Fabio Cavalera, Corriere della Sera 30/5/2015, 30 maggio 2015
DONNE D’INGHILTERRA
LONDRA «Grande notizia, Louise Richardson nominata vicerettore di Oxford». E un totem, il dominio del professore maschio, durato otto secoli è crollato.
Fra le prime a festeggiare con un «cinguettio» su Twitter l’arrivo di una donna (Louise Richardson) ai vertici di una istituzione universitaria con il fascino e la storia di Oxford, è stata Helena Morrissey che non è una signora qualsiasi ma è la numero uno, amministratrice delegata, del fondo Newton Investment Manegement, uffici di fronte a Blackfriars (il ponte dei Frati Neri), 50 miliardi di sterline (70 miliardi di euro) in portafoglio.
Retorica vuole che Helena Morrissey venga salutata dai mass media con le banalità di rito, del tipo «la supermamma». Cosa che la riempie di fastidio, come ha ripetuto più volte. Certo è, comunque, che con una marito buddista praticante e nove figli, proprio nove, la quarantottenne Helena Morrissey per ritagliarsi uno spazio da grande manager nella City, conciliando il tempo con la tribù familiare, ha saputo sgomitare con fatica e con bravura in un mondo, la finanza, che è (o era) esclusiva riserva di caccia per gli uomini .
Carriere meritate (e, perché no, anche carrierismo) di donne. Nell’università, nell’economia, nella professioni, nell’editoria, nell’industria di Internet, nella gastronomia. E lasciamo perdere ovviamente la regina e la monarchia, Westminster e le ministre, perché sarebbe troppo facile e riduttivo misurare il successo femminile dalla fotografia dello Stato di oggi, dalla memoria politica (Margaret Thatcher) o dal numero delle parlamentari appena elette (191, il 29,4% dei seggi).
È nella società britannica, fortemente declinata al maschile, che sta girando il vento. Helena Morrissey è attentissima alla scalata del potere e vuole che entro il 2015 il 30 per cento nelle posizioni di vertice nelle prime 100 società quotate in Borsa venga occupato da signore come lei. E tiene il conto aggiornatissimo, sempre su Twitter. Siamo al 23,6 per cento. Escludendo la Banca d’Inghilterra, che ha nominato Nemat Shafik (passaporti americano, britannico, egiziano, prole numerosa, cinque figli) e che fra i membri del comitato per le politiche finanziarie ha Clara Furse, ex amministratrice delegata della Borsa londinese.
I tabù cadano, magari lentamente, ma cadano. Al Savoy, l’albergo che da fine Ottocento accoglie star del cinema e primi ministri, la chef trentaquattrenne Kim Woodward da pochi giorni comanda un centinaio di colleghi maschi. Non cancella dal menu i tradizionali arrosti e la pesca melba (qui inventata più di un secolo fa in onore della soprano australiana Nellie Melba) ma ai suoi tavoli siedono le donne che conquistano l’Olimpo professionale, spezzando i pregiudizi.
Come Carolyn McCall che è alla testa di EasyJet (amministratrice delegata) o come la baronessa Martha Lane-Fox di Soho, che a dispetto di tanto titolo, a 42 anni siede da indipendente alla Camera dei Lords (è la più giovane dei Pari) per meriti inequivocabili: ha fondato il sito di viaggi dell’ultima ora, Lastminute.com , un trionfo mondiale.
Moda e spettacolo sono in spolvero da tanti anni. Scontatissimo. È nell’editoria che si aprono squarci rosa. Nella vecchia carta stampata: all’ Economist e al Guardian , dirigono Zanny Minton Beddoes e Katharine Viner (da oggi), alla Penguin-Random House comanda Gail Rebuck, pure lei baronessa e scranno ai Lords. Nella frontiera moderna di internet: con Carrie Longton e Justine Roberts che hanno messo in piedi il sito di discussione per mamme e papà Mumsnet , talmente autorevole da convincere i servizi segreti di Sua Maestà, in cerca di nuove reclute, a chiedervi spazio per pubblicizzare la loro offerta di lavoro. Già 4 spie britanniche su 10 sono donne (per l’esattezza il 37%). Ma non bastano. Sono le più brave. Da Oxford alla City e alla casa degli 007. E di mezzo c’è pure Buckingham Palace. Maschi (quasi) in ritirata.