Elena Panarella, Il Messaggero 30/5/2015, 30 maggio 2015
TRA ROGHI TOSSICI, CRIMINALITÀ E RISSE L’INCUBO DEI SITI ABUSIVI NELLE PERIFERIE
ROMA Ci sono pezzi di città dove le giornate si concludono tutte allo stesso modo. Fumi, roghi tossici. Certe notti ci scappa pure il ferito, altre l’arresto. Bottiglie, sassi, catene volano come niente, anche se nessuno va poi a raccontarlo alla polizia. Succede al Trullo, periferia sud, ma anche a Ponte Mammolo, zona est o a Primavalle (Nord). Succede da qualche anno. Pezzi di città che hanno un ritmo tutto loro, dove è difficile entrarci. Succede in quelle realtà abbandonate, lasciate al loro destino. E succede troppo spesso in periferia in quei campi rom considerati abusivi (ma che poi tanto abusivi non sono perché sono lì ormai da anni sotto gli occhi di tutti). Superare la questione dei mega villaggi monoetnici, o quella degli insediamenti spontanei non è cosa semplice. Un argomento che torna puntualmente alla ribalta appena si presentano situazioni di disagio così come è accaduto a Tor Sapienza. Oppure a Primavalle dove mercoledì sera un’auto pirata con a bordo tre rom, per sfuggire a un controllo, ha travolto e ucciso una 44enne filippina.
I QUARTIERI«Le periferie sono una bomba ad orologeria», urlano a gran voce da mesi gli abitanti di Tor Sapienza, Torre Angela, Torpignattara, Corcolle, Esquilino, San Giovanni, Aurelio, Boccea, Marconi, Magliana, Eur quartieri legati da un unico filo conduttore: degrado, insediamenti abusivi, insicurezza. Un tessuto sociale fortemente intaccato che provoca microcriminalità diffusa, prostituzione, spaccio e tante famiglie al di sotto della soglia di povertà. Ma il punto cruciale, spiegano le associazioni, è che «attraverso la politica dei campi, gli amministratori locali hanno definito le comunità rom e sinte a Roma come nomadi, non cittadini, individuando il campo come lo spazio nel quale è più facile relegarli, benché essi non siano più nomadi ormai da diverse generazioni. Bisogna responsabilizzare». Ed è proprio su questo punto che l’Italia rischia una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, per via delle politiche abitative di «segregazione» nei confronti dei nomadi. Eppure i soldi vengono investiti «anche se non si vede». Accanto alle risorse dell’emergenza, infatti, ci sono costi di gestione pagati attraverso canali ordinari. Nel 2013 al Comune la gestione delle popolazioni nomadi è costata circa 24 milioni di euro. Una cifra spesa quasi unicamente per amministrare le diverse strutture (quelle considerate regolari) che si estendono per 157.570 metri quadrati: 22 volte il campo di calcio dello stadio Olimpico. Mentre solo lo 0,4 per cento dei fondi è stato utilizzato per l’inclusione sociale e il 13,2 rivolto ad interventi di scolarizzazione. Intanto il mondo sommerso, quello fatto di accampamenti abusivi «cresce incontrollato», ripetono dai comitati di quartiere.
Una cosa è certa però, per gestire l’integrazione rom servono progetti mirati, non protocolli bilaterali firmati per salvarsi la coscienza.
LA FOTOGRAFIARisultato: ci sono oltre duecento micro e medi insediamenti che appaiono e scompaiono. L’anno scorso (tanto per rendere l’idea) sul territorio romano risultavano 8.400 nomadi. Oggi due, tre mila anonimi sono sparsi in accampamenti spontanei da un capo all’altro della città. E di tanti altri non si conosce nemmeno l’esistenza. La situazione: «È fuori controllo». E intanto una mappa sempre più fitta di piccole terre dei fuochi sta portando all’esasperazione i cittadini che vivono attorno agli accampamenti, soprattutto quelli abusivi. «Siamo stanchi di avere ogni giorno gli occhi infiammati e i polmoni ingolfati - si sfogano alcuni abitanti di Prati Fiscali - Nuvole di fumo denso avvolgono puntualmente le nostre case. Una denuncia che va avanti da anni».