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 2015  maggio 30 Sabato calendario

GOLSHIFTEH FARAHANI “SOLO IN FRANCIA HO IMPARATO A ESSERE FORTE ANCHE COME DONNA”

[Intervista] –
«Mi sono sempre sentita libera. Anzi, proprio perché ho dovuto sfidare tanti divieti e scappare da una cultura opprimente, ho potuto dare sfogo alla mia personalità e alle mie aspirazioni». È stato un lungo cammino verso la libertà quello di Golshfteh Farahani. L’attrice iraniana è diventata un’icona del suo paese anche se è stata costretta all’esilio. Ora vive in Francia e ha presentato al Festival di Cannes Les Deux Amis, primo lungometraggio di Louis Garrel con cui recita nel film. Una commedia romantica, con atmosfere noir, in cui si narra uno strano triangolo amoroso nei pressi della Gre du Nord. «È un gioco a tre, dentro al labirinto dei sentimenti», racconta l’attrice, sorseggiando un caffè alla Croisette. A trentuno anni Farahani è una star internazionale, è appena tornata dall’Australia dov’era sul set del quinto Pirati dei Caraibi.
Il regime di Teheran non le ha perdonato di aver girato senza velo nel film di Ridley Scott, Nessuna Verità, e poi di aver sfilato con abiti décolleté a Hollywood. Al suo ritorno in patria, nel 2008, le autorità le sequestrano il passaporto anche se è una delle dive più popolari dell’Iran. Farahani scappa a Parigi, grazie al marito di allora, Amin Mahdavi, che ha la nazionalità francese. È così cha ha trovato la sua seconda patria. «In verità, la Francia è ormai la mia prima patria», precis l’attrice. «Il Paese in cui sono nata è avvolto nella nebbia dei ricordi. La Francia mi ha adottato come una mamma, è una nazione talmente generosa. Non c’è posto migliore per esiliarsi».
«All’inizio non è stato facile, non parlavo francese, non conoscevo nessuno. Ma ora qui mi sento davvero a casa». Nonostante le tante proposte negli Stati Uniti, dove continua a lavorare (è nell’ultimo film di Ridley Scott, Exodus), non sogna di trasferirsi a Hollywood. «Sarebbe un incubo. Conosco perfettamente come si vive e si lavora nel cinema in America, e non fa per me».
A quattordici anni era già davanti alla cinepresa, forse perché figlia d’arte: suo padre è attore e regista teatrale. Il suo temperamento ribelle è innato. È stata una piccola pianista prodigio ma ha rifiutato di continuare il conservatorio. Adolescente, Farahani si rasa i capelli a zero, per uscire senza velo e sottrarsi ai numerosi divieti contro le donne degli ayatollah. «Volevo essere come i ragazzi: senza limiti. Ero proprio un maschiaccio, persino aggressiva. Facevo anche a botte. È stato un periodo particolare della mia vita, fatico a parlarne».
Guardando la sua bellezza perfetta, il corpo esile e fragile si fa fatica a immaginarla in questa remota fase virile. «La Francia mi ha dato la possibilità di riscoprire la mia femminilità. Ho capito che posso essere forte e non avere limiti anche in quanto donna. È stato un grande dono. E adesso mi dico che se dovessi rinascere, sceglierei sempre di essere donna, ma non sono femminista ». Farahani non vuole schematizzare tra uomini e donne. «Preferisco difendere l’umanità, credo in valori universali. E poi sono contro ogni “ismo”, non mi piacciono le ideologie. Semplicemente ho un immenso rispetto per le donne. Non sopporto quando vengono maltrattate, mi viene voglia di uccidere». In Les Deux Amis Farahani è Mona, una ragazza che lavora di giorno in un fast food della stazione e di sera deve tornare in prigione. La sceneggiatura è stata scritta da Louis Garrel pensando all’attrice, con la quale ha avuto una lunga relazione, e all’amico Vincent Macaigne che gli fa da spalla nel film. «Louis ha cominciato a scrivere quando eravamo in India, tre anni fa. Sono stata presente in tutte le fasi della creazione, è davvero un film che ho visto nascere». Il debutto dietro la cinepresa di Garrel, che aveva già girato un cortometraggio con Farahani e Macaigne quattro anni fa, è stato tormentato. «Le riprese sono state difficili perché Louis è un uomo intenso, istintivo». Non è stato facile girare con un attore-regista al suo primo lungometraggio. «Era molto ansioso. A volte soffrivo per lui, vedevo il peso che portava sulle spalle. Ho pensato che non ce l’avrebbe fatta». Il padre di Garrel, Philippe, è uno dei più raffinati registi francesi e presentava anche lui un film a Cannes. Per il figlio trentenne il timore del confronto è stato forte. «In alcune scene — racconta Farahani — Louis non si lasciava andare alla recitazione, pensava solo al suo sguardo da regista. Allora dovevamo ricominciare. Alla fine abbiamo vissuto momenti importanti e ora c’è questo piccolo e bel film». Il ruolo di Mona, cucito su misura per Farahani, sembra una metafora del suo cammino di emancipazione. La ragazza è in prigione ma è più libera degli altri due personaggi. «È così anche nella vita. Molte persone sono in teoria libere ma restano imprigionate tra gabbie mentali, si pongono limiti senza accorgersene». Mona decide di scappare e vivere un sogno con due ragazzi un po’ stralunati. «È una danza tra l’amicizia e l’amore. I due uomini hanno un rapporto amoroso, anche se non sessuale. Poi all’improvviso, come una farfalla, arriva una donna che rompe il loro idillio. Loro sono immaturi, vivono dentro a un sogno, lei invece ha una realtà dura, buia. Diventano tre bambini che giocano. Per lei è un prova: vuole capire se è capace di vivere libera». La protagonista di Les Deux Amis decide poi che non è ancora pronta. «È un lungo cammino da fare. Conosco molte persone che non riescono a fare questo passo per paura, angoscia, condizionamenti. Paradossalmente, in Iran è più facile essere libere. Anche se le donne sono oppresse dal regime, hanno una grande volontà interiore».
Qualche settimana fa, Farahani ha posato in topless per una rivista francese, L’Egoïste, fotografata da Paolo Roversi. Nel 2012 aveva già fatto scandalo in Iran per essersi mostrata senza veli in un video della cerimonia dei César, i premi Oscar francesi. Non le considera provocazioni. «All’inizio l’ho fatto per superare i miei limiti. Dovevo aprire una porta. Adesso sono andata avanti. Penso ai film e ai progetti artistici che mi propongono, non mi domando se fare o no una scena di nudo. E se qualcuno ha problemi con quello che faccio, non me ne curo». Su una possibile evoluzione politica in Iran non si sbilancia. «Lo spero, ma è come quando hai davanti persone che dormono. Puoi provare a disturbare il loro sonno, come fanno le zanzare, ma temo che il sonno sia davvero profondo». Teheran ormai è lontana. È convinta che non ci potrà più tornare. La libertà, confessa Farahani, ha un prezzo. Nel suo caso è stato l’esilio, la lontananza da amici e famiglia. Un prezzo che lei è disposta a pagare.
Anais Ginori, la Repubblica 30/5/2015