VARIE 30/5/2015, 30 maggio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - LE ELEZIONI REGIONALI, IL SILENZIO ELETTORALE E IL CASO DE LUCA
REPUBBLICA.IT
ROMA - La pubblicazione della lista sui politici "presentabili o impresentabili è una questione seria che deve essere risolta sempre meglio sul piano giuridico, legale, politico, legislativo" ma "certamente, chi si presenta per fare un servizio al Paese, recita la nostra Costituzione, deve farlo in modo onorabile". Il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, entra nel dibattito che sta infuocando la vigilia delle elezioni regionali e che ha creato un’ulteriore spaccatura all’interno del Pd, sottolineando l’importanza di trovare al più presto una soluzione.
E invita gli elettori a recarsi alle urne, nonostante questo clima mini la fiducia dei cittadini nella politica: "La disaffezione che porta all’astensione non è certamente buona per cui bisogna reagire", ha detto il cardinale a margine del convegno sulla scuola in programma stamani a Genova. Sul tema del rischio di un forte astensionismo alle elezioni regionali il cardinale ha detto: "Non dobbiamo lasciarci schiacciare da cattivi esempi, da opinioni generali o da pregiudizi di parte. Non dobbiamo lasciarci scoraggiare e quindi rinunciare al nostro diritto e dovere di partecipare alle elezioni a qualunque livello esse si pongano".
Oggi, intanto, dal Festival dell’Economia di Trento, il premier Matteo Renzi ha risposto così a chi gli ha chiesto se le regionali saranno un test politico: "Francamente no. Questa può essere stata una lettura che si è data sulle elezioni europee, lettura che anche in quel caso non condividevo. Ma le elezioni locali servono per le elezioni locali. Non c’è nessuna conseguenza" per il governo. "Sono elezioni regionali". E poi: "Io sono ottimista, lo sono sempre".
Ma è in Campania che si concentrano le attenzioni dopo le polemiche di ieri. Dopo l’ufficializzazione della ’lista nera’ dell’Antimafia (e poco prima che scatti il silenzio elettorale), il candidato governatore in Campania in quota Pd, Vincenzo De Luca, inserito tra i 16 impresentabili e intorno al quale si concentrano le polemiche più accese, fa appello agli elettori affinché non vada sprecato alcun voto: "Abbiamo bisogno di una mobilitazione straordinaria", scrive su Facebook. E si rivolge a chi vuole esprimere un voto "di rabbia, di protesta": "Se c’è qualcuno che può interpretare la rabbia dei cittadini contro la politica politicante questo qualcuno è chi vi parla". "In queste settimane - scrive De Luca nel post - hanno fatto di tutto per bloccarmi, ma la verità è che hanno paura che Vincenzo De Luca arrivi alla Regione e faccia piazza pulita. Hanno tentato cose inimmaginabili, dalle aggressioni mediatiche alla diffamazione, ma - sottolinea il candidato del centrosinistra alla Presidenza della Regione Campania - voi sapete che se c’è una persona in grado di tenere fuori dalle istituzioni i delinquenti, questa persona sono io. Lo sapete dalla mia esperienza e dalla testimonianza di vita e di lavoro".
Accuse e difese. All’interno del Pd la tensione è sempre più alta e, mentre c’è chi continua a difendere il De Luca, non pochi cercano a chi attribuire le responsabilità del fatto che il capolista del Partito democratico, presente nella lista stilata dalla Commissione Antimafia, sia candidato alla presidenza della Regione. "Conosco bene De Luca e vedere il suo nome accostato all’Antimafia è in totale contraddizione con il suo impegno e con la sua storia che sono stati sempre rivolti al servizio esclusivo della comunità", dice Roberto Speranza. "Al netto della disputa e delle polemiche sulla decisione assunta dalla Commissione Antimafia, si deve semmai chiedere conto ai vertici Pd delle loro responsabilità, attive e omissive, genuinamente politiche che stanno alla radice del caso: non avere fermato, sin dalle primarie, la candidatura di persona che, chiarissimamente, non doveva essere candidata e che, era scritto, prima e dopo la sua eventuale elezione, avrebbe procurato un cumulo di problemi alla Campania e allo stesso Pd", dicono i parlamentari Pd Paolo Corsini e Franco Monaco. A loro avviso i vertici dem devono spiegare anche perché "hanno levato alte grida di protesta per legittimità, metodo e merito delle deliberazioni dell’Antimafia solo alla notizia dell’inclusione del nome di De Luca, dopo che i rappresentanti del Pd in Commissione, sino a ventiquattro ore prima, ne avevano difeso l’operato con pubbliche dichiarazioni".
