Luca Ricolfi, Il Sole 24 Ore 30/5/2015, 30 maggio 2015
I MERCATI IMPARANO IN FRETTA
È perfettamente possibile che, a un certo punto, l’avversione al rischio faccia il miracolo, e la questione greca trovi una soluzione accettabile per tutti. Al momento sembra essere questa la scommessa dei mercati, che infatti hanno tenuto i nervi ben saldi nei giorni scorsi, quando qualche incauto ministro ellenico ha candidamente confessato che la Grecia non avrebbe pagato i suoi debiti.
E tuttavia…
Tuttavia la relativa tranquillità dei mercati potrebbe essere ingannevole. È vero che gli spread con la Germania sono scesi, ma questa, almeno in parte, è una illusione statistica. La discesa degli spread nei Paesi dell’euro dipende innanzitutto dal fatto che, dal 2011, i tassi di interesse sui titoli pubblici sono calati in modo spettacolare un po’ ovunque. Nel 2011 il tasso medio dei principali Paesi (Grecia esclusa) era prossimo al 5%, nel 2012 era sceso al 4%, nel 2013 al 3%, nel 2014 al 2%, e quest’anno sotto l’1%. In questa situazione è normale che i differenziali fra Paesi si accorcino, creando l’illusione di una calma piatta dei mercati. Se però, anziché guardare alle differenze assolute fra rendimenti, guardiamo alle differenze relative, il quadro cambia completamente. Qui sembrerebbe che i mercati abbiano imparato la lezione.
Nel “decennio felix” che va dalla introduzione dell’euro (gennaio 1999) a tutto il 2008, nonostante le enormi differenze fra gli 11 Paesi dell’eurozona (la Grecia entrerà nel club solo nel 2001), la variabilità dei tassi di interesse non aveva mai superato il 10% e in molti anni era rimasta al di sotto del 3%. Dal 2009, invece, è cominciata una vera e propria galoppata, che nel giro di 4 anni ha portato la variabilità dei tassi di interesse dal 5% del 2008 al 72% del 2012 (l’anno peggiore). Un livello di differenziazione enorme, chiaro segno di mercati in allerta, tutt’altro che ingannati, come nel decennio di esordio dell’euro, dalle promesse della politica.
E oggi?
Oggi la cosa interessante (ma sarebbe meglio dire preoccupante), è che la variabilità dei tassi di interesse, dopo essere scesa un po’ nel 2013-2014, a partire dalla primavera del 2014 ha cominciato a risalire, e nei primi 5 mesi del 2015 è tornata ai livelli altissimi del 2012.
Chiaro segno di mercati in allerta, che continuano, è vero, ad accontentarsi di tassi medi contenuti, ma colgono perfettamente le differenze fra Paesi affidabili e Paesi inaffidabili.
Si potrebbe supporre che l’allerta dei mercati coinvolga “gli altri”, non noi che siamo virtuosi e abbiamo fatto i compiti a casa. Può darsi. Io tuttavia resto scettico. E questo per due motivi. Il primo è che il compito fondamentale, quello di risanare i conti pubblici e alleggerire la pressione fiscale, per ora non è stato svolto. Il secondo motivo è che i dati sull’andamento dei tassi di interesse del debito pubblico mostrano un nesso inquietante: le variazioni settimanali dei tassi di interesse della Grecia sono correlate negativamente con quelle dei paesi virtuosi, ma sono correlate positivamente con quelle dei Pigs mediterranei (vedi grafico). Questo, in concreto, significa che, quando i tassi greci salgono, quelli di Germania, Finlandia, Austria, Belgio, Olanda, Francia diminuiscono, mentre i nostri tendono a salire, e lo fanno in sincronia con i tassi portoghesi e spagnoli. Fra i cosiddetti Pigs, solo i tassi irlandesi non mostrano una correlazione positiva con i tassi greci, segno che i mercati non vedono più l’Irlanda come Paese a rischio di default, mentre continuano a vedere a rischio tutti e quattro i Paesi mediterranei.
La mia impressione è che i mercati, dopo la drammatica lezione del 2011-2012, siano diventati molto più attenti e sensibili. Hanno concesso una tregua fra l’estate del 2012 e l’autunno del 2013, più o meno nel lasso di tempo che è intercorso fra il whatever it takes di Draghi e le prime voci sull’imminente Quantitative Easing della Bce. Poi, però, hanno cominciato a prendere le misure ai vari Paesi, aumentando i tassi in modo differenziale. I tassi della Grecia hanno cominciato a risalire già nell’estate del 2013, ossia quasi 2 anni fa. Poi è toccato agli altri 3 Pigs mediterranei, ossia Italia, Spagna e Portogallo, i cui tassi hanno svoltato a metà marzo del 2015. E infine è toccato ai più o meno virtuosi Paesi del Nord (Irlanda compresa), i cui tassi sono tornati a salire solo nella seconda metà di aprile di quest’anno, poco più di un mese fa. Segno che i mercati non solo stanno differenziando i rendimenti richiesti ai vari governi, ma stanno modulando i tempi della risalita dei tassi di interesse, che è stata precocissima in Grecia mentre appare più lenta nei paesi virtuosi.
Tutt’altro che anestetizzati come nel decennio felix, oggi i mercati i loro bravi segnali li stanno mandando. E sono segnali forti e chiari. È la politica, semmai, che ancora stenta a decodificarne il senso.
Luca Ricolfi, Il Sole 24 Ore 30/5/2015