
Orgoglio leghista. Il risultato in Veneto è solo la punta dell’iceberg dell’exploit del Carroccio. Il governatore uscente Luca Zaia ha superato il 50%, surclassando l’ex compagno di partito e primo cittadino di Verona Flavio Tosi. A cui Salvini ha dedicato l’ennesima stoccata al veleno: "Ora faccia il sindaco per il tempo che gli resta". La Lega ha incassato uno dei suoi migliori risultati di sempre: la media è vicina al 13%. "C’è di che essere felici e orgogliosi. E ovviamente è una responsabilità in più, abbiamo preso tanti voti in zone fino a ieri non generose con la Lega". Nonostante la sconfitta, Alessandra Moretti ha annunciato che il suo "impegno per i veneti non si fermerà".
DAGOSPIA
Nella campagna elettorale in cui aveva uno schiacciante dominio mediatico e la più clamorosa situazione di controllo del potere (altro che Berlusconi!) il PdR, partito di Renzi raccoglie appena il voto di un italiano ogni nove!Su 7 regioni, quattro erano iscritte nella lista delle regioni rosse, blindate (Toscana, Marche, Umbria, Liguria). Eppure, sotto il simbolo del PD si sono raccolti appena 2 milioni 135mila voti (su 18 milioni 976mila elettori) nelle regionali. Percentuale molto più bassa per il PD nelle Comunali (anche per la proliferazione di Liste civiche).Se non è un fiasco questo, per un PD che si vorrebbe ’Partito unico della Nazione’, cos’è?Resuscita Grillo, respira Berlusca, si allarga Salvini, si dimostra indispensabile persino la sinistra Civatesca. Senza dimenticare che, tra i candidati presidenti, le virago Renziane (Paita e Moretti) vengono demolite, e per vincere Renzi deve affidarsi alla sinistra interna non renziana (Rossi ed Emiliano in testa). Insomma, meglio andare in Afganistan, se 8 italiani su 9 preferiscono qualunque altra lista, o l’astensione, al PdR.
1 - QUAGLIARIELLO, O ITALICUM CAMBIA O SI IMPONE SCELTA (ANSA) - "O questa legge elettorale ci dà la possibilità di formare una coalizione o si impone una scelta. L’ Italicum implica l’esistenza di due schieramenti: o la legge elettorale cambia o dovremo aprire una riflessione al nostro interno e un’interlocuzione con le forze di governo". Lo dice il coordinatore Ncd Gaetano Quagliariello commentando il voto. "Finora - aggiunge Quagliariello - abbiamo tenuto con generosità una posizione rimanendo al governo per fare le riforme. Ora i margini diminuiscono".2 - ALFANO, IO NON RICATTO MA ITALICUM CAMBI (ANSA) - "Sull’Italicum forse un’apertura alle coalizioni la vedrei in termini di opportunità per tutti". Lo dice il leader di Ncd, Angelino Alfano, durante la registrazione di Porta a Porta ricordando che oggi al ballottaggio andrebbero Renzi e Grillo. Un aut aut al Governo? "Non ho mai impostato il rapporto con il Governo in termini di ricatto".
3 - LUPI: “VOTIAMO L’ITALICUM, LA FIDUCIA È GIUSTA”
Dal “Fatto Quotidiano” del 30 aprile 2015
Lupi rivendica la correttezza del governo di porre la fiducia sulla legge elettorale: “Si mette sulle cose importanti”. Lupi poi dice: “Per cambiare non bastano il Partito democratico e Renzi, è possibile se lo si fa insieme: Area Popolare, Scelta Civica e il Pd”
Ugo Magri per “la Stampa”
Grazie alla sinistra «vetero», e con l’aiuto del «fattore c» che mai lo tradisce, Berlusconi è riuscito a trasformare la più tragica delle sconfitte in un mezzo trionfo. Adesso si comprende come mai l’ex premier ha indugiato così tanto in Liguria, cercando di raggranellare perfino nella giornata di ieri un’ultima manciata di voti: se lì non avesse vinto Toti, complici le divisioni interne al Pd, per lui sarebbe suonata la campana. Non parleremmo stamane della sua nuova imprevedibile resurrezione ma piuttosto, parafrasando Italo Calvino, del «Cavaliere inesistente», della irrilevanza politica berlusconiana e del centrodestra che ha trovato un nuovo padrone (Salvini).
Il successo, anche personale, di Toti cambia le carte in tavola. Nel senso che permette a Silvio di mascherare la più grave batosta della sua carriera. Gli consente di distogliere l’attenzione dal disastro elettorale del suo partito. Di profittare del polverone polemico che investirà da stamane il premier per sfuggire a un’analisi più accorta del risultato. I dati parlano chiaro, Forza Italia è precipitata al 10 per cento.
Stava al 21 due anni fa, al 16 l’anno scorso. Quando il declino imbocca una china così ripida è quasi impossibile rovesciare il trend. Salvini, sul piano nazionale, è perlomeno due punti avanti (bisogna attendere i numeri definitivi) nonostante che la Lega al Sud non sia certo nel suo terreno ideale e in Campania nemmeno si sia presentata. Se domani si tenessero le primarie di centrodestra, per dare un volto al candidato premier, non c’è dubbio che l’altro Matteo vincerebbe senza sforzo. E Berlusconi dovrebbe passargli lo scettro.
L’importanza della Liguria è che Silvio, sconfitto, lo sembra un po’ meno. Ha perso, ma può atteggiarsi come colui che ne è uscito indenne. Dovrà piegarsi a Salvini, però fingendo di instaurare con lui un rapporto da pari a pari. La parabola discendente proseguirà, tuttavia regalando a Silvio e al suo «cerchio magico» l’illusione di contare ancora qualcosa.