A difendere l’operato di Rosy Bindi ci pensa Mario Michele Giarrusso, del Movimento Cinque Stelle: "Va dato atto che la presidente della commissione Antimafia sul caso De Luca ha dimostrato autonomia e fermezza senza indietreggiare di fronte alle forti pressioni provenienti da Renzi. Il mio auspicio è che questa linea di condotta venga mantenuta in modo da consentire alla commissione di fare quel salto di qualità che da tempo il movimento richiede".
ROMA - La lista degli impresentabili presentata in conferenza stampa dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi scatena la dura reazione del Pd. Perché in quell’elenco compare anche il nome di Vincenzo De Luca, il candidato del centrosinistra alla presidenza della Campania. I dem - prima la maggioranza, poi tutto il partito - attaccano la Bindi e parlano di "vendetta di corrente". Il diretto interessato De Luca annuncia di volerla denunciare. Mentre alcuni esponenti della stessa Bicamerale si smarcano e rivelano che la "pasionaria" del Pd ha fatto tutto da sola senza consultare gli altri membri.
L’attacco di Renzi. Chiudendo la campagna elettorale nelle Marche, ad Ancona, Matteo Renzi in serata stigmatizza: "Mi fa male una cosa: che si utilizzi la vicenda dell’Antimafia per una discussione tutta interna, per regolare dei conti interni a un partito. L’Antimafia è un valore per tutti, non puà essere usata in modo strumentale, è il luogo dove tutti devono potersi riconoscere. La mafia non è un tema da campagna elettorale, va combattuta giorno dopo giorno". Parole che provocano l’immediata reazione della Bindi: "Ho taciuto per tutto il pomeriggio di fronte al tentativo di delegittimare la Commissione e la mia persona. Ed ora per il nome di un candidato, la cui condizione era conosciuta da tutti, ci si indigna contro il lavoro di Commissione e presidente. Giudicheranno gli italiani chi usa le istituzioni per fini politici, certamente non sono io".
Ma alcune ore prima è il deputato renziano Ernesto Carbone il primo a commentare su Twitter l’elenco dei candidati impresentabili.
E più tardi ribadisce l’azione "solitaria" della presidente:
La replica di Bindi non si fa attendere: "Non mi abbasso a rispondere a Carbone". E, ribattendo alle accuse, afferma: "Autoreferenziali? Saremmo inadempienti se non facessimo questo lavoro. È nella legge istitutiva della Commissione antimafia indagare sui rapporti tra mafia e politica e vagliare la qualità della classe dirigente. Se non avessimo fatto niente ci avrebbero accusato lo stesso, ma questo lavoro non è autoreferenziale.
Mentre De Luca annuncia: "La signora Rosi Bindi segnala il mio nome in relazione a un vicenda giudiziaria di 17 anni fa - precisa - relativa alla vertenza di lavoro degli operai dell’Ideal Standard. Ho dato mandato al mio legale di querelarla per diffamazione. La sfido, inoltre, a un pubblico dibattito per sbugiardarla".
Più tardi attacca: "È evidente che c’è un uso strumentale della mia persona, l’aggressione vera è al segretario del partito Matteo Renzi" e ha l’obiettivo di "mettere in difficoltà il governo nazionale".
In serata intervengono i vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini. "Non si possono trattare con leggerezza i diritti costituzionali delle persone, sbattendo in prima pagina i loro nomi, affermando però contemporaneamente che tale giudizio non ha alcun valore dal punto di vista degli effetti giuridici. Peccato che, in questo modo, atti che evidentemente riguardano una personale lotta politica si trasformino in gravi lesioni dei diritti individuali".
"Il PD rimarrà unito e non si farà danneggiare dai rancori personali", chiarisce poi David Ermini, responsabile Giustizia della segreteria nazionale Pd, spiegando che "la Bindi ha raggiunto il suo obiettivo: un lavoro fatto male e gestito peggio che entra a piedi uniti nella competizione elettorale".
