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 2015  maggio 31 Domenica calendario

IL SILENZIO DEGLI INCOSCIENTI QUELLI CHE LA CAMPAGNA TANTO LA FANNO SUI SOCIAL

Notizia non in esclusiva sul silenzio elettorale: non esiste. O almeno non esiste più, è carico del significato di cui sono cariche le polemiche di ieri di Renato Brunetta e Pippo Civati, più il vendoliano Nicola Fratoianni, nei confronti di Matteo Renzi, inadempiente causa partecipazione al festival dell’economia di Trento dove ha detto, grosso modo, non penso sia un referendum su di me. Un comizio di tale portata da indurre il terzetto a sollecitare l’intervento del presidente della Repubblica, il quale è però molto affezionate al silenzio proprio, elettorale o no.
Stiamo parlando di un obbligo disciplinato da una legge del 1956 e aggiornata (si perdoni l’uso temerario del termine) nel 1975, e secondo la quale i candidati debbono interrompere l’imbonimento il giorno prima delle elezioni, di modo che l’elettore non sia distratto dalla delicata riflessione che lo condurrà alla scelta. La legge istruisce così: «Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda». L’interpretazione estensiva della legge ha portato a una specie di ripetitiva isteria per cui appena un candidato apre bocca, anche soltanto per dire in pubblico buongiorno o buonasera, c’è qualcuno d’opposta sponda che denuncia la violazione con l’ardore di un leguleio scandinavo. È toccato anche a Silvio Berlusconi, l’ultima volta due anni fa: siccome da Milanello aveva detto che i magistrati sono tutti comunisti, uno della lista di Antonio Ingroia presentò un esposto alla procura di Roma rendendo la faccenda particolarmente umoristica.
A proposito di interpretazione estensiva: il personale politico è persuaso di non poter rilasciare interviste ai giornali, quando invece la legge lo consente, presupponendo, forse a torto, che i giornali sono strumenti di informazione e non di propaganda; e infatti la mattina delle elezioni l’Unità era solita pubblicare un pagina o due di intervista a Palmiro Togliatti e di affiggerla fuori dalle sedi o di distribuirla per strada, purché non entro duecento metri dai seggi, altro dettaglio col sapore della stravaganza. È quasi umiliante doverlo ricordare, ma nel frattempo il mondo è abbastanza cambiato: il testo sul silenzio elettorale, ritoccato l’ultima volta 40 anni fa, non prende in considerazione la più grande piazza del pianeta, internet. Per fare un solo esempio, il comizio postato venerdì da un politico sul suo profilo o sulla sua pagina facebook è ancora lì, ovviamente, e visibile a chiunque. Il fatto che si litighi sulla legge più inutile, più invecchiata e tutto sommato più rispettata della storia della Repubblica, dovrebbe dirci qualcosa di noi.
Mattia Feltri, La Stampa 31/5/2015