Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 30 Sabato calendario

“ERAVAMO IN QUATTRO MIO MARITO CORREVA E IO GRIDAVO: RALLENTA MA LUI NON HA FRENATO”

ROMA.
«Eravamo quattro. Davanti, alla guida, mio marito; a fianco suo padre, mio suocero; dietro io e un altro». Lo ha raccontato ieri M.H., la diciassettenne rom, durante l’interrogatorio per la convalida dell’arresto di fronte al gip del tribunale dei minori. M.H. è l’unica arrestata dopo l’incidente provocato da un auto pirata che mercoledì sera, nel quartiere Boccea, ha travolto nove persone uccidendone una e ferendo gravemente le altre otto, per poi darsi alla fuga. Spunta così un altro uomo — si pensava fossero solo tre le persone a bordo — in questa tragedia: e lei, M. H., assistita dall’avvocato Carola Gugliotta, si è vista convalidare l’arresto e la misura cautelare nel penitenziario minorile di Casal del Marmo. L’interrogatorio è durato l’intero pomeriggio. La ricostruzione è stata lunga e faticosa. Piena di lacrime: «Ho gli incubi » dice la ragazza. «Sto malissimo. È una cosa che non dimenticherò mai».
IL RACCONTO
«Eravamo in quattro dentro l’automobile: stavamo correndo, ho urlato a mio marito: rallenta! Lui niente.... Gli ho urlato: che cazzo fai? Rallenta, rallenta! Ma lui non rallentava. E poi l’impatto ». Spiega la ragazza: «Mio suocero ha seri problemi di salute, lo stavamo accompagnando all’ospedale, a un certo punto abbiamo incrociato una volante che viaggiava sul senso di marcia opposto al nostro».
L’IMPATTO
«La polizia appena ci ha visto ha fatto inversione di marcia. Abbiamo capito che ci voleva fermare. A quel punto mio marito ha accelerato ancora di più, ha zigzagato tra le auto e poi ha superato a destra un piccolo autobus, mentre questo girava a sinistra. Eravamo all’altezza della metro Battistini: e lì ho sentito un forte botto. Avevamo appena travolto delle persone».
LA FUGA
«Perché non vi siete fermati?» chiede il gip durante l’interrogatorio. «Perché eravamo senza patente e alla guida c’era un minorenne », è la motivazione della fuga fornita dalla ragazza. «Mio marito e l’altro passeggero sono corsi via. Io ho provato a fuggire, poi però sono tornata indietro. Mio suocero non è fuggito. È sceso per ultimo dall’auto e si è confuso tra la gente che è arrivata subito dopo l’incidente, per qualche momento è rimasto lì in mezzo alla folla».
LE TELECAMERE
Polizia e carabinieri stanno passando al setaccio tutte le telecamere del quartiere Boccea che hanno immortalato la fuga dei due minorenni su cui pende l’accusa di omicidio volontario. Nulla però aggiungono all’identificazione che già nella tarda notte di mercoledì era sulle scrivanie di carabinieri e poliziotti, e nulla dicono sulla direzione di fuga. Perché l’ultimo fotogramma li vede scappare, uno vestito con giacca grigia e jeans, l’altro con giubbotto nero e pantalone scuro, verso il campo nomadi della Monachina, scandagliato dal primo momento senza alcuna traccia dei due.
LE MOLOTOV
Due sere fa i carabinieri hanno recuperato tre bottiglie molotov in via Tamagno, non lontano dal luogo della tragedia, nascoste in una busta dentro un cespuglio. La pattuglia ha trovato tre bottiglie in vetro contenenti liquido e alcuni stoppini di stoffa. Il materiale è stato sequestrato e portato alla sezione rilievi del nucleo investigativo di via In Selci che analizzerà il contenuto delle bottiglie. Due sere fa su quel tratto di strada ha sfilato un corteo di estrema destra contro la presenza dei nomadi nel quartiere. È quasi certo, dunque, che qualcuno aveva intenzione di fare rappresaglie ma si è poi disfatto delle molotov alla vista dei militari che seguivano il corteo. Del resto, nel quartiere i residenti lo hanno gridato davanti a microfoni e taccuini: «Raderemo al suolo i campi e ci faremo giustizia da soli».
L’APPELLO DEL PREMIER
Intanto il premier Matteo Renzi chiede «alle forze dell’ordine di intensificare ogni sforzo perché quei tre o quattro che erano sulla macchina che ha ucciso una donna a Roma siano catturati. Prendo un impegno: non avrò pace finché non avremo assicurato alla galera quelle persone che hanno distrutto la vita di una donna». Il vicesindaco Luigi Nieri, infine, ieri ha ricevuto in Campidoglio la famiglia della vittima Corazon Abordo Perez. L’incontro è avvenuto poco prima dell’inizio della veglia organizzata dalla comunità filippina in ricordo della donna.
(Ha collaborato Giuseppe Scarpa)
Federica Angeli Rory Cappelli, la Repubblica 30/5/2015