Sara Settembrino, Il Messaggero 30/5/2015, 30 maggio 2015
THYSSEN, SCONTI DI PENA AI DIRIGENTI
TORINO «A ogni sentenza tolgono un pezzetto di pena». Sta nelle parole di Antonio Boccuzzi, unico degli otto operai sopravvissuto al rogo nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino, l’amarezza per gli anni di processi chiusi ieri con la sentenza di appello bis che ha alleggerito le condanne per i sei dirigenti della multinazionale dell’acciaio.
Un nuovo processo di secondo grado ordinato dalla corte di Cassazione solo per rimodulare le pene per un piccolo errore nel calcolo sanzionatorio.
LE RICHIESTE DELLA DIFESA
E così è stato: aggiustamenti al ribasso di qualche mese che alle famiglie delle vittime sono però sembrati un nuovo schiaffo ai loro morti. A partire dai 9 anni e 8 mesi di carcere all’amministratore delegato Harald Espenhahn, invece dei 10 anni del primo appello di cui aveva chiesto la conferma il pg Vittorio Corsi. «Ci aspettavamo una riduzione più consistente» ha detto deluso il difensore, l’avvocato Ezio Audisio. Poco prima nella sua arringa aveva chiesto ai giudici il minimo della pena: «Non una condanna esemplare - aveva detto - ma misurata e giusta».
E leggere riduzioni ci sono state anche per gli altri 5 ex dirigenti imputati: appena due mesi in meno, 6 anni e 10 mesi, per Gerald Priegnitz e Marco Pucci, 7 anni e 2 mesi, invece di 8, per Raffaele Salerno. Riduzioni un po’ più consistenti per Daniele Moroni, condannato a 7 anni e 6 mesi a fronte dei 9 precedenti, e per Cosimo Cafueri, a cui la corte ha inflitto 6 anni e 8 mesi invece di 8. Delusione e lacrime tra i parenti delle vittime alla lettura del dispositivo, e poi la frustrazione: «Vergogna - hanno urlato - questa non è giustizia. Loro sono liberi mentre i nostri figli sono al cimitero». «Io non mi accontento. Vogliamo sapere quando andranno in galera» ha detto Laura Rodinò, sorella di Rosario.
LA NOTTE DEL ROGOEra la notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 quando sulla linea 5 della Thyssenkrupp di Torino si scatenò l’inferno di fuoco che uccise sette operai. Dopo sette anni e mezzo e quattro sentenze «ci chiediamo ancora perché l’omicidio volontario con il dolo eventuale non possa essere riconosciuto in questo processo, come invece lo è stato in altri» dice Boccuzzi.
Il primo grado si era aperto il 15 gennaio 2009 e due anni e cento udienze dopo era arrivata una sentenza durissima, soprattutto per Espenhahn condannato a 16 anni e mezzo di carcere. L’impostazione del pool del pm Raffaele Guariniello sul dolo eventuale non aveva però retto in appello quando i giudici, era il 28 febbraio 2013, avevano derubricato l’accusa per l’Ad in omicidio colposo, come contestato già a tutti gli altri imputati, e ridotto drasticamente le condanne. Il ricorso fatto dalla procura aveva trovato un muro in Cassazione. Nessuna marcia indietro sulla responsabilità degli imputati, ma i supremi giudici avevano rinviato a un nuovo appello segnalando la necessità di un ricalcolo delle condanne.
Le pene restano comunque tra le più alte mai inflitte per un incidente sul lavoro. La parola fine potrebbe però non essere stata scritta, anche se gli spazi di manovra ora sono strettissimi: «Valuteremo se ci saranno gli estremi per un nuovo ricorso» ha spiegato l’avvocato Audisio. Ma se la sentenza dovesse diventare definitiva sembra che tutti gli imputati, compreso Espenhahn, si metteranno subito a disposizione delle autorità per l’esecuzione della condanna.