Matteo Persivale, Corriere della Sera - La Lettura 31/5/2015, 31 maggio 2015
IN VENDITA LA VILLA DELL’IMMENSO GATSBY
«Si pregano i gentili visitatori di non abbattere le porte in cerca di liquori, anche se il padrone e la padrona di casa avessero dato loro l’autorizzazione a farlo». Francis Scott Fitzgerald, al culmine della sua fama e del suo talento, disseminava di questi buffi cartelli la grande villa che divideva con Zelda, scrivendo (Il grande Gatsby) di giorno e facendo festa di notte. Ora la villa al numero 6 di Gateway Drive, Great Neck Estates, Long Island, che lo scrittore aveva preso in affitto nell’ottobre 1922 fino al 1924, è in vendita.
Nelle lettere agli amici, invitandoli «nella nostra bella casetta da imborghesiti», garantiva da subito di aver acquistato un numero sostanzioso di shaker da cocktail, e già nel corso del mese successivo scriveva del meteo «perfettamente delizioso» di quel tardo autunno che permetteva «festività settimanali come quelle dell’antica Roma e di Ninive».
Ora la villa di Scott & Zelda è quotata dall’agenzia Coldwell 3,59 milioni di euro (3,9 milioni di dollari), una superficie di 480 metri quadri (senza contare il giardino) con sette camere da letto e sei bagni, caminetti, palestra. La proprietà non ha la vista sull’acqua come la casa di Jay Gatsby, e il nuovo proprietario non potrà immaginare di vedere la luce verde della villa di Daisy Buchanan al di là della baia. Ma c’è ancora la stanza sopra il garage, lo studio dove Fitzgerald scrisse buona parte del suo capolavoro (ora è una camera da letto).
La casa di Hemingway a Key West è stata trasformata dagli astuti nuovi proprietari in un redditizio museo, quella di Fitzgerald a Long Island no: ma, che venga acquistata da un amante dei libri o da qualcuno meno colto, resta comunque un monumento alla letteratura americana.
Ma perché quel libro continua ad affascinarci tanto? Michael Gorra, uno dei più intelligenti letterati americani di questi anni, nel suo libro dedicato a Henry James e alla stesura di Ritratto di signora (Portrait of a Novel: Henry James and the Making of an American Masterpiece , edito da Liveright) riassume così la tragica delusione di Isabel Archer alla fine del romanzo: «Niente nuovo inizio, nessuna città sulla collina, nessun mondo veramente nuovo; nessuna eccezione e nessuna esenzione dalla storia che Fitzgerald quasi cinquant’anni dopo avrebbe compreso così bene, sognando una luce verde la cui promessa sapeva essere illusoria; imparare una verità così contraria all’immaginazione americana da dover essere ripetuta più e più volte, un’innocenza perduta in ogni successiva generazione».
Parlare del capolavoro di James per oltre 400 pagine e, con eleganza, riassumere in poche righe il senso del capolavoro di Fitzgerald. Scorgere all’orizzonte una luce, come fa Gatsby, e sperare — al di là della ragione — che possa illuminare la nostra felicità. Alla quale, al contrario dei beni immobili, è davvero difficile dare un prezzo.