"Le giustificazioni preventive parlano da sole. Una cosa così - riprende - non ce la saremmo mai aspettata dalla presidente della Commissione Antimafia, soprattutto l’ultimo giorno quando nessuno può più difendersi. Mi pare che questo - conclude l’esponente Dem - la dica lunga sulla serenità del giudizio".
E il senatore Pd Andrea Marcucci definisce quello di Bindi "uno show inutile e imbarazzante":
Il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia liquida in breve l’elenco dell’Antimafia: "E’ un’opinione, una valutazione politica. Non capisco cosa ci sia di istituzionale"
Pesano anche le parole del presidente dei dem Matteo Orfini: "Come noto non ho mai avuto un buon rapporto con De Luca. Ciononostante, quello che sta accadendo in queste ore è davvero incredibile. Siamo in uno stato di diritto in cui le sentenze le emette la magistratura e in cui la candidabilità o meno di qualcuno la decide la legge. Un paese in cui si è innocenti fino al terzo grado di giudizio". E conclude: "L’iniziativa della presidente della commissione Antimafia è incredibile istituzionalmente, giuridicamente, ma anche culturalmente, perchè ci riporta indietro di secoli, quando i processi si facevano nelle piazze aizzando la folla".
L’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani definisce "sconcertante" l’intera vicenda: "Vedo che adesso qualcuno dà la colpa all’Antimafia, è questo è il paradosso più grande. L’Antimafia sta applicando un codice che abbiamo approvato tutti in Parlamento. Questa vicenda, nell’insieme, è sconcertante". Mentre l’ex premier Enrico Letta commenta: "Se il centrosinistra critica Berlusconi per le leggi ad personam e poi candida De Luca in Campania, mi sembra che manchi di linearità".
Ncd. Gaetano Quagliariello, rivolgendosi a Carbone e al Pd, parla invece di "pasticcio":
E il leader di Ncd Angelino Alfano afferma di aver visto "dichiarazioni di una ferocia senza precedenti dentro uno stesso partito. La polemica sugli impresentabili è tutta interna al Pd".
Sel. Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sel, si rivolge a Renzi invitandolo a chiarire:
E il presidente di Sel Nichi Vendola denuncia: "Il linciaggio della presidente della Commissione parlamentare antimafia ad opera del suo stesso partito è una vergogna assoluta".
M5s: nessuno di noi nella lista. Il Movimento Cinque Stelle, invece, sottolinea il fatto che nell’elenco non compare alcun parlamentare stellato: "Nessuna sorpresa per l’assenza di qualunque candidato del M5s nella lista degli ’impresentabili’ redatta dalla Commissione antimafia - affermano in una nota i componenti pentastellati della stessa Commissione - Lo stesso non possiamo dire delle altre forze politiche. Forza Italia, Ncd, Fratelli d’Italia, oltre le liste a loro collegate, sono ben presenti nell’elenco. A partire da De Luca".
E anche Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza parlamentare della Rai, chiede all’ex sindaco di Salerno di ritirare la sua candidatura: "Chiediamo per il bene di tutta la Campania che De Luca faccia un passo indietro e non si presenti più come candidato presidente della Regione. Chiediamo un atto di responsabilità al presidente del Consiglio e a tutto il Pd". Mentre Beppe Grillo dedica al caso un post sul suo blog, criticando il Pd che "non accetta lezioni di moralità, eppure candida impresentabili".
La lega. Salvini è soddisfatto: "Io sono orgoglioso e felice che non ci sia nessuno della Lega" nelle liste degli impresentabili, commenta il leader della Lega Nord Matteo Salvini, "il problema è degli altri", "io delle liste della lega sono strafelice". Mentre Roberto Calderoli invoca le dimissioni di Renzi: "Ha mentito, se ne vada".
Forza Italia. Il governatore uscente della Campania nuovamente in corsa Stefano Caldoro commenta: "De Luca è ineleggibile. La sua è una candidatura contro la legge, oltre la legge". E Paolo Romani, capogruppo dei senatori di Forza Italia afferma: "È disarmante lo scontro in atto all’interno del Pd sull’iniziativa della Commissione antimafia ed è stupefacente sentir parlare autorevoli esponenti del partito di Renzi di ’processi in piazza’: è evidente che il giustizialismo applicato ai propri compagni di partito, o di corrente nel caso del Pd, non piace quanto quello applicato ai propri avversari politici".
La Commissione prende le distanze. All’interno della Commissione Antimafia alcuni membri cominciano a smarcarsi dalla presidente. È il caso del segretario Marco Di Lello, presidente dei deputati socialisti, il quale sottolinea come la Bindi abbia fatto tutto da sola senza consultarsi con gli altri membri della Bicamerale: "A differenza di quanto riferito in conferenza stampa è giusto sottolineare come né all’ufficio di Presidenza, né alla Commissione plenaria sia stato consentito di fare alcun tipo di valutazione sulla lista dei nomi resi noti oggi dalla Presidente Bindi. Due settimane fa ho condiviso la scelta di rendere note le risultanze delle indagini, ma sui criteri adottati ho fatto verbalizzare che l’inclusione di imputati che in primo grado sono stati assolti nel merito o per prescrizione va oltre il tenore del codice di autoregolamentazione, approvato dalla Commissione Antimafia, sfociando così nell’arbitrio. È bene dunque chiarire che nessuna condivisione è stata voluta dalla Bindi e che nessuna responsabilità, anche in ordine agli inaccettabili ritardi con cui si è arrivati a rendere nota la lista, è addebitabile ai Commissari o all’Ufficio di Presidenza. La Presidente Bindi se ne assuma dunque in pieno la responsabilità. Io non sono un Commissario a sua disposizione”.
In seguito arriva una precisazione dall’Ufficio di Presidenza: "Si ribadisce che l’ufficio di Presidenza, allargato ai capigruppo, ha sempre condiviso tutte le procedure nelle diverse fasi del percorso di verifica, dando pieno mandato alla presidente di concludere il lavoro. Nessuna iniziativa è stata presa in modo autonomo dalla presidente Bindi".
BRUNETTA
ROMA - "Apprendiamo che, violando in modo sfacciato la regola del silenzio elettorale, oggi pomeriggio Renzi partecipa a una manifestazione a Trento con il suo protegé dell’Inps, Boeri". Lo scrive Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati, che invita il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a intervenire: "La cosa non può accadere, non deve accadere. La schizofrenia di Renzi che invoca la moralità e la tradisce mentre la proclama, non può arrivare al punto di uno sfregio che impone il richiamo alla legalità repubblicana del Capo dello Stato prima che sia la Procura di Trento a provvedere".
Renzi non è l’unico leader politico ad aver parlato del voto per le regionali di domenica. Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, non si è limitato a una valutazione, ma si è rivolto direttamente all’elettorato attraverso il suo profilo Facebook dove, secondo suo stile, ha impugnato uno dei suoi cavalli di battaglia: "Altri 4.243 clandestini in arrivo in Italia. Altri morti, altri scafisti soddisfatti, altri milioni per le cooperative. Chi non vota domani è complice dell’invasione in corso". Il post di Salvini serve anche a scoperchiare la pentola dei social. Perché sono tantissimi i candidati in corsa alle regionali che sembrano non considerare il web parte della realtà a cui si applica il silenzio elettorale, piuttosto una zona franca dove prolungare la loro campagna.
Il silenzio elettorale è regolato dall’articolo 9 della legge n. 212 del 4 aprile 1956. Che recita: "Nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni, sono vietati i comizi e le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, nonché la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri o manifesti di propaganda o l’applicazione di striscioni, drappi o impianti luminosi. Nei giorni destinati alla votazione è vietata, altresì, ogni propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali".
Renzi è a Trento per il Festival dell’Economia. Non trattandosi di un comizio, tantomeno di una riunione di propaganda elettorale diretta, resta da valutare se le sue dichiarazioni costituiscano propaganda indiretta. In effetti, tra le varie tematiche affrontate, anche a margine dell’evento trentino, il leader del Pd ha sfiorato anche quello delle amministrative, non sottraendosi alla domanda sulle possibili conseguenze del voto, pur premettendo di sentirsi "veramente triste" perché, essendo "in pieno silenzio elettorale, non posso parlare di politica italiana".
Quindi, alla valutazione se le regionali saranno un test politico, Renzi ha risposto: "Francamente no. Questa può essere stata una lettura che si è data sulle elezioni europee, lettura che anche in quel caso non condividevo. Ma le elezioni locali servono per le elezioni locali. Non c’è nessuna conseguenza" per il governo. Aggiungendo poi: "Se ogni volta il voto è un sondaggio sul gradimento del governo finisce, ad esempio con le europee, che si mandano in Europa persone che stanno lì solo perché sono più o meno amiche del capo del governo o dell’opposizione. Faccio un appello, e parlo di europee visto che sono in silenzio elettorale: abituiamoci a pensare che il voto serve per quello per cui si vota".
Ma Renzi, a Trento, forse proprio perché edotto in tempo reale della denuncia del Mattinale, non ha risparmiato più di una battuta corrosiva al capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, a cui lo staff de Il Mattinale fa riferimento. Intervistato da Lilli Gruber assieme al collega francese, Manuel Valls, Renzi ha dapprima ricordato che anche Brunetta ha votato il fiscal compact ("anche se non se n’è accorto"). Poi si è rivolto a Valls, chiedendo se lo conoscesse. La giornalista ha spiegato che si trattava del capogruppo di Forza Italia alla Camera e che è un economista. Al che Renzi ha commentato: "Economista? Non esageriamo", fra le risate del pubblico.
E qui Brunetta, punto nell’orgoglio, ha rotto gli indugi, sfidando Renzi a singolar, economistica tenzone. "Sono davvero nauseato ma anche divertito dal presidente del Consiglio, che non solo viola il silenzio elettorale in barba alle più ovvie regole democratiche, ma si permette anche di insultare un esponente di uno schieramento politico a lui avverso, senza alcun contraddittorio. E’ proprio ossessionato da me, poveretto. Un atteggiamento che rappresentata alla perfezione lo stile e la morale di Matteo Renzi". Renzi, aggiunge Brunetta, "un dittatorello bravo solo a raccontare
fregnacce e a fare battute di dubbio spirito. Quando vuole sono pronto a fargli lezioni di economia pubbliche, sono pronto a confrontarmi con lui e a sbugiardarlo davanti agli italiani. Sono però certo che il segretario del Pd, come tipico dei conigli, scapperà a gambe levate".
BERLUSCONI SBAGLIA PIAZZA
"Votate per Paolo", dice Silvio Berlusconi a tarda sera. Peccato che sia il candidato del centrosinistra. L’ex premier ieri sera si è presentato a una festa in piazza per giovani organizzata dalla lista civica di centrosinistra che corre per le elezioni al Comune di Segrate, nel Milanese, ed è rimasto là per circa cinque minuti "prima di accorgersi che aveva sbagliato manifestazione e che quella non era la festa della candidata del centrodestra".
Lo ha raccontato Paolo Micheli, consigliere regionale candidato sindaco del centrosinistra al Comune di Segrate, che visto l’appoggio insperato, scrive su Facebook: "Dopo l’endorsement del Cavaliere posso dire che è fatta". "E’ accaduto verso le 23 - ha spiegato - Berlusconi si è messo a parlare con alcuni giovani, ha chiesto loro quale fosse il nome del candidato e poi ha detto ’allora domenica trovate un’ora per andare a votare Paolo’, prima di rendersi conto che era la festa sbagliata".
"Abbiamo prima visto arrivare un paio di auto - ha raccontato ancora Micheli - e poi è sceso Berlusconi, accompagnato dalla sua scorta, e ha iniziato a muoversi tra gli stand della festa, dove c’erano soprattutto ragazzi". Si trattava della ’Street Fest’, evento per giovani organizzato dalla lista civica ’Paolo Micheli-Segrate Nostra’ nella piazza principale di Segrate dove "non c’erano - ha precisato - bandiere o simboli di partito, solo un gazebo politico della nostra lista".
Secondo il racconto di Micheli, l’ex premier ha iniziato a parlare con alcuni ragazzi, che intanto ne approfittavano per scattare alcune foto. A un certo punto, ha chiesto loro il nome del candidato, seguito dall’esortazione a partecipare al voto per sostenerlo. Poco dopo, però,
sempre stando alla versione di Micheli, "si è reso conto che era la festa sbagliata, anche perché il candidato del centrodestra è una donna". Mentre si consumava la gaffe in piazza, infatti, al PalaSegrate era in corso la manifestazione di Tecla Fraschini, appoggiata anche da Forza Italia. "Dopo circa 5 minuti che era con noi - ha detto Micheli - Berlusconi si è accorto di aver sbagliato e se ne è andato, forse un po’ imbarazzato".