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 2015  maggio 30 Sabato calendario

PERISCOPIO

Quel cretino che aveva detto che il calcio è come la politica, non è poi così cretino. Jena, la Stampa.

«La Fifa travolta dalla scandalo». «Non c’è un Tar a Zurigo?». Altan. la Repubblica.

Massimo Franco del Pompiere della sera e Stefano Folli di Repubblica sono ormai una coppia di fatto che andrebbe regolarizzata. Marco Travaglio. Il Fatto.

La Repubblica o la «Ripubblica»? Giovedì 28 maggio, la prima pagina del quotidiano romano lanciava trionfalmente «L’inedito» e la firma era, nientemeno, di Aleksandr Solgenitsyn, l’eroica voce del popolo russo contro la tirannia comunista, l’autore di Arcipelago Gulag. Mi sono precipitato a leggere, ma subito, fin dalle prime righe, ho avuto un sussulto. Come se mi fosse stato proposto un «inedito» di Dante che inizia «Nel mezzo del cammin di nostra vita»... In effetti «l’inedito» proposto da Repubblica, intitolato Vivere senza menzogna, era già stato pubblicato dalla Mondadori nel 1974, proprio con quello stesso titolo (e da quarant’anni sta nella mia libreria). Antonio Socci. Libero.

Le idee sono più pericolose che gli uomini. Infatti i secondi si lasciano manovrare dalle prime. Philippe Bouvard, Journal drôle et impertinent. J’ai lu, 1997.

Noi politici siamo abituati a parlare di lavoro sulla base delle statistiche, di indici, mentre oggi ho visto volti, occhi e storie di donne e di uomini che spero, anche grazie al Jobs Act vedano, nei prossimi mesi, contratti di lavoro sempre più stabili e solidi. Matteo Renzi in visita allo stabilimento Fca di Melfi. Agenzie.

Caldoro è una persona perbene, ma non basta. Tu De Luca hai il piglio dello scugnizzo e questo mi ha convinto. Aurelio De Laurentis, produttore cinematografico e presidente del Napoli. Ansa.

Casaleggio sembra un cane a pelo lungo: vada da un barbiere serio, si faccia consigliare da Ingroia che mi pare abbia un barbiere di alto livello. Vincenzo De Luca, candidato Pd alla Regione Campania. Il Mattino.

Rom: ecco una delle parole che possono ancora scaldare gli animi in un Paese che pare aver digerito tutto. Michele Brambilla. La Stampa.

L’attore Orso Maria Guerrini non ha vinto nessun Nastro d’Argento, né come Guerrini, né come Maria, e nemmeno come Orso. Amurri & Verde, News. Mondadori. 1984.

Il processo civile riguarda le regole della convivenza. Le liti chiedono che si dica quale è la regola, e chi l’ha violata. Il nostro processo civile è incomprensibile per chi non è avvocato. Ed è amministrato in condizioni eroiche. Le udienze mancano di elementari ausili per giudici e avvocati. Il cittadino vede confusione, accavallarsi di attività, mancanza di decoro. In taluni grandi tribunali vede ciò che gli pare una bolgia. Che pure produce tante ottime sentenze. Ma il cittadino non le vede. E la percezione, nel giudizio collettivo, è tutto. Il processo civile oggi è una bolgia. Giuseppe Maria Berruti, direttore del Massimario della Cassazione (Liana Milella). la Stampa.

Con la nuova legge, mi ha detto con le lacrime agli occhi una signora, la domestica mi costa fra contributi, straordinari e indennità varie, il 230% in più di ciò che ne piglio io a scuola. Con la differenza, però, che in casa la domestica la trattiamo coi guanti, mentre in classe i miei alunni mi prendono a pesci in faccia. Luca Goldoni, È gradito l’abito scuro. Mondadori, 1972.

Emerge da parte di certi critici un certo gusto nel notare le fonti d’ispirazione di Sorrentino, come dire che copia, ma lo stesso suo approccio, per un altro autore, sarebbe definito «profondità di sguardo». La formidabile collaborazione con il direttore della fotografia, Luca Bigazzi, passa in second’ordine, come se il cinema non fosse, innanzitutto, immagini. Il rilancio di una coppia di vecchi, immensi attori come Caine e Keitel, è classificato più o meno come «un usato sicuro», se è opera di Sorrentino, mentre come «geniale», se lo fa Michael Haneke con Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva in un film, Amour, che vinse proprio a Cannes nel 2012 (e l’Oscar nel 2013). Del resto anche Haneke, ai tempi di Funny Games (Festival di Cannes, 1999), pareva ad alcuni, incluso Nanni Moretti, allora giurato, un devoto dell’iper-violenza... Maurizio Cabona @barbadilloit

Da un muro di cinta della caserma Camp Vianini, ad Herat, in Afghanistan, il bagliore giallo degli occhi di un dingo in cerca di cibo, insinua una nota di inquietudine: forse questo è un deserto dei tartari? Dove si può solo aspettare. Poi, a notte fonda, lontano, un boato. Come qualcosa che bolla, sotto a una fragile pace. L’indomani torniamo in Italia. Tre giorni dopo l’Ansa riferisce di un attentato kamikaze a Camp Vianini. I due soldati afghani di guardia al portone sono morti: quelli che al mattino ci dicevano «ciao» in italiano. I tartari, infine sono arrivati. O forse già vegliavano attorno alla caserma? Come quel dingo dagli occhi gialli, silenzioso, appostato. Marina Corradi. Avvenire.

Ieri, Santa Sparita, era la festa di Rita Pavone. Amurri & Verde, News. Mondadori. 1984.

Roberto Cotroneo, nel ’99, scrisse: «Troppo poco naïf per essere un vero predicatore, troppo ragazzino per vantare un carisma, troppo usuale per scrivere testi d’autore, troppi giri di do per dirsi compositore, anche se parliamo di canzoni facili facili. Troppo ex rapper e troppo stonato per dirsi cantante. Eppure questo ragazzo simpatico e perbene piace a molti. Questa alchimia di mezzi difetti, che sarebbero letali per chiunque, per Jovanotti è un’arma di successo formidabile». Aveva ragione. Tutto vero. Jovanotti (Gian Antonio Stella). Sette.

Carlo Levi era diventato famoso con il suo Cristo si è fermato a Eboli. Con la sua aria di cherubino invecchiato, Levi dipingeva uomini e donne del Sud, imbrattati di nero dagli occhi ai capelli, in posa fra gli alberi contorti e nodosi, fra pietre grigie e rosate. Piemontese, dottore in medicina, durante il fascismo era stato confinato in un povero paese della Lucania e aveva conservato, per quei luoghi e quella gente, un amore che riuscì ad esprimere con pari sincerità in Cristo si è fermato a Eboli e nei suoi quadri. Ugo Pirro, Osteria dei pittori. Sellerio. 1994.

Era indecisa per le scarpe: ha optato per le babbucce ottomane di cuoio, senza tallone, di manifattura italiana, che dovettero costare un occhio, a suo tempo. Daniela Ranieri, Mille esempi di cani smarriti. Ponte alle Grazie, 2015.

La morte degli altri non mi ha mai fatto paura. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 30/5/